Due notizie in poche ore per i rossoneri: mentre a Losanna viene accolto il ricorso della società sull'esclusione dalle coppe, l'ex proprietario a Milano è accusato di false comunicazioni sociali. La Guardia di Finanza, come scrive il Corriere, sta acquisendo documenti anche nella sede di un advisor di Fininvest
Nel giorno in cui il Milan riceve il verdetto favorevole del Tas di Losanna che ha riammesso i rossoneri all’Europa League accogliendo il ricorso d’urgenza presentato contro la decisione dalla Camera giudicante della Uefa lo scorso 27 giugno, l’ex presidente Yonghong Li, proprietario del club fino a dieci giorni fa, è indagato a Milano per l’ipotesi di reato di false comunicazioni sociali. Fonti della Procura hanno confermato quanto anticipato dal Corriere della Sera, che ha rivelato anche un atto di acquisizioni di documenti da parte della Guardia di Finanza, confermato da Repubblica, negli uffici di diversi intermediari che si sono occupati prima dell’acquisto della società da Fininvest, poi della gestione e della cessione al fondo Elliott. Tra questi Lazard, Rothshild, Deloitte, Ernst&Young.
L’inchiesta di Milano non riguarda il passaggio del club nell’aprile 2017 dalle mani di Silvio Berlusconi a quelle dell’imprenditore cinese Yonghong Li per 740 milioni di euro e con l’utilizzo di fondi off shore. Allo stato, infatti, l’indagato è solo Yonghong Li e non Berlusconi, e nel mirino non c’è la vendita, bensì i comunicati ufficiali con cui Li, da presidente del Milan, affermava di poter fra fronte agli impegni finanziari. La svolta, riporta invece Repubblica, è arrivata dalla sentenza di fallimento della sua holding Jie Ande, ora agli atti del fascicolo dei pm Fabio De Pasquale e Paolo Storari, di cui aveva dato notizia il 21 marzo scorso sempre il Corriere della Sera. Il reato di false comunicazioni sociali è contestato in relazione a due documenti: la nota integrativa al bilancio del 2016 del Milan e un comunicato del 2018.
Per pagare Fininvest, Yonghong Li aveva ottenuto un prestito da 300 milioni appunto del fondo Elliott, ora nuovo proprietario. Soldi che era riuscito a restituire, tra proclami e scadenza rispettata in extremis, solo fino al 22 giugno scorso, quando non aveva ottemperato a una scadenza fondamentale: non aveva versato i 32 milioni di euro previsto come aumento di capitale, con il fondo di Paul Singer che aveva quindi avviato il pegno sulle azioni del Milan.
Ora a muovere la Procura milanese sembrano essere in fondo le stesse domande da tempo poste dal mercato e dagli osservatori, scrive il Corriere della Sera. Un fascicolo ‘modello 45‘ sulla vendita del club a Yonghong Li era stato aperto infatti dal procuratore aggiunto De Pasquale dopo aver raccolto il rapporto della Guardia di Finanza che conteneva tre ‘sos’, ovvero tre segnalazioni che banche, intermediari finanziari o altri operatori del settore, anche professionisti, hanno inviato all’Uif di Bankitalia.
La decisione del Tas
Il Tribunale arbitrale dello Sport ha deciso di rinviare nuovamente il dossier Milan al confronto con la Uefa, affinché sia comminata “una pena proporzionata” al mancato adempimento da parte della società del requisito del pareggio di bilancio, sancito anche dal Tas. Il Collegio ha inoltre rigettato la richiesta del Milan di ordinare all’Uefa la conclusione un accordo transattivo. Decisiva per arrivare ad accogliere il ricorso è stata proprio l’uscita di scena di Yonghong Li. La presenza di un nuovo proprietario, il fondo Elliott, ha infatti convinto i giudici di Losanna a rivalutare “l’attuale situazione finanziaria del club”. Per effetto di questa decisione, resta fuori dall’Europa la Fiorentina, che pure aveva iniziato in anticipo la stagione proprio in virtù di un possibile ripescaggio.