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Tito Boeri, il tecnico ‘super partes’ che si schiera con il Capitale

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È risaputo. Un’ideologia funziona tanto meglio, quanto più si rende invisibile. Fino a presentarsi come naturale. Come l’aria che respiriamo. Più precisamente, ogni ideologia mira a contrabbandare se stessa come naturale. È per questo, tra l’altro, che i cantori del libero mercato deregolamentato presentano la teologia liberoscambista come se fosse naturale al pari delle eclissi e dell’andamento dei pianeti.

L’obiettivo è adamantino. Chi oserebbe criticare il moto dei pianeti? O, ancora, le eclissi? O, dulcis in fundo, il mercato falsamente trasfigurato in fenomeno naturale come l’aria che respiriamo? È secondo questa chiave ermeneutica che possiamo comprendere la funzione altamente ideologica del “tecnico” Tito Boeri, fiduciario dei mercati. Il quale è senza posa osannato dal clero intellettuale e dal circo mediatico.

Lo glorificano come tecnico super partes. Come competente portatore di una visione scientifica, neutra e a debita distanza da ogni basso condizionamento ideologico. È l’uomo delle tabelle e dei dati certi. L’uomo del curriculum e della scienza obiettiva. Dalla sua, insomma, il Boeri avrebbe dati inoppugnabili, certezze insindacabili, verità che noi umani dal basso profilo non saremmo nelle condizioni di capire e apprezzare. Dinanzi alle quali ogni libera interpretazione deve tacere. Insomma, il teologo bocconiano Boeri si presenta come uomo super partes.

In realtà, egli è l’incarnazione massima del sacro verbo liberista, con i suoi comandamenti del taglio alla spesa pubblica, della privatizzazione e della liberalizzazione. Quanto più si presenta come anodino lettore scientifico del reale, tanto più il cosmomercatista Boeri propala il dogma ideologico turboliberista. Ossia il libero mercato come teologia della disuguaglianza sociale naturalizzata in destino irredimibile, in fato intrascendibile.

La difficile situazione “non mi esime dal fare i conti con la realtà”, così ha asserito in questi giorni l’aedo global-liberista Tito Boeri. Senza perifrasi. E fu così che i cantori del liberismo, con l’usuale impeto lirico di servilismo, passarono dal “ce lo chiede il mercato” al “ce lo chiede la realtà”. È l’apice dell’ideologia, direbbe il vecchio e obliato Carlo Marx.

Decreto dignità, Boeri: "Io non sono contrario. Ma come presidente dell'Inps faccio i conti con la realtà"
di Manolo Lanaro
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Dove sta la visione neutra di Boeri? Non esistono visioni neutre e sguardi da nessun luogo. Siamo sempre collocati. Gramscianamente, tutto è politica e nulla è al di fuori della politica. E non bisogna avere necessariamente letto Friedrich Nietzsche per sapere che i fatti puri non esistono, ché si danno sempre mediati dalle interpretazioni. Che tutto sono fuorché neutre e avalutative. Il massimo dell’onestà sta nello esplicitare il proprio specifico punto di vista, la propria collocazione nell’agone sociopolitico.

Boeri è collocato dalla parte del Capitale e non del Lavoro, dalla parte del Signore global-elitario e non del Servo nazionale-popolare. Come spiegare altrimenti l’elogio salmodiante della riforma lagrime e sangue della Fornero cantato in distici elegiaci dal tecnico Boeri? E il suo iperbolico plusimmigrazionismo a beneficio della aristocrazia finanziaria? Insomma, il tecnico Boeri è uno strenuo apologeta della classe dominante e dei suoi desiderata. Altro che super partes!

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