Al diavolo tutto. Per una mattina fai finta che il mondo non esista, che tutto finisca davvero con il promontorio verde di pini, la spiaggia, gli ombrelloni e questo orizzonte che sfuma nel caldo. Non c’è neanche la tramontana, perché il vento bene o male ti mette addosso un po’ di inquietudine; corre, indica distanze, apre spazi. No, è tutto immobile, come la bandiera che sul molo ciondola appesa all’asta. Tu leggi un buon libro, ogni tanto lanci un’occhiata al largo. Non fare quell’aria inquieta stile Roy Scheider mentre i suoi figli nuotano a pochi passi dallo squalo. Eddai, sono tutti lì, ogni cosa è sotto controllo. Per un attimo stacca davvero i contatti. Niente lavoro, niente angosce esistenziali. Fai finta che il mondo non stia girando a trenta chilometri al secondo, che non incroci milioni di stelle e di galassie.
Intanto, diciamoci la verità, non puoi farci granché. Goditi una mattina d’estate. Dimentica il resto. Respira questo odore di sale e crema solare. Di sassi, perché il caldo fa profumare anche le pietre. Guarda le case, la gente come te che finge di leggere mentre semplicemente sta e vive. Lancia una rapida occhiata al segno sulla sabbia che ha lasciato la ragazza con il costume bianco. Non c’è vergogna, non c’è peccato perché il sole di mezzogiorno bagna tutto come una benedizione. Se non fosse per la campana della chiesa diresti che davvero il tempo si è dimenticato di noi.
Nessuno sta male, nessuno soffre. Nessuno può morire in questa calma. L’unica preoccupazione è il pesce che cuoce nella pentola, il rosmarino da mettere prima di portarlo in tavola. Allora prendi il telefono e provi a scattare. La luce è perfetta, immobile, senza ombre. I bambini al largo sul materassino sono appena delle silhouette contro l’argento. Uno accanto all’altro, un agitarsi di braccia e schizzi. Sembrano distanti, irraggiungibili. Qualcosa ti separa da loro, non è soltanto la lente.
Sì, il quadro è quasi perfetto. Ancora un dettaglio. Stringi l’inquadratura. E d’un tratto la costa sparisce. Restano soltanto loro e l’orizzonte sgombro di navi. Intorno senti un silenzio terribile, un sole di piombo gli mangia il respiro. Il mare è profondo migliaia di metri. Nero. Il materassino pare un gommone che si sgonfia sotto di loro mentre si agitano nell’aria immobile. E non ci sei più tu, non c’è nessuno ad aspettarli sulla riva.