Negli ultimi giorni sono più le notizie che riguardano la mobilità alternativa rispetto a quelle legate al lancio di nuovi modelli di auto. Naturalmente la mia è una provocazione che però va molto vicina alla realtà. Vi abbiamo appena parlato del fatto che Volvo ha lanciato M, il nuovo marchio dedicato alla smart mobility, ed ecco che esce la notizia di Volkswagen che crea la piattaforma Volkswagen We, grazie alla quale offrirà servizi di car sharing a zero emissioni. Che Volkswagen stia puntando forte sull’elettrico non è un segreto e lo sta facendo su tutti i fronti, basti pensare al freschissimo record che ha ottenuto con la I.D. a Pikes Peak. Quindi dal motorsport alla nuova mobilità, non si fanno prigionieri.
Volkswagen ci riprova, con una nuova formula
In realtà la casa di Wolfsburg aveva già investito nel car sharing con il progetto Quicar, che però aveva abbandonato all’inizio del 2016 e adesso decide che vale la pena riprovarci. Si tratta di un business non facile, come dimostrano i tentativi di Bmw e Daimler, rispettivamente con DriveNow e Car2Go, che continuano a perdere soldi e hanno anche deciso di unire le forze.
Da una ricerca presentata a marzo di quest’anno da Alix Partners emerge che, in Europa, il ride sharing supera il car sharing nel Regno Unito e in Francia, mentre in Germania e in Italia il car sharing rimane ancora la mobilità di più diffusa.
In America la situazione invece è diversa. Il car sharing sembra essere un prodotto già maturo e, dal 2013 al 2017, l’utilizzo di questa forma di mobilità è diminuito di oltre il 20%, a tutto vantaggio del ride sharing, con un aumento previsto per questa forma di utilizzo dell’auto del 18%. In Cina è invece previsto un aumento nei prossimi 12 mesi di oltre 40 punti, sia per il ride sharing che per il car sharing. In Giappone il treno o la metropolitana continuano a essere i mezzi di trasporto dominanti, con uno scarso utilizzo sia del car sharing che del ride sharing ma sembra che nei prossimi 12 mesi anche nel Paese del sol levante ci sarà un incremento del 30-40% nel loro utilizzo. Insomma che sia ride sharing o car sharing poco importa, questa è la tendenza e le case auto non possono più pensare di fare i bilanci solo con le vendite classiche di auto.
Perché vale la pena esserci anche se si perdono soldi
Ecco quindi che, dal 2019, Volkswagen We comincerà a offrire in Germania servizi di mobilità a richiesta, tra cui il car sharing, e lo farà esclusivamente con modelli elettrici. Accanto a questo ci saranno altri servizi come We Park e We Deliver, che completano un’offerta a tutto tondo nella nuova mobilità che include anche le cosiddette soluzioni di micromobilità come l’I.D. Cityskater e lo studio I.D. Streetmate.
Nel 2020 tutto verrà esteso ad altre città principali in Europa, America settentrionale e Asia. Ma perché lanciarsi oggi in un business in cui i principali competitor non riescono a guadagnare? Da Volkswagen non ci sono ancora i dettagli su quali auto potranno essere utilizzate ma non è difficile pensare che, visti i tempi, i modelli usati saranno quelli della linea I.D, che sarà introdotta proprio nel 2019.
Quale modo migliore quindi di far conoscere i nuovi modelli utilizzandoli per il car sharing? Sarà forse un costo per il brand tedesco, ma è senz’altro un modo perfetto per avvicinare all’elettrico tutta una nuova fascia di potenziali clienti che potranno provare con mano la mobilità silenziosa e superare l’iniziale diffidenza. A questo si aggiunga il fatto che i servizi offerti dalla piattaforma We sono ad alto valore aggiunto e sono del tipo che fidelizzano i clienti, legandoli al brand.
Tutti i servizi della piattaforma Volkswagen We saranno gestiti dalla Uni Urban Mobility International GmbH di Berlino, una sussidiaria interamente di proprietà della Volkswagen Ag. In pratica una volta si andava dai concessionari e si chiedeva il classico test drive che, tra l’altro non sempre veniva concesso o comunque durava pochissimi chilometri e avveniva in condizioni poco realistiche. Ecco quindi che il car sharing apre nuove possibilità e, con costi minimi, si possono provare nuovi modelli, nella quotidianità e per tanto tempo, finché proprio non si è convinti di aver trovato quello che fa al caso proprio. Ma quello che rappresenta un’opportunità per brand e clienti forse è un’altra minaccia per i concessionari che già devono adeguarsi al nuovo percorso di acquisto dell’auto ai tempi dei social, ma questa è un’altra storia.