“Se nelle sedi istituzionali opportune mi venisse chiesto di lasciare il mio incarico anticipatamente perché ritenuto inadeguato a ricoprirlo, ne trarrei immediatamente le conseguenze. Ciò che non posso neanche prendere in considerazione sono le richieste di dimissioni online e le minacce da parte di chi dovrebbe presiedere alla mia sicurezza personale“. Parole che pesano come pietre quelle del presidente dell’Inps Tito Boeri in audizione davanti alle commissioni Finanze e Lavoro della Camera dopo il “caso” decreto Dignità.

video di Manolo Lanaro

“Io personalmente non sono affatto contrario allo spirito del provvedimento”, ma “questo non mi esime dal fare i conti con la realtà che, spesso, ci impone delle scelte”, ha aggiunto l’economista sottolineando che “affermare che le relazioni tecniche esprimono un giudizio politico, come ha fatto “il ministro Di Maio“, significa “perdere sempre più contatto con la crosta terrestre, mettersi in orbite lontane dal nostro pianeta”, ha proseguito. Un “esercizio molto pericoloso perché, “prima o poi bisognerà spiegare ai cittadini quali sono i vincoli di cui è costellato il mondo reale”. Parole che hanno suscitato l‘irritazione di Palazzo Chigi. Fonti vicine al premier Conte riferiscono il suo disappunto per i “toni inaccettabili e le espressioni fuori luogo

Boeri ha quindi sottolineato che “l’esecutivo che mi ha nominato non mi ha mai chiesto di giurare fedeltà al suo programma, né io avrei mai accettato di farlo. Chiedo lo stesso rispetto istituzionale a questo esecutivo, non tanto per me stesso, quanto per la carica che ricopro”. L’Inps, ha aggiunto, “ha 120 anni di storia alle spalle”, ed è un’istituzione “che ha contribuito a tenere insieme il Paese in anni molto difficili. Obbligare il suo Presidente a schierarsi politicamente (cosa oggi richiesta paradossalmente proprio da chi mi ha spesso rinfacciato di politicizzare l’istituto) significa rendere l’istituzione che ho il grande onore di presiedere una istituzione che promuove il conflitto anziché la coesione sociale e svilire le grandi competenze che ha al suo interno. Non sono perciò in nessun modo disposto ad accettare che questo avvenga”.

Venendo al merito della contesa, Boeri sottolinea come “le valutazioni e la relazioni tecniche si realizzano immaginando vari scenari, il provvedimento è di relativa piccola entità. Noi abbiamo guardato alle differenze tra quello che sarebbe avvenuto in assenza del provvedimento e quello che potrebbe avvenire alla luce del decreto. Le relazioni tecniche sono esercizi previsivi, se dobbiamo dare un numero a volte ci sono sfide forti”. In ogni caso la stima degli 8.000 posti di lavoro in meno, contenuti nella relazione tecnica al decreto legge Dignità, è stata inviata al ministero del Lavoro il 6 luglio alle 12.23 ma ”bisogna almeno sfogliarla per capirne i contenuti”. Quindi “la stima dell’impatto occupazionale negativo è pervenuta al ministero una settimana prima della trasmissione del provvedimento alla presidenza della Repubblica”.

Non solo. Secondo l’economista è “da notare che dalla formulazione della richiesta si evince che il ministero del Lavoro già aveva messo in conto una riduzione dell’occupazione a tempo determinato per effetto del Decreto”. La richiesta di relazione tecnica per il decreto dignità è arrivata “il 2 luglio” e l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro ha richiesto di “stimare la platea dei lavoratori coinvolti al fine di quantificare il minor gettito contributivo derivante dalla contrazione del lavoro a tempo determinato”. Boeri in ogni caso precisa che “io personalmente non sono affatto contrario allo spirito” del decreto, “ma questo non mi esime dal fare i conti con la realtà che, spesso, ci impone delle scelte fra avere più di una cosa desiderata e meno di un’altra in qualche modo auspicabile”. E perciò Boeri crede che “l’obiettivo del provvedimento qui discusso sia giusto e che possa essere difeso anche a fronte di un suo modesto effetto negativo iniziale sull’occupazione. Ho forti riserve sul ripristino del cosiddetto “causalone” (che aggiunge burocrazia e aumenti ai costi di intermediazione) e sul fatto che si disincentivi le assunzioni a tempo indeterminato aumentando del 50% la pendenza della curva che associa i costi di licenziamento all’anzianità aziendale nei contratti a tutele crescenti”.

Resta inteso che “le stime dell’Inps possono apparire addirittura ottimistiche se si tiene conto che ai lavori in somministrazione vengono estese tutte le restrizioni stabilite dal decreto per i contratti a tempo determinato”. E che “l’Inps ha condotto le stime su dati quasi interamente forniti dal ministero del Lavoro (comunicazioni obbligatorie) e ha avuto due giorni a disposizione per effettuare le stime, una volta ricevuti i dati dal Ministero”. Inoltre, “la Relazione Tecnica con la stima dell’impatto occupazionale negativo del Dl 87/2018 è pervenuta al Ministero una settimana prima della trasmissione del provvedimento alla Presidenza della Repubblica. Mentre la RGS in questo lasso di tempo ha richiesto chiarimenti all’Inps, che hanno poi portato a una nuova versione della RT con stime dell’impatto del provvedimento sulla spesa per NASPI, analoghe richieste non sono pervenute dal ministero del Lavoro”, ha aggiunto.

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