Debiti con le banche per circa 150 milioni, lo stop imposto da Consip ai ticket restaurant della Qui!Group di Gregorio Fogliani, molto diffusi soprattutto tra i dipendenti pubblici, e un’inchiesta aperta dalla Procura di Genova che sulla società indaga già da mesi. Quella che era partita come una verifica fiscale ha portato a scoprire una marea di decreti ingiuntivi da parte dei creditori. Il vaso di Pandora è stato aperto e ne sono usciti fuori gli esercenti che, stanchi di non essere rimborsati dal gruppo genovese, hanno iniziato con sempre più frequenza a chiudere le porte ai lavoratori pubblici che si presentavano in bar, ristoranti e tavole calde durante la pausa pranzo con tanto di ticket in mano. Negli ultimi mesi spenderli è diventato quasi impossibile. Sulla carta hanno un valore, ma nella pratica sono diventati carta straccia.
Cosa accadrà ora? Sindacati e associazioni di categoria premono perché non siano i lavoratori a rimetterci. Dopo diverse sollecitazioni sulla vicenda è intervenuto anche il ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno: “Saranno individuate in tempi brevi soluzioni idonee a tutelare i dipendenti e porre rimedio a questa situazione che reputo intollerabile” ha detto. E ha aggiunto: “Ho già sensibilizzato le strutture tecniche competenti per avere un approfondimento sulle cause e le responsabilità di quanto accaduto”. Lo stesso ministro, lunedì pomeriggio ha fatto sapere con una nota: “Entro i primi giorni di agosto ci sarà un nuovo fornitore che erogherà i buoni pasto”. Salvatore Chiaramonte, segretario nazionale della Funzione pubblica della Cgil, spiega a ilfattoquotidiano.it che il 27 luglio è previsto un incontro con il ministro. “Stiamo verificando i numeri – spiega – e ci risulta che sono circa 100mila i lavoratori interessati dal problema e, per ciascuno, il valore del ticket corrisponde ad almeno 140 euro al mese”.
I DISSERVIZI SEGNALATI GIÀ DAL 2017 – La convenzione ‘Buoni Pasto ed. 7’, suddivisa in sette lotti e aggiudicata a quattro operatori economici, tra cui ‘Qui!Group’ (per due lotti), rientra tra le convenzioni obbligatorie per le pubbliche amministrazioni che devono avvalersi di Consip, azienda controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che gestisce gli acquisti della Pubblica Amministrazione, o delle centrali regionali di riferimento. I primi problemi si sono avuti già lo scorso anno, pochi mesi dopo la firma della convenzione per la gara vinta nel 2016, ma a partire dal 2018 si sono moltiplicate le segnalazioni arrivate alla Consip da parte delle amministrazioni che utilizzavano i buoni pasto e che denunciavano una serie di disservizi. “Numerose imprese esercenti la ristorazione nella rete convenzionata con il gruppo – ha spiegato la stessa Consip – hanno segnalato il mancato pagamento da parte della società delle fatture relative ai buoni pasto spesi dai dipendenti pubblici”. Di conseguenza è diventato sempre più difficile per i dipendenti pagare con i buoni emessi da ‘Qui!Group’. Dai primi mesi del 2018, i dipendenti di Comuni, ministeri e società controllate dallo Stato, durante la pausa pranzo in orario d’ufficio o al momento di fare la spesa, si sono visti con sempre maggiore frequenza bloccare i pagamenti con i ticket.
LA DECISIONE DI CONSIP – In seguito a queste segnalazioni Consip ha effettuato ispezioni sistematiche tramite un organismo indipendente presso gli esercizi convenzionati. Verifiche che hanno riguardato sia la spendibilità dei buoni pasto che rimborso agli esercenti e, quindi, il rispetto degli impegni assunti in sede di offerta circa la percentuale massima di commissione e i termini di pagamento. I controlli “hanno avuto esito negativo per il fornitore – ha spiegato la stessa Consip – evidenziando un numero di non conformità di gran lunga superiore al limite massimo ammesso”. Consip ha così proceduto con la risoluzione della convenzione ‘Buoni Pasto ed. 7’ – relativamente al lotto 1 (Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia) e al lotto 3 (Lazio), regioni dove gli impiegati pubblici sono particolarmente numerosi – per “reiterato, grave e rilevante inadempimento delle obbligazioni contrattuali”.
