Il guardasigilli ha confermato di avere visto la figlia minore del magistrato assassinato: "L'ho incontrata privatamente, dunque preferisco non parlare del nostro colloquio. Dopo 26 anni quella strage non è più lontana, l’impegno dello Stato non può essere minore, ma al contrario deve essere maggiore ora che stanno emergendo ombre sulla storia di questo Paese, con uno Stato che è stato forse complice, negligente e non ha saputo proteggere i propri uomini"
Il governo vaglierà la richiesta di Fiammetta Borsellino di aprire gli archivi del Sisde. Lo ha detto il guardasigilli Alfonso Bonafede, in via D’Amelio per commemorare la strage del 19 luglio del 1992 in cui fu ucciso il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. “Tra le domande per la ricerca della verità sulla strage di via d’Amelio poste da Fiammetta Borsellino di cui è destinatario il governo, c’è quella relativa agli atti del Sisde. Mi faccio promotore di vagliare la richiesta per dare risposte”, ha detto il ministro della giustizia.
La figlia del magistrato ucciso da Cosa nostra, infatti, ha posto tredici domande allo Stato sui punti rimasti oscuri sulla strage. Tra queste, chiedeva: “Cosa c’è ancora negli archivi del vecchio Sisde, il servizio segreto, sul falso pentito Scarantino (indicato dall’intelligence come vicino ad esponenti mafiosi) e sul suo suggeritore, l’ex capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera?”
“Lo Stato deve assolutamente impegnarsi a cercare la verità, io sono qui perché lo Stato vuole essere presente e lanciare un messaggio che deve essere forte e chiaro. Dopo 26 anni quella strage non è più lontana, l’impegno dello Stato non può essere minore, ma al contrario deve essere maggiore ora che stanno emergendo ombre sulla storia di questo Paese, con uno Stato che è stato forse complice, negligente e non ha saputo proteggere i propri uomini. Si parla della storia di questo Paese, di uno dei suoi momenti più bui”, ha detto Bonafede che ha poi confermato di avere visto la figlia minore del magistrato assassinato: “L’ho incontrata privatamente, dunque preferisco non parlare del nostro colloquio”.
Poche settimane fa, infatti, erano state depositate le motivazioni della sentenza emessa dai giudici della corte d’assise di Caltanisetta sull’ultimo procedimento legato alla strage di via d’Amelio. I giudici hanno confermato che le indagini sull’omicidio di Borsellino rappresentano “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”. E oggi a chiedere di continuare a indagare su via d’Amelio è Sergio Mattarella. “Onorare la memoria del giudice Borsellino e delle persone che lo scortavano significa anche non smettere di cercare la verità su quella strage”, dice Sergio Mattarella nel comunicato pubblicato sul sito del Quirinale.
“A ventisei anni di distanza – continua la dichiarazione del capo dello Stato – sono vivi il ricordo e la commozione per il vile attentato di via d’Amelio, in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina. Borsellino era un giudice esemplare: probo, riservato, coraggioso e determinato. Le sue inchieste hanno costituito delle pietre miliari nella lotta contro la mafia in Sicilia. Insieme al collega e amico Giovanni Falcone, Borsellino è diventato, a pieno titolo, il simbolo dell’Italia che combatte e non si arrende di fronte alla criminalità organizzata”.
“Mio fratello è stato sacrificato sull’altare della trattativa. Se fosse stato ucciso dal ‘nemico’ non ci sarebbe una via D’Amelio. Non saremmo qui con queste agende rosse a chiedere verità e giustizia. E queste sono ferite che non si rimarginano, sono ferite che fino alla fine della nostra vita continuano”, ha detto invece Salvatore Borsellino. Proprio oggi infatti, sono state depositate le motivazioni della sentenza sul Patto Stato mafia.