Per la stabilizzazione del Paese "servono tre azioni: riconciliazione, recupero della sicurezza e lavoro sul piano politico. Un’accelerazione sul processo elettorale non può portare stabilità se non è accompagnata dagli altri due fattori", ha detto il titolare della Difesa riferendosi alla data del voto fissata per il 10 dicembre durante il vertice a tre organizzato a maggio a Parigi dal presidente francese. La mossa di Roma per riconquistare la ribalta sullo scenario libico
E’ dell’Italia l’ultima mossa sulla scacchiera libica. Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta è volata a Tripoli, dove ha incontrato il premier del governo di unità nazionale Fayez Al Sarraj, con il quale ha parlato della data delle elezioni e cui ha garantito la disponibilità di Roma a contribuire al rafforzamento delle strutture difensive del Paese. Una mossa studiata da Roma per riconquistare la ribalta, dopo le due conferenze organizzate all’Eliseo nell’ultimo anno da Emmanuel Macron.
“Oggi ho incontrato il Governo legittimato dall’Onu – ha detto il ministro durante il viaggio di ritorno – ma serve un processo inclusivo e significa che per arrivare alla stabilizzazione della Libia tutti i soggetti devono entrare nel processo. Ecco perché in un secondo tempo cercherò di incontrare anche il generale Haftar“, capo delle milizie fedeli al governo di Tobruk, città dell’est del Paese, che non ha mai riconosciuto quello creato a Tripoli sotto l’egida delle Nazioni Unite.
In giornata Trenta aveva fatto sapere di aver parlato con Al Sarraj anche della data delle elezioni, fissata lo scorso 29 maggio a Parigi per il prossimo 10 dicembre durante un vertice a tre organizzato dal presidente francese con i due leader libici. “Il processo di riconciliazione in Libia deve essere inclusivo”, per questo “parlare di nuove elezioni prima di aver completato questo processo sia un errore ha detto il ministro al premier libico – Dopo ci ritroveremmo ad avere gli stessi problemi, noi come Italia voi come Libia. E questo bisogna farlo capire anche ad altri Paesi”. Ovvero alla Francia di Macron, che da un anno a questa parte tenta di ritagliarsi un ruolo di primo piano sullo scenario libico.
Un concetto rimarcato anche durante la conferenza stampa tenuta al ritorno dal viaggio all’aeroporto di Ciampino. “L’Italia è vicina alla Libia, non davanti e la aiuteremo a non rimanere vittima delle ingerenze che arrivano dall’esterno”, ha detto il ministro rispondendo ad una domanda sulle pressioni del governo francese a far tenere le elezioni in Libia nel prossimo dicembre. Per la stabilizzazione del Paese, ha osservato, “servono tre azioni: riconciliazione, recupero della sicurezza e lavoro sul piano politico. Non crediamo che un’accelerazione sul processo elettorale possa portare stabilità se non è accompagnata dagli altri due fattori”.
In questo contesto il ministro ha confermato a Sarraj “la disponibilità italiana ed in particolare del mio ministero all’avvio di attività, secondo le vostre esigenze e del popolo libico, volte ad un rafforzamento delle capacità interne del sistema difesa della Libia, proclivi ad un mantenimento della sicurezza interna e dunque ad un rafforzamento della sovranità libica”, ha detto il ministro nel corso del colloquio a Tripoli con il premier libico, durato circa un’ora e mezza. Trenta ha anche dato “pieno appoggio al processo di unificazione delle forze armate, un processo che deve coinvolgere tutti gli attori di sicurezza che desiderano partecipare alla difesa dello Stato. Il monopolio della forza – ha aggiunto – deve essere dello Stato”.
Commentando il rinvio di una missione italiana a Ghat, nel sud della Libia, che avrebbe dovuto svolgersi una ventina di giorni fa, Trenta ha spiegato che “la collaborazione ai confini Sud della Libia ci è stata richiesta ed è nostro interesse farla. Cercheremo di organizzare una missione di ricognizione, ma siamo stati vittime di fake news, di notizie date da gruppi contrari alla stabilizzazione”.
Una stabilizzazione necessaria in primis per l’Italia: “L’immigrazione incontrollata ed il terrorismo sono facce della stessa medaglia – ha detto ancora il ministro – c’è il rischio che attraverso l’immigrazione incontrollata arrivino jihadisti e per questo daremo ai libici ogni appoggio richiesto che possa aumentare la loro capacità operativa”.