IL DANNO – Secondo i calcoli della Funzione Pubblica Cgil i lavoratori interessati a questi due lotti sono circa 100mila (su un milione di dipendenti pubblici in Italia) “tra i 50 e i 60mila – spiega Chiaramonte – sono gli statali, tra cui i dipendenti di alcuni ministeri, ma poi ci sono quelli che lavorano presso Regioni, Comuni, società partecipate e i lavoratori della Sanità”. E se il buono pasto corrisponde a circa 7 euro e si lavora in media almeno 20 giorni al mese “per ogni dipendente si tratta di almeno 140 euro al mese”. Una cifra che, per chi guadagna di meno, “può arrivare a rappresentare anche il 10 per cento della busta paga”. Da un lato c’è il problema dei dipendenti che vanno messi nelle condizioni di poter usufruire dei buoni pasto e a cui vanno date garanzie sul pregresso, dall’altro va ristabilita la normalità per gli esercenti. Per molti di essi, infatti, i buoni pasto rappresentano anche la metà del fatturato e, se non si pone rimedio a questa situazione si rischia che la crisi si trasferisca su di loro.
LE POSSIBILI SOLUZIONI – Per far fronte alle esigenze delle pubbliche amministrazioni interessate, Consip ha annunciato di aver “predisposto un piano di azione straordinario per rendere disponibili quanto prima gli strumenti per acquisire una nuova fornitura di buoni pasto”. Insieme a diverse amministrazioni, poi, la controllata dal Mef sta cercando di mettere giù un piano, coinvolgendo anche qualche grande ente. In una lettera inviata al ministro della Pa Giulia Bongiorno e all’amministratore delegato di Consip Cristiano Cannarsa, la Funzione Pubblica Cgil invita a fornire indicazioni chiare “a quelle amministrazioni tuttora legate da un rapporto contrattuale con la ‘Qui! Group’” e sollecita “maggiori verifiche, per quanto riguarda le procedure per il prossimo appalto, sull’affidabilità delle imprese partecipanti”. Occhi puntati, quindi, sulla chiusura della gara Buoni Pasto 8, prevista per il prossimo dicembre. Per arrivare “alla pronta restituzione e al rimborso dei buoni emessi e non spesi dai dipendenti” il sindacato considera necessario che le Amministrazioni procedano tempestivamente alla risoluzione per inadempimento dell’ordine di fornitura, attribuendo poi l’incarico di fornire i ticket, per un certo periodo, a un’altra società. “Quest’ultima dovrebbe provvedere – spiega a ilfattoquotidiano.it Chiaramonte – a coprire non solo i prossimi mesi, ma anche quelli che hanno preceduto la decisione di Consip e durante i quali i lavoratori non hanno potuto usufruire dei buoni pasto”. Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente del Codacons Carlo Rienzi. “Se non saranno trovate soluzioni immediate al problema, saranno inevitabili le azioni legali del Codacons contro chi non accetterà i buoni pasto e contro la società erogatrice, a tutela dei titolari dei ticket economicamente danneggiati”.
COME SI MUOVONO LE AMMINISTRAZIONI – Al momento le singole amministrazioni possono scegliere se risolvere o meno gli ordinativi di fornitura già emessi e ancora attivi. Sulla carta, infatti, i ticket sono ancora spendibili, quindi i dipendenti posso provare a esaurire quelli che hanno a disposizione. Poi, comunque, gli enti coinvolti dovranno adoperarsi per le nuove forniture. Il comune di Novara, da cui il 6 giugno scorso erano partite contestazioni alle quali non c’è stata alcuna risposta, ha notificato alla società Qui! Group la risoluzione del contratto “per grave e reiterata inadempienza”. L’obiettivo è quello “di chiudere il rapporto indicato al 31 luglio – ha spiegato l’assessore al Personale Federico Perugini – e di individuare immediatamente un altro operatore che eroghi, già a decorrere dalla prossima busta paga, i buoni pasto del mese di luglio e, nel caso di di crediti maturati dai dipendenti, il più celere recupero degli stessi”. Una strada che potrebbe presto intraprendere anche Torino. Pensano a questa soluzione anche un paio di ministeri.
