“Se non avrà più la fiducia del governo e del ministro del Lavoro, Boeri si dimetterà il giorno dopo. Ma dovranno convocarlo per dirglielo. Non si può certo risolvere con un tweet”, spiega una fonte vicina al presidente dell’Inps. Non a caso l’esecutivo sul punto è, almeno in parte, molto cauto e già prospetta un mancato rinnovo a fine incarico perché “il presidente non è minimamente in linea con le idee del governo”, come ha dichiarato lo scorso 15 luglio il vicepremier Luigi Di Maio, che dice di essere alla costante ricerca dei “migliori talenti” per il Paese. Per non parlare del fatto che, in caso di forzature, l’esecutivo dovrebbe poi anche spiegare ai cittadini i motivi di una eventuale fine anticipata del mandato di Tito Boeri che, dalla nomina nel 2014 ad oggi, ha radicalmente trasformato e svecchiato la struttura dell’ente previdenziale. Non senza colpi di scena come lo scontro con Renzi per sostenere tagli a vitalizi e pensioni d’oro, tema notoriamente caro ai 5 Stelle. O, ancora, il duello con i sindacati per mettere fine allo strapotere all’interno del Comitato di vigilanza dell’Inps. All’epoca qualcuno ipotizzò che Boeri stesse studiando da premier o da ministro del Tesoro nel futuro governo a 5 Stelle. Ma si sbagliava visto che l’economista bocconiano è rimasto al suo posto anche con l’avvento del governo gialloverde. Quello che è cambiato è invece il volto dell’Inps che in quattro anni ha affrontato una piccola rivoluzione nell’intento di accorciare le distanze con i cittadini.
Tutti ricordano, del resto, le buste arancioni per i conteggi pensionistici che, con tutti i loro limiti, hanno avuto il merito di far aprire gli occhi ai lavoratori sul futuro. Pochi sanno, invece, che con quell’iniziativa, a soli tre mesi dal suo insediamento, Boeri ha dato applicazione ad una legge scritta nel 1996, cioè vent’anni prima, da Lamberto Dini. È stato sempre l’attuale presidente dell’Inps a inaugurare poi l’operazione “Porte Aperte”, una nuova era di trasparenza sugli assegni pensionistici che non è stata gradita a tutti. Il motivo? Ha fatto emergere disparità di trattamenti a volte eccessivi fra diverse categorie di lavoratori. È accaduto, ad esempio, nel caso del trasporto aereo, quando è stato evidente a tutti che l’Inps versa ai lavoratori del settore una Naspi esorbitante con un tetto pari all’80% dell’ultimo stipendio, contrariamente a quanto accade per la stragrande maggioranza dei disoccupati che ha una soglia massima di 1.300 euro lordi.
L’intervento più significativo di Boeri più è stato però di carattere strutturale sulle funzioni dei vertici dell’istituto: l’economista ha fatto passare una riforma che ha di fatto limitato lo strapotere dei sindacati sugli incarichi dirigenziali. In che modo? La riorganizzazione ha affidato al presidente l’indirizzo politico dell’ente, la gestione al direttore generale e una funzione di controllo e consultiva al Comitato interno di vigilanza, dove sono rappresentati i sindacati che in passato hanno fatto il bello e il cattivo tempo nella gestione diretta dell’Inps. Durante la sua gestione, poi, Boeri ha anche ridotto da 48 a 36 le divisioni dirigenziali collocandone 22 sul territorio. Sull’invalidità civile (legge 104/92), l’economista si è speso a tutela dei bambini disabili dalla nascita e delle loro famiglie: negli ultimi anni, l’Inps ha infatti stretto accordi con tre ospedali pediatrici (il Gaslini di Genova, il Bambin Gesù di Roma e il Meyer di Firenze), per evitare duplicazioni di visite finalizzate all’accertamento dell’invalidità per accedere ai benefici della legge 104. Intesa analoga è stata stretta, in via sperimentale, anche per i malati oncologici del Regina Elena di Roma con l’obiettivo di estenderla ulteriormente. Inoltre, sempre in tema 104, l’istituto ha anche stretto accordi con alcune Regioni come Campania, Basilicata, Lazio e Calabria per semplificare le procedure accentrandole in capo all’Inps ed evitando la doppia visita Inps e Asl.
Sul fronte dell’Ape, poi di sua iniziativa Boeri ha promosso il simulatore online che ha consentito agli aventi diritto di farsi i conti in tasca e valutare l’opportunità di avvalersi della misura varata dal governo. Infine è sul fronte della vigilanza, dei risparmi e dell’analisi dei dati che l’attuale presidente ha dato di più. Solo nel 2017, secondo quanto riferisce l’Inps nella relazione annuale, l’ente ha effettuato 19.991 verifiche che hanno fatto emergere oltre 109mila lavoratori irregolari di cui più di 5mila totalmente in nero. Grazie a queste operazioni le casse pubbliche hanno ottenuto un vantaggio da 894 milioni di cui 199 milioni legati a prestazioni indebite che non sono state erogate e 694 milioni di importi evasi, sanzioni incluse. Sul fronte costi di gestione, poi, l’ente ha registrato un calo del 3,94% nel 2015, dello 0,06 nel 2016 e del 3,70 nel 2017. Infine, in termini di analisi, Boeri ha aperto le banche dati Inps ai ricercatori di tutto il mondo con il programma Visitinps scholars. In questo modo, l’Inps è diventata un caso di studio per ricercatori di università del calibro di Harvard, MIT, Berkley e London School of economics interessate al modello italiano. In questo modo, l’Inps potrà avvantaggiarsi delle analisi di ricercatori qualificati e indipendenti dalla politica per verificare come funzionano le politiche economiche messe in campo dai diversi governi a distanza di tempo. Il prossimo step che dovrebbe essere attuato nei prossimi mesi riguarda da vicino i sindacati: Boeri intende diffondere i dati aggregati della loro reale rappresentatività in azienda. Idea che non piace molto alle organizzazioni di categoria, preoccupate che si alzi il velo su una rappresentatività decisamente meno forte rispetto al passato.
Se questo è il bilancio dell’Inps di Boeri, allora perché la politica, in primis il vicepremier leghista, Matteo Salvini, vuole sbarazzarsi dell’economista bocconiano? Il motivo sta nel ruolo di primo piano che l’Inps ha nel welfare italiano: l’istituto previdenziale non è un mero esecutore dei diktat del governo, ma con l’esecutivo collabora e fornisce indicazioni su costi e benefici delle iniziative legislative. Aiuta ad aggiustare la mira quando un provvedimento è magari lacunoso o monco. Di conseguenza, avere un uomo di fiducia all’Inps, più che un libero battitore, assicura a chi governa la possibilità di far passare i provvedimenti senza troppe discussioni e polemiche. Manna dal cielo per una politica eternamente alla ricerca di consensi in uno scenario economico e sociale sconsolante.