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Malta, scagionato il premier Muscat: “Nessuna prova che colleghi società citata in Panama Papers alla sua famiglia”

L’indagine era stata aperta sulla base delle rivelazioni della giornalista uccisa Daphne Caruana Galizia. Il magistrato ha prosciolto anche la moglie e i membri del suo staff: "L’intera accusa si fonda su documenti falsificati o su informazioni manipolate in particolare, per quanto riguarda i documenti di proprietà della società ed il pagamento di 1,017 milioni di dollari dall’Azerbajgian sul conto della Egrant a Dubai"

Non ci sono prove che collegano la società Egrant, emersa dai Panama Papers, alla famiglia del premier Joseph Muscat e alcune firme sono state falsificate. L’indagine della magistratura maltese aperta sulla base delle rivelazioni della giornalista uccisa Daphne Caruana Galizia ha scagionato Muscat, la moglie e tutte le persone del suo entourage. Lo ha reso noto la Procura generale pubblicando un comunicato con le conclusioni dell’inchiesta, durata 15 mesi e condotta dal magistrato Aaron Bugeja.

L’indagine ha dimostrato che non c’è alcuna prova di corruzione a carico dei Muscat e del loro entourage – il capo dello staff Keith Schembri, il ministro Konrad Mizzi e l’ex commissario Ue John Dalli – e che l’intera accusa si fonda su documenti falsificati o su informazioni manipolate in particolare, per quanto riguarda i documenti di proprietà della società ed il pagamento di 1,017 milioni di dollari dall’Azerbajgian sul conto della Egrant a Dubai.

L’inchiesta venne aperta su richiesta dello stesso primo ministro dopo la rivelazioni di Caruana Galizia sulla base dei documenti emersi tra i Panama Papers. La giornalista, che aveva parlato con l’ex funzionaria della Pilatus Bank, la russa Maria Efimova, aveva sostenuto che i documenti provavano che la vera proprietà della Egrant era della moglie di Muscat.

Il magistrato ha tra l’altro concluso che le testimonianze, comprese quella della stessa Caruana Galizia ascoltata pochi mesi prima della morte, sono “totalmente contraddittorie” e che le firme della moglie di Muscat – analizzate dalla società indipendente britannica Forensic Document Analysts Keyforensic Services Ltd – si sono rivelate falsificate.

L’inchiesta ha ottenuto informazioni dal Panama, dal Belgio, dagli Emirati arabi uniti, dalla Germania, dagli Usa ed ha impiegato una lunga serie di consulenti indipendenti per l’analisi tecnica e legale delle accuse e delle prove di quello che ora appare come un falso dossier costruito a tavolino.

“Nessuna delle accuse fatte contro mia moglie, me, la mia famiglia o persone vicine a noi si è rivelata vera” ed è stata frutto di “una calunnia, la più grande bugia nella storia politica del Paese, che oggi non solo è stata confermata come tale ma è persino certificata”, è stata la reazione di Muscat che chiede anche le dimissioni dell’ex leader dell’opposizione Simon Busuttil. L’uomo, attuale capo di gabinetto ombra, rilanciò e sostenne le accuse della blogger.

Ora, anche Adrian Delia – attuale capo del Partito Nazionalista, che è all’opposizione – ha annunciato di aver immediatamente destituito Busuttil e ha pubblicamente invocato l’autosospensione dal gruppo parlamentare del partito: “Aspettiamo che Busuttil si dimetta dal parlamento – riporta il Times of Malta – perché non è degno di rappresentare il popolo“. Sul suo profilo Facebook, Busuttil ha respinto la richiesta di Muscat sostenendo: “Cosa si aspettava il primo ministro? Che l’opposizione rimanesse buona quando emergevano accuse di quel genere?”.