L’INCHIESTA – Nel frattempo, come riportato dal Secolo XIX, la Procura di Genova ha aperto un’inchiesta relativa all’insolvenza della ‘Qui! Group’, con sede a Genova. Al momento si tratta di un fascicolo ‘per atti relativi’ (senza alcun nome nel registro degli indagati) affidato al sostituto procuratore Patrizia Petruzziello che sta acquisendo in prima battuta i decreti ingiuntivi da parte dei creditori: le ipotesi di reato a cui la Procura potrebbe lavorare sono al momento quella di falso in bilancio e bancarotta fraudolenta.
Il segnale che qualcosa non andasse lo aveva dato nel 2016 Bankitalia, bloccando l’emissione di carte di credito prepagate da parte del gruppo. E ricostruendo un debito con le banche che, a fine 2017, ammontava a circa 150 milioni di euro. Il sospetto su cui gli inquirenti vogliono fare chiarezza è che la società abbia nascosto il dissesto finanziario con l’obiettivo di ottenere nuovamente l’appalto pubblico. Secondo quanto scrive La Repubblica l’inchiesta nasce da una semplice verifica fiscale compiuta all’inizio del 2018 dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. Durante i controlli sono stati scoperti decreti ingiuntivi per centinaia di migliaia di euro da parte di commercianti, baristi, ristoratori e negozianti di alimentari. Si va da poche migliaia a chi deve avere quasi 400mila euro. La Procura, tra l’altro, potrebbe chiedere il fallimento della società. Ma rischia di arrivare dopo gli stessi esercenti. Come riporta Repubblica Genova, infatti, è di queste ore la prima istanza presentata da un creditore, anche se si tratta di qualche migliaio di euro di crediti rispetto a una voragine milionaria.
LE REAZIONI – “Bene l’apertura dell’inchiesta per indagare e fare chiarezza sui mancati pagamenti di ‘Qui! Group’” ha commentato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, secondo cui ora serve una “soluzione politica”. “Anche in caso di eventuale processo penale – ha spiegato – i lavoratori difficilmente potrebbero riuscire a ottenere un risarcimento”. Questo perché nell’elenco dei creditori verrebbero dopo gli esercenti che in questi mesi non hanno ricevuto i pagamenti da parte della società genovese e perché “non esiste un rapporto contrattuale tra i dipendenti e la società”. Per queste ragioni, secondo Dona è necessario che gli enti che hanno consegnato ai loro dipendenti i ticket indennizzino i lavoratori per l’impossibilità di poter utilizzare i buoni pasto, ritirando anche quelli inevasi o sostituiscano “al più presto i buoni con quelli di altre società”. “Saranno semmai gli enti stessi – ha aggiunto – a rivalersi poi per i danni subiti, agendo legalmente nei confronti di Qui! Group”. Dato che la nuova fornitura di buoni pasto non potrà essere operativa prima di dicembre “andranno trovate forme di compensazione per i mesi da luglio a dicembre” ha spiegato, annunciano che l’Unc si riserva “se verranno violati i diritti dei dipendenti, di intraprendere una class action contro la Pubblica Amministrazione”. Sta valutando l’eventualità di presentare un esposto alla Procura di Roma la Fiepet Confesercenti di Roma “se sono stati commessi reati o irregolarità nella aggiudicazione della gara Consip” ha spiegato il presidente Claudio Pica, invitando “tutti i bar e ristoranti a non ritirare i buoni pasto”.
Lobby
Qui Ticket! Debiti per 150 milioni. Dalla gara Consip all’inchiesta: 100mila lavoratori rischiano 140 euro al mese
Il caso della azienda che solo nel 2016 ha vinto due lotti della gara della Centrale unica degli acquisti e ora rischia il fallimento, lasciando migliaia di esercenti senza rimborso e i dipendenti pubblici senza una quota consistente di retribuzione. Le indagini della procura partite da una verifica fiscale. Il ministro Bongiorno: "Soluzioni in tempi brevi".
