Oltre l’orrore c’è l’indifferenza, solo quella.
Abbiamo dimenticato la lezione di Antonio Gramsci che ci ricordava come l’indifferenza fosse abulia, parassitismo, vigliaccheria. “Non è vita”, diceva.
Quei morti in mare già non ci trasmettono l’emozione della prima volta, e neanche della seconda. Ricordate come accogliemmo quella foto, l’istantanea della disgrazia e dell’orrore, che raffigurava Aylan, tre anni, il corpo riverso sulla battigia, il capo appena spostato verso le sue tenebre. Quel fagotto rosso scannato dal mare e dagli uomini, a Bodrum in Turchia.
E oggi è già il giorno dopo di un’altra tragedia, l’ultima o la penultima, l’ultimo bimbo o il penultimo che affoga e muore.
Stiamo divenendo platea esausta, corona di spettatori impauriti e fragili, al modo di quelli che nel West assistevano in piazza alle impiccagioni decise dallo sceriffo.
Sono queste a loro modo impiccagioni di Stato, e noi, noi occidentali, decidiamo la vita e la morte, approntiamo questa barbarica selezione naturale.
Matteo Salvini ha visto giusto: il mercato della paura è florido, la solidarietà è divenuta merce invendibile. E lui alimenta la paura con certosina perizia, badando a tenerla viva come fiaccola di speranza. Lui, il più bravo, e gli altri leader europei ugualmente feroci ma più ipocriti. Lui però è il nostro ministro della Paura.
Arriverà il momento in cui ci stupiremo di noi stessi, della nostra dignità che arranca, di quel che siamo divenuti grazie all’indifferenza che ci ha colti e presi tra le sue dita, come fiori di campo.