Immaginatevi una montagna di abiti e accessori di Burberry, il cui valore supera i 34 milioni di euro, dati alle fiamme. È il destino che è toccato agli avanzi di magazzino nel noto marchio simbolo della moda britannica nel mondo. A conti fatti, questa cifra si potrebbe tradurre in 20mila dei suoi iconici trench. Non solo, a spulciare i bilanci dell’azienda, si scopre che negli ultimi cinque anni sarebbero state distrutte merci per 100 milioni di euro, con un trend di netta crescita se si considera che nel 2013 i capi distrutti valevano soltanto 5 o 6 milioni. Una decisione che ha lasciato perplessi gli azionisti ed ha suscitato molte polemiche.
La maison britannica, famosa in tutto il mondo per il suo iconico impermeabile beige dalla fodera scozzese, è impegnata in una campagna di rilancio del marchio, ultimamente un po’ appannato rispetto ai concorrenti, per questo si è reso necessario eliminare un po’ di avanzi di magazzino. In una nota però, Burberry ha precisato di esser impegnata a “minimizzare lo stock in eccesso” e che quando proprio è costretta a distruggere capi “lo fa in modo responsabile”. Sta di fatto che in questo modo si inceneriscono prodotti assolutamente in grado di essere indossati. Semplicemente perché in quell’area del mondo o per quella determinata linea, non vengono più apprezzati dal consumatore.
Una pratica forse un po’ drastica ma molto diffusa nell’industria del lusso: le firme più rinomate la attuano per tutelare “la proprietà intellettuale” delle loro creazioni e difendersi dal timore di contraffazioni o vendite sottocosto. Insomma, pur di salvare l’esclusività del marchio e impedire le contraffazioni, preferiscono mandare all’inceneritore migliaia e migliaia di pezzi non venduti piuttosto che farli finire negli outlet o nel “mercato grigio”, ossia i canali di vendita non autorizzati dalle case di moda, dove sarebbero venduti ovviamente a prezzi molto più bassi. Questo serve anche semplicemente per impedire che un brand o un accessorio iconico diventi troppo comune. Ma le proteste non mancano: sia per lo spreco che questo presuppone, sia per le conseguenze ambientali, denunciate a più riprese da gruppi ecologisti. Burberry si è difeso dalle critiche degli ambientalisti assicurando “di lavorare con società specializzate in grado di recuperare energia dall’operazione” di distruzione.