Debiti con le banche per circa 150 milioni, lo stop imposto da Consip ai ticket restaurant della Qui!Group di Gregorio Fogliani, molto diffusi soprattutto tra i dipendenti pubblici, e un’inchiesta aperta dalla Procura di Genova che sulla società indaga già da mesi. Quella che era partita come una verifica fiscale ha portato a scoprire una marea di decreti ingiuntivi da parte dei creditori. Il vaso di Pandora è stato aperto e ne sono usciti fuori gli esercenti che, stanchi di non essere rimborsati dal gruppo genovese, hanno iniziato con sempre più frequenza a chiudere le porte ai lavoratori pubblici che si presentavano in bar, ristoranti e tavole calde durante la pausa pranzo con tanto di ticket in mano. Negli ultimi mesi spenderli è diventato quasi impossibile. Sulla carta hanno un valore, ma nella pratica sono diventati carta straccia.
Cosa accadrà ora? Sindacati e associazioni di categoria premono perché non siano i lavoratori a rimetterci. Dopo diverse sollecitazioni sulla vicenda è intervenuto anche il ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno: “Saranno individuate in tempi brevi soluzioni idonee a tutelare i dipendenti e porre rimedio a questa situazione che reputo intollerabile” ha detto. E ha aggiunto: “Ho già sensibilizzato le strutture tecniche competenti per avere un approfondimento sulle cause e le responsabilità di quanto accaduto”. Lo stesso ministro, lunedì pomeriggio ha fatto sapere con una nota: “Entro i primi giorni di agosto ci sarà un nuovo fornitore che erogherà i buoni pasto”. Salvatore Chiaramonte, segretario nazionale della Funzione pubblica della Cgil, spiega a ilfattoquotidiano.it che il 27 luglio è previsto un incontro con il ministro. “Stiamo verificando i numeri – spiega – e ci risulta che sono circa 100mila i lavoratori interessati dal problema e, per ciascuno, il valore del ticket corrisponde ad almeno 140 euro al mese”.
I DISSERVIZI SEGNALATI GIÀ DAL 2017 – La convenzione ‘Buoni Pasto ed. 7’, suddivisa in sette lotti e aggiudicata a quattro operatori economici, tra cui ‘Qui!Group’ (per due lotti), rientra tra le convenzioni obbligatorie per le pubbliche amministrazioni che devono avvalersi di Consip, azienda controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che gestisce gli acquisti della Pubblica Amministrazione, o delle centrali regionali di riferimento. I primi problemi si sono avuti già lo scorso anno, pochi mesi dopo la firma della convenzione per la gara vinta nel 2016, ma a partire dal 2018 si sono moltiplicate le segnalazioni arrivate alla Consip da parte delle amministrazioni che utilizzavano i buoni pasto e che denunciavano una serie di disservizi. “Numerose imprese esercenti la ristorazione nella rete convenzionata con il gruppo – ha spiegato la stessa Consip – hanno segnalato il mancato pagamento da parte della società delle fatture relative ai buoni pasto spesi dai dipendenti pubblici”. Di conseguenza è diventato sempre più difficile per i dipendenti pagare con i buoni emessi da ‘Qui!Group’. Dai primi mesi del 2018, i dipendenti di Comuni, ministeri e società controllate dallo Stato, durante la pausa pranzo in orario d’ufficio o al momento di fare la spesa, si sono visti con sempre maggiore frequenza bloccare i pagamenti con i ticket.
LA DECISIONE DI CONSIP – In seguito a queste segnalazioni Consip ha effettuato ispezioni sistematiche tramite un organismo indipendente presso gli esercizi convenzionati. Verifiche che hanno riguardato sia la spendibilità dei buoni pasto che rimborso agli esercenti e, quindi, il rispetto degli impegni assunti in sede di offerta circa la percentuale massima di commissione e i termini di pagamento. I controlli “hanno avuto esito negativo per il fornitore – ha spiegato la stessa Consip – evidenziando un numero di non conformità di gran lunga superiore al limite massimo ammesso”. Consip ha così proceduto con la risoluzione della convenzione ‘Buoni Pasto ed. 7’ – relativamente al lotto 1 (Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia) e al lotto 3 (Lazio), regioni dove gli impiegati pubblici sono particolarmente numerosi – per “reiterato, grave e rilevante inadempimento delle obbligazioni contrattuali”.
