Sulla sentenza della Corte di Cassazione (n. 32462/18) che ha escluso le aggravanti nella condanna di due uomini che avevano stuprato una donna che era sotto l’effetto dell’alcol, abbiamo fatto molto rumore per nulla? Forse dovremmo fermarci a riflettere.
Siamo ferite, offese dalla violenza machista, dagli stupri e da quella guerra contro le donne e i loro corpi che sembra non avere mai fine. Siamo state deluse dalla giustizia negata, ci siamo sentite tradite, insieme alle vittime, dalle sentenze inique, dalle assoluzioni di stupratori che si fondavano su pregiudizi e stereotipi. Ma quando si diffonde la notizia di una sentenza su uno stupro (o su altre forme di violenza) dovremmo prendere tempo. Un titolo in pochi caratteri non esaurisce la complessità di una sentenza o di una situazione, scatta un moto di indignazione che sul web corre veloce, è virale, e a volte non ci lascia il tempo per pensare e valutare le informazioni che abbiamo a disposizione.
Eppoi ci turba la leggerezza delle condanne. Anche quei tre anni inflitti dalla Corte d’Appello ci sembravano pochi per uno stupro di gruppo, ci si domanda il perché se il codice penale prevede anche pene più severe e ora che la Cassazione ha escluso le aggravanti, la condanna sarà ridotta ancora. Suscita la nostra rabbia il pensiero che chi ha commesso uno stupro di gruppo ne esca così facilmente e ci domandiamo come potrà allora avere il tempo per capire il disvalore delle sue azioni mentre alle vittime di violenza ci vorrà tempo e tempo per elaborare il trauma che a volte compromette la possibilità di instaurare relazioni sessuali e sentimentali. Forse non esiste sentenza o condanna che sembri adeguata. Questo è quello che ci dicono le nostre emozioni.
Questi sono i fatti che conosciamo dal dispositivo della sentenza e dalle pagine dei quotidiani: due uomini vanno a cena insieme a una donna, alla fine della cena lei è ubriaca e subisce uno stupro. In primo grado c’è l’assoluzione perché il Gip di Brescia non ritiene credibile il racconto della vittima che giudica confuso. È arcinoto ormai che un evento traumatico può compromettere la capacità di memorizzare gli eventi e inoltre era noto fin dall’inizio del processo che la vittima era ubriaca. Come può una donna dare il proprio consenso e ricordare tutti i particolari dello stupro se era ubriaca?
La sentenza di primo grado dice ancora “se l’è cercata” ma la Procura non molla, per fortuna. Il processo arriva alla Corte d’Appello che ritiene attendibile la vittima, prende in considerazione il referto del Pronto soccorso e condanna a tre anni i due stupratori. Applica anche l’aggravante perché lo stupro, secondo i giudici, è stato commesso con l’induzione di sostanza alcoliche. Il processo arriva in Cassazione dove vengono escluse le aggravanti previste dall’articolo 609 ter del codice penale, che aumenta la pena se lo stupro è commesso “con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa”: per i giudici l’uso di alcol deve essere strumentale alla violenza sessuale, ovvero il soggetto che commette il reato deve somministrare intenzionalmente sostanze alla vittima con lo scopo di renderla incapace di opporre resistenza. La Cassazione esclude questa intenzione da parte degli stupratori, non abbiamo letto la sentenza e non possiamo sapere perché.
La Suprema Corte ha riconosciuto però la violenza sessuale di gruppo e l’abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica (previste nell’articolo 609 bis c.p.) anche se la vittima aveva bevuto volontariamente e ha escluso che la vittima potesse dare un consenso valido. Questa potrebbe essere invece, una sentenza importante per le donne. Ne è convinta per esempio, Teresa Manente, avvocata del Centro antiviolenza Differenza donna di Roma quando spiega che è un errore attaccare una sentenza che invece andrebbe sostenuta perché ha difeso il principio dell’inviolabilità del corpo di una donna. Alcune avvocate si domandano se la vittima si sarà volontariamente ubriacata o se quei due uomini avranno approfittato dello stato di euforia dato dall’alcol continuando a riempirle il bicchiere?
Resta il fatto che questa sentenza afferma qualcosa che non è affatto scontato nei tribunali italiani: se una donna è ubriaca, anche se ha bevuto spontaneamente e non è stata indotta o costretta a bere, è stupro.