Lo ricordo bene Mario, si faceva chiamare così. Una camicia bianca larga al punto da consentirgli di trascinare una borsa piena all’inverosimile di oggetti luccicanti e di pietre colorate.
Lo ricordo bene perché per oltre 20 anni in quel tratto di spiaggia della provincia di Taranto è stato un ospite fisso al pari delle conchiglie e dei pesciolini che pizzicavano in acqua le gambette delle mie bambine. Beneducato nei modi come solo gli indiani sanno essere e con un accento influenzato dall’avere imparato la nostra lingua in Lombardia dove lavorava al nero come cameriere per 9 mesi all’anno.
Lo ricordo bene e rammento anche dei racconti che faceva di sua moglie e dei figli che crescevano lontani. Studiavano e crescevano grazie al suo lavoro, alle sue collane e a quegli anelli luccicanti come i suoi occhi quando ricordava la famiglia. Più volte si accomodava, avvolto nel suo camicione sempre candido come una pubblicità di un detersivo, di fianco ai miei familiari solo per raccontare storie del suo Paese che ormai non vedeva più e che non avrebbe più rivisto.
Gli bastava spedire a casa ogni mese poche centinaia di euro per sentire che la sua vita fatta di passeggiate assolate ed estenuanti fossero giustificate. Giornate lunghissime trascorse trascinando le sue ciabatte marrone scuro attraverso distratti bagnanti. Ogni volta che lo incontravo mi sembrava che i miei giorni di riposo fossero moltiplicati dalla sua fatica. Non sono mai riuscito a dirgli che dei suoi anellini e delle pietre colorate non mi importasse niente mentre mi affascinava la sua incrollabile tenacia e la delicatezza dei suoi modi.
Una sera di agosto lo scorso anno il cuore di Mario si è fermato all’improvviso. Lo hanno trovato accasciato a fianco della sua borsa in un tratto di spiaggia pieno di sassi dietro le dune. Per oltre 20 anni la sua vita ed i suoi immensi sacrifici erano serviti , in un altra parte del mondo, a far vivere 5 persone. Cinque esseri umani come me e come te che stai leggendo. I benpensanti potranno pontificare del fatto che si trattasse di lavoro nero, di merce contraffatta, di concorrenza sleale . Cosa ci fosse di più sleale della vita di un uomo costretto a trascinare improbabili gioielli da vendere tra signorine abbronzate e bambini vocianti è un interrogativo al quale non trovo risposta.
Oggi apprendo che Mario avrebbe rischiato addirittura l’arresto per le misure messe in campo dal ministro Matteo Salvini per salvaguardare il diritto degli italiani in vacanza alla tintarella. Lo hanno chiamato progetto “spiagge sicure”. Forse Mario morendo da solo su quella spiaggia bollente si è risparmiato un’ulteriore umiliazione alla dignità che questo mondo assurdo gli aveva già negato.