IL DANNO – Secondo i calcoli della Funzione Pubblica Cgil i lavoratori interessati a questi due lotti sono circa 100mila (su un milione di dipendenti pubblici in Italia) “tra i 50 e i 60mila – spiega Chiaramonte – sono gli statali, tra cui i dipendenti di alcuni ministeri, ma poi ci sono quelli che lavorano presso Regioni, Comuni, società partecipate e i lavoratori della Sanità”. E se il buono pasto corrisponde a circa 7 euro e si lavora in media almeno 20 giorni al mese “per ogni dipendente si tratta di almeno 140 euro al mese”. Una cifra che, per chi guadagna di meno, “può arrivare a rappresentare anche il 10 per cento della busta paga”. Da un lato c’è il problema dei dipendenti che vanno messi nelle condizioni di poter usufruire dei buoni pasto e a cui vanno date garanzie sul pregresso, dall’altro va ristabilita la normalità per gli esercenti. Per molti di essi, infatti, i buoni pasto rappresentano anche la metà del fatturato e, se non si pone rimedio a questa situazione si rischia che la crisi si trasferisca su di loro.
LE POSSIBILI SOLUZIONI – Per far fronte alle esigenze delle pubbliche amministrazioni interessate, Consip ha annunciato di aver “predisposto un piano di azione straordinario per rendere disponibili quanto prima gli strumenti per acquisire una nuova fornitura di buoni pasto”. Insieme a diverse amministrazioni, poi, la controllata dal Mef sta cercando di mettere giù un piano, coinvolgendo anche qualche grande ente. In una lettera inviata al ministro della Pa Giulia Bongiorno e all’amministratore delegato di Consip Cristiano Cannarsa, la Funzione Pubblica Cgil invita a fornire indicazioni chiare “a quelle amministrazioni tuttora legate da un rapporto contrattuale con la ‘Qui! Group’” e sollecita “maggiori verifiche, per quanto riguarda le procedure per il prossimo appalto, sull’affidabilità delle imprese partecipanti”. Occhi puntati, quindi, sulla chiusura della gara Buoni Pasto 8, prevista per il prossimo dicembre. Per arrivare “alla pronta restituzione e al rimborso dei buoni emessi e non spesi dai dipendenti” il sindacato considera necessario che le Amministrazioni procedano tempestivamente alla risoluzione per inadempimento dell’ordine di fornitura, attribuendo poi l’incarico di fornire i ticket, per un certo periodo, a un’altra società. “Quest’ultima dovrebbe provvedere – spiega a ilfattoquotidiano.itChiaramonte – a coprire non solo i prossimi mesi, ma anche quelli che hanno preceduto la decisione di Consip e durante i quali i lavoratori non hanno potuto usufruire dei buoni pasto”. Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente del Codacons Carlo Rienzi. “Se non saranno trovate soluzioni immediate al problema, saranno inevitabili le azioni legali del Codacons contro chi non accetterà i buoni pasto e contro la società erogatrice, a tutela dei titolari dei ticket economicamente danneggiati”.
COME SI MUOVONO LE AMMINISTRAZIONI – Al momento le singole amministrazioni possono scegliere se risolvere o meno gli ordinativi di fornitura già emessi e ancora attivi. Sulla carta, infatti, i ticket sono ancora spendibili, quindi i dipendenti posso provare a esaurire quelli che hanno a disposizione. Poi, comunque, gli enti coinvolti dovranno adoperarsi per le nuove forniture. Il comune di Novara, da cui il 6 giugno scorso erano partite contestazioni alle quali non c’è stata alcuna risposta, ha notificato alla società Qui! Group la risoluzione del contratto “per grave e reiterata inadempienza”. L’obiettivo è quello “di chiudere il rapporto indicato al 31 luglio – ha spiegato l’assessore al Personale Federico Perugini – e di individuare immediatamente un altro operatore che eroghi, già a decorrere dalla prossima busta paga, i buoni pasto del mese di luglio e, nel caso di di crediti maturati dai dipendenti, il più celere recupero degli stessi”. Una strada che potrebbe presto intraprendere anche Torino. Pensano a questa soluzione anche un paio di ministeri.
