Cultura

Manifesta12, se l’arte contemporanea sceglie Palermo per parlare di Europa unita e solidale. Tema: “Coltivare la coesistenza”

La biennale in Sicilia fino al 4 novembre. Sedici i progetti espositivi che raccontano un panorama articolato di esperienze individuali, scenari geopolitici e dinamiche culturali. Al centro immigrazione, postcolonialismo e multiculturalismo

di Felice Moramarco

Manifesta è la biennale europea d’arte contemporanea alla sua dodicesima edizione, che quest’anno ha luogo nella città di Palermo con titolo Il Giardino Planetario. Coltivare la Coesistenza, progetto curato da Brejtje van der Haak, Andrés, Jaque, Ippolito Pastellini Liparelli e Mirjam Varadinis.

Manifesta è stata fondata nel 1996, a pochi anni dal termine della guerra fredda, quando sembrava che dopo secoli ogni ostacolo al processo di unificazione europea fosse finalmente caduto e che la costituzione dell’Europa unita fosse un processo ormai inarrestabile. Cavalcando l’onda di entusiasmo che attraversava l’Europa di quegli anni, secondo le intenzioni dei suoi fondatori, Manifesta sarebbe stata la Biennale d’arte europea che avrebbe contribuito a quello che sembrava un processo di unificazione ormai inarrestabile. Nonostante la guerra civile che in quegli anni dilaniava la Jugoslavia, in pochi avrebbero messo in discussione il progetto di unificazione europea.

A distanza di più di vent’anni dalla sua fondazione, Manifesta opera in uno scenario molto differente: l’idea di un’Europa unita è costantemente messa in crisi da molteplici forze disgreganti e dalla evidente incapacità delle autorità europee di far fronte unitariamente alle crisi drammatiche che hanno colpito il nostro continente negli ultimi anni. Dato l’enorme costo in vite umane, la più tragica di queste crisi è sicuramente quella legata ai flussi migratori che attraversano il Mediterraneo. Una crisi che oltre ad aver fatto decine di migliaia di vittime, sembra aver messo in discussione valori che si credeva inalienabili, quali il rispetto per la vita umana, il diritto di chiunque a cercare condizioni di vita migliori, il ripudio incondizionato di ogni forma di razzismo.

Posizioni politiche nazionaliste, xenofobe, quando non addirittura apertamente razziste e neofasciste, sembrano diventare sempre più egemoni all’interno del dibattito politico nazionale ed europeo. L’arte si è spesso opposta a queste tendenze facendosi portatrice delle istanze più progressiste all’interno della cultura occidentale. Temi legati all’immigrazione, al multiculturalismo e al postcolonialismo, trovano una diffusione sempre maggiore nel campo dell’arte contemporanea e anche gli organizzatori di Manifesta 12 hanno deciso di confrontarsi apertamente con questi temi così urgenti. Quello che emerge dai sedici progetti espositivi che si articolano nella città di Palermo è un panorama articolato di esperienze individuali, scenari geopolitici, dinamiche culturali che compongono la turbolenta situazione storica contemporanea.

Con Liquid Violence, in mostra presso Palazzo Forcella De Seta, i due ricercatori di Forensic Oceanography presentano quattro lavori, risultato delle loro ricerche su fattori spaziali ed estetici che hanno trasformato il Mediterraneo in un’area di confine militarizzata dove moltissimi migranti trovano la morte. Un fenomeno legato in gran parte alle guerre civili che da anni dilaniano il Medio Oriente, il cui tragico effetto sulle popolazioni è raccontato dalle donne rifugiate protagoniste del film di Erka Özgen, Purple Muslim.

L’effetto devastante che anni di guerre in Medio Oriente hanno avuto sulle comunità che vivono in quelle aree è anche al centro dell’installazione video Unending Lightning di Cristina Lucas, presso La Casa del Mutilato, in cui vengono riportati i dati dei bombardamenti aerei che dal 2011 quasi quotidianamente causano decine e centinaia di vittime civili. Un ulteriore elemento che compone il complesso mosaico che emerge dai lavori in mostra per Manifesta12 sono le cicatrici indelebili lasciate da secoli di colonialismo europeo nella memoria di popolazioni colonizzate e speso ridotte in schiavitù, soggetto principale del film Wipping Zombie di Yuri Ancarani, proiettato nell’Oratorio della Madonna del Rifugio dei Peccatori Pentiti, dell’installazione The soul of Salt, dell’artista olandese Patricia Kaersenhout e della serie di interviste a discendenti di schiavi, realizzata dall’artista francese Kader Attia e intitolata The Body’s Legacy. The Post-Colonial Body. La lunga stagione coloniale italiana (1869 – 1945) in Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia è invece al centro di Viva Menilicchi! di Wu Ming 2, opera che ripercorre i luoghi della città di Palermo legati a questo periodo.

Manifesta 12 affronta quindi in maniera articolata temi urgentissimi, drammaticamente assenti dal dibattito pubblico. La scelta di Palermo come luogo in cui avviare questo dibattito non è casuale. La speranza che anima Manifesta 12 è che il capoluogo della regione in Europa più esposta alla crisi migratoria degli ultimi anni, la cui identità è caratterizzata da secoli di sincretismo e stratificazione culturale, possa essere il luogo da cui ripartire per la ricostruzione di una Europa unita, democratica e solidale.

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