Le Nazioni Unite, tramite l’Organizzazione mondiale della sanità, dichiarano guerra alle malattie del terzo millennio, da quelle cardiovascolari, al diabete fino ai tumori. E lo strumento è quello della sana alimentazione. Un pericolo per i prodotti made in Italy? Prosciutto di Parma, Parmigiano reggiano e tutta una serie di cibi italiani famosi in tutto il mondo non sono sotto accusa, ma per i produttori non è ancora tempo di tirare un sospiro di sollievo. Vero è che nelle ultime ore sembra assopita la polemica nata dopo la divulgazione di alcune notizie sul report ‘Time to deliver’. Nel rapporto l’Oms ha fornito, tra le altre cose, raccomandazioni a favore dell’adozione di norme di etichettatura su alcuni prodotti per evidenziare la presenza di sale e grassi saturi. Ne è scaturita un’alzata di scudi da parte dell’intero comparto agroalimentare italiano. Si è temuto che prodotti come pizza, vino e olio d’oliva potessero essere bollati come poco salutari per poi disincentivarne il consumo. Sono intervenuti in difesa del made in Italy anche il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, la Regione Emilia Romagna, Federalimentare e Coldiretti.
LA POLEMICA – In un’intervista a InBlu Radio Centinaio ha definito “pazzia pura”, la possibilità che alcuni prodotti italiani potessero finire nella lista nera dell’Oms ed essere equiparati a cibi dannosi per la salute. Coldiretti ha parlato di “atteggiamento schizofrenico” da parte dell’Onu. “Sulla scorta dei sistemi di etichetta a semaforo – ha spiegato – adottati in Gran Bretagna e Francia, l’Onu si prepara a penalizzare i prodotti che contengono zuccheri, grassi e sale, equiparandoli di fatto alle sigarette con l’inserimento di immagini choc sulle confezioni, mentre darebbe il via libera a tutti i prodotti dietetici e poveri di zuccheri delle multinazionali, come ad esempio le bibite gassate ricche di aspartame”. Anche Assica, l’Associazione industriali delle carni e dei salumi, ha detto la sua: “Non esistono cibi buoni e cattivi quando viene incentivato un regime alimentare moderato e variegato, come del resto indica la stessa Dieta mediterranea”.
LE RASSICURAZIONI – Dal Palazzo di Vetro, a New York, fonti diplomatiche si sono affrettate ad assicurare che la riunione del 27 settembre si concluderà con una dichiarazione politica, da adottare per consenso, su cui in questi giorni sono in corso negoziati. Nessun voto contro dunque, né rischi di equiparazione degli eccessi nei consumi alimentari ai danni del fumo. A fare le prime precisazioni era stato, ieri sera, Francesco Branca, direttore del dipartimento di nutrizione dell’Oms per la salute e lo sviluppo, sottolineando che l’Onu non criminalizza specifici alimenti, ma fornisce indicazioni e raccomandazioni per una dieta sana. Toni meno allarmistici anche quelli del Consorzio del Parmigiano Reggiano. “Abbiamo letto con attenzione il documento ‘Time to deliver’ e risulta evidente – ha commentato Riccardo Deserti, direttore del Consorzio – che l’Oms non ha messo sotto accusa le eccellenze italiane, né tanto meno il Parmigiano Reggiano che è noto per essere sano e naturale, per l’alta digeribilità, l’elevato contenuto di calcio e minerali, l’assenza di additivi e conservanti”.
LE MISURE PREVISTE – Eppure Deserti riflette sull’eventuale adozione di norme di etichettatura su alcuni prodotti. “Questo punto apre il rischio che a livello mondiale si alimenti un ‘sistema Arlecchino’ – dice – con grande confusione o, ancor più grave, che taluni Paesi strumentalizzino tale raccomandazione per introdurre nuove barriere commerciali. Un pericolo – sottolinea – che ci preoccupa”. D’altronde in sede Onu resta in primo piano il tema della prevenzione, mentre la lotta alle malattie non trasmissibili (NCD) è alta nell’agenda di sviluppo delle Nazioni Unite. “Per la prima volta nella storia le malattie non trasmissibili uccidono più delle epidemie”, ha detto il presidente dell’Assemblea Generale Miroslav Lajcak, sottolineando che queste sono responsabili di due terzi delle morti del mondo. Di fatto a settembre si discuterà di possibili raccomandazioni ai Paesi per ridurre l’impatto negativo di alcuni cibi e migliorare la regolamentazione.
Nel rapporto tanto discusso non viene menzionata una maggiore tassazione, ad eccezione di quella sull’alcol e tabacchi, come invece era accaduto con una precedente proposta riguardo alle bibite dolci e gassate. Eppure proprio il direttore del dipartimento di nutrizione dell’Oms per la salute e lo sviluppo Branca, pur smentendo le notizie di “bollini neri dell’Oms su tale o tale alimento”, non esclude che possano essere adottate misure non gradite a produttori e consumatori. “L’Organizzazione mondiale della sanità non criminalizza determinati cibi – ha spiegato – ma raccomanda politiche che promuovano un consumo parsimonioso degli alimenti che hanno alti contenuti di sodio, zuccheri o grassi saturi”. Cosa significa in concreto? Che i governi sono sollecitati ad adottare politiche per un’adeguata informazione, ad esempio nelle scuole, ma anche direttamente presso il consumatore “con un’etichettatura dei prodotti in grado di fornire chiare informazioni sul loro contenuto”. E poi c’è la questione dei prezzi: “Anche le politiche dei prezzi possono essere utili – ha aggiunto l’esperto dell’Oms – In particolare, se prodotti non-sani sono disponibili a prezzi bassi è più alta la probabilità che il loro consumo aumenti”. Niente allarmismi, dunque. Ma la questione è tutt’altro che chiusa.