L’INCHIESTA – Nel frattempo, come riportato dal Secolo XIX, la Procura di Genova ha aperto un’inchiesta relativa all’insolvenza della ‘Qui! Group’, con sede a Genova. Al momento si tratta di un fascicolo ‘per atti relativi’ (senza alcun nome nel registro degli indagati) affidato al sostituto procuratore Patrizia Petruzziello che sta acquisendo in prima battuta i decreti ingiuntivi da parte dei creditori: le ipotesi di reato a cui la Procura potrebbe lavorare sono al momento quella di falso in bilancio e bancarotta fraudolenta.
Il segnale che qualcosa non andasse lo aveva dato nel 2016 Bankitalia, bloccando l’emissione di carte di credito prepagate da parte del gruppo. E ricostruendo un debito con le banche che, a fine 2017, ammontava a circa 150 milioni di euro. Il sospetto su cui gli inquirenti vogliono fare chiarezza è che la società abbia nascosto il dissesto finanziario con l’obiettivo di ottenere nuovamente l’appalto pubblico. Secondo quanto scrive La Repubblica l’inchiesta nasce da una semplice verifica fiscale compiuta all’inizio del 2018 dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. Durante i controlli sono stati scoperti decreti ingiuntivi per centinaia di migliaia di euro da parte di commercianti, baristi, ristoratori e negozianti di alimentari. Si va da poche migliaia a chi deve avere quasi 400mila euro. La Procura, tra l’altro, potrebbe chiedere il fallimento della società. Ma rischia di arrivare dopo gli stessi esercenti. Come riporta Repubblica Genova, infatti, è di queste ore la prima istanza presentata da un creditore, anche se si tratta di qualche migliaio di euro di crediti rispetto a una voragine milionaria.
LE REAZIONI – “Bene l’apertura dell’inchiesta per indagare e fare chiarezza sui mancati pagamenti di ‘Qui! Group’” ha commentato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, secondo cui ora serve una “soluzione politica”. “Anche in caso di eventuale processo penale – ha spiegato – i lavoratori difficilmente potrebbero riuscire a ottenere un risarcimento”. Questo perché nell’elenco dei creditori verrebbero dopo gli esercenti che in questi mesi non hanno ricevuto i pagamenti da parte della società genovese e perché “non esiste un rapporto contrattuale tra i dipendenti e la società”. Per queste ragioni, secondo Dona è necessario che gli enti che hanno consegnato ai loro dipendenti i ticket indennizzino i lavoratori per l’impossibilità di poter utilizzare i buoni pasto, ritirando anche quelli inevasi o sostituiscano “al più presto i buoni con quelli di altre società”. “Saranno semmai gli enti stessi – ha aggiunto – a rivalersi poi per i danni subiti, agendo legalmente nei confronti di Qui! Group”. Dato che la nuova fornitura di buoni pasto non potrà essere operativa prima di dicembre “andranno trovate forme di compensazione per i mesi da luglio a dicembre” ha spiegato, annunciano che l’Unc si riserva “se verranno violati i diritti dei dipendenti, di intraprendere una class action contro la Pubblica Amministrazione”. Sta valutando l’eventualità di presentare un esposto alla Procura di Roma la Fiepet Confesercenti di Roma “se sono stati commessi reati o irregolarità nella aggiudicazione della gara Consip” ha spiegato il presidente Claudio Pica, invitando “tutti i bar e ristoranti a non ritirare i buoni pasto”.
Articolo Precedente
Marchionne visto dall’ex nemico Airaudo: ‘Con un’azienda fallita ha acquistato una che stava fallendo, salvando Agnelli’
Articolo Successivo
Ilva, ArcelorMittal: “Aumentiamo impegni su occupati e tutela ambientale”. Di Maio: “Valutiamo proposta”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Papa Francesco, dopo tre settimane un audio per i fedeli: “Grazie per le vostre preghiere”. Il bollettino: “È stabile”. Il prossimo sarà sabato
Politica
Vertice Ue, veto di Orban su sostegno a Kiev. Zelensky: martedì summit tra i “volenterosi”. Meloni: “Riarmo? Termine non chiaro. No all’uso dei fondi di coesione”
Mondo
‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.