La donna era stata condannata a marzo del 2016 all’ergastolo dalla corte d’Assise di Ravenna, per l'omicidio della 78enne Rosa Calderoni con un’iniezione di cloruro di potassio. La corte d’Assise d’appello di Bologna aveva poi annullato la pena
E’ stata annullata l’assoluzione di Daniela Poggiali, l’ex infermiera di Lugo accusata di omicidio volontario per la morte di una sua paziente. A deciderlo è stata la prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Antonella Mazzei, che ha accolto il ricorso del procuratore generale di Bologna Mariella De Masellis e delle parti civili disponendo un appello bis. Secondo l’accusa, l’infermiera ha causato la morte di Rosa Calderoni, 78 anni, con un’iniezione di cloruro di potassio. “Daniela Poggiali è molto serena come lo è chi si sente innocente e sa che la verità, sia pure faticosamente, emergerà prima o poi in modo definitivo – ha dichiarato l’avvocato difensore Lorenzo Valgimigli – Non è la prima volta, in Italia, che per poter essere prosciolti da un’accusa di omicidio occorrono due assoluzioni, perché una non basta”.
La figlia di Rosa Calderoni, da quanto riporta la legale Grazia Russo, ha espresso soddisfazione e gratitudine per il”lavoro svolto dalle procure cui si aggiunge quello degli avvocati”. “Ovviamente attendiamo – ha proseguito l’avvocata commentando la decisione della Cassazione – di leggere le motivazioni per comprendere quali siano i rilievi giuridici accolti e sui quali dovrà uniformarsi la nuova corte di Assise“.
Daniela Poggiali era stata condannata a marzo del 2016 all’ergastolo dalla corte d’Assise di Ravenna. L’imputata – che si era anche scattata un selfie con il cadavere della donna – era indagata anche per un’altra decina di morti sospette in corsia. Durante i suoi turni, infatti, ci furono una novantina di morti in più rispetto alla media dei periodi in cui non era in servizio: lei, che si è sempre dichiarata innocente, disse che era solo per sfortuna che i pazienti morissero durante il suo turno.
Lo scorso anno la corte d’Assise d’appello di Bologna ha annullato la pena per l’infermiera, “perché il fatto non sussiste“. Una sentenza frutto della discussione tra i consulenti della Procura Generale e della difesa sulla possibilità di accertare con chiarezza che la morte di Rosa Calderoni fosse riconducibile a una somministrazione di potassio a livelli letali per via dell’utilizzo di un metodo innovativo per il calcolo della sostanza, che “non trova analoghe applicazioni in letteratura“, avevano scritto i periti della Corte.