Non ce l’ho con nessuno. Solo trovo sempre spunti interessanti per fare osservazioni che possano essere utili in primo luogo a me e alla mia crescita e magari, chissà, persino a qualcun altro.
Non ce l’ho di sicuro con la Fiat, addirittura potrei dire di aver potuto emigrare in Brasile grazie a lei, visto che il padre della mia compagna era presidente della Fiat brasiliana e fu la sua permanenza nel paese che gli permise di avviare un’attività umanitaria con la ong Para Ti a Rio, che oggi mi pregio di dirigere e portare avanti non senza difficoltà,, nonostante le numerose gratificazioni sia umane che istituzionali.
D’altra parte non sarà un caso che un uomo come Franco Urani a 50 anni, quindi ancora relativamente giovane e sulla cresta dell’onda, negli anni 80 si concesse il lusso di licenziarsi dal prestigioso e remunerativo posto di presidente di un’azienda simile, per occuparsi poi con sua moglie Giuliana, senza remunerazione alcuna, anzi, mettendoci del suo, di aiutare bambini e famiglie poverissimi delle favelas di Rio.
Ma torniamo alla Fiat, che ha declinato poco tempo fa una nostra richiesta di aiuto per portare avanti la ong, avvalendoci anche di un interessamento della ex presidente della Camera Laura Boldrini, che tentò di intercedere presso Marchionne. Non doveva essere necessariamente un aiuto finanziario, ci bastava un auto usata multipla per portare a fare le gite i bambini.
Gli affari non vanno troppo bene fu la risposta. Va bene.
Oggi si apprende che il grande manager Marchionne fece guadagnare alla famiglia Agnelli 50 miliardi. Mi fa piacere, so cosa vuol dire ottenere risultati gratificanti. Infatti io quando, grazie ad amici o ospiti della nostra Ong riesco a racimolare cento euro faccio sempre i salti alti fino al soffitto con i nostri bambini. Ma il punto di oggi è un altro. Il punto di oggi è la catena alimentare. Gli squali, si sa, sono animali che non si possono fermare mai, nemmeno quando dormono. Animali preistorici, sono predatori di razza e hanno insita nel Dna la capacità di vedere freddamente tutto come un obbiettivo materiale da conquistare.
Marchionne non è ancora morto e se ne parla già al passato, come se fosse già sottoterra, divorato dai vermi, come capiterà ai corpi di tutti. Nel mondo degli squali non c’è spazio per sentimentalismi. Ci sono solo pesci da mangiare e territori da presidiare. Non facciamo i bambini. Nelle grandi aziende non c’è tempo alcuno per pensare che i corpi potrebbero ospitare uno spirito. Che questo spirito potrebbe essere eterno e che ci sono persino sentimenti, emozioni, interrogativi cosmici, oltre ai target a ai budget.
Nel mondo degli squali si mangia e si defeca e basta. Non c’è tempo né necessità alcuna di pensare all’eternità, agli antenati, all’infinito passato e all’infinito futuro. Tutto si consuma qui ed ora, lo sanno bene anche i formatori di squali e squaletti. Ne so qualcosa poiché prima di vivere ho anche fatto per molti anni il venditore di spazi pubblicitari, anche per giornali autorevoli, come Il Sole24 Ore e il Corsera. Non c’è niente al di là del denaro e del benessere materiale.
Ad osservare questo mondo di squali e di target tutto sommato, oltre a un profondo disinteresse, rimane in me una profonda tristezza per queste anime che hanno incarnato corpi utilissimi per risultati straordinari per gente già ricchissima, e che se c’è un dopo nessuno sa dove andranno a finire e cosa faranno. C’è persino da sperare per loro che, oltre la tristezza, ci sia anche il freddo gelido di un universo inutile, nel quale almeno per una settantina d’anni puoi aver avuto la sensazione di fare qualcosa di straordinariamente bello, come tanti miliardi, per altri esseri umani già pieni di miliardi.
Come sono felice di vivere a lato di una favela, talvolta, anche se non sempre, nel calore di chi non ha niente e che può permettersi il lusso di illudersi un giorno, di avere tutto.