La XV è donna. E non poteva che essere così, forse, trainata dall’onda lunga di un “nuovo sentire” (soprattutto di denuncia) al femminile fra il #MeToo e simili movimenti di sorellanza planetari. Tale è l’aspetto istantaneo che appare osservando il programma dei Venice Days – Giornate degli Autori 2018, sezione autonoma e parallela nell’ambito della Mostra di Venezia (29 agosto – 8 settembre) giunta appunto alla sua 15ma edizione.
Sei dei dodici lungometraggi della selezione ufficiale (di cui undici in concorso e uno, quello di chiusura, fuori competizione) sono infatti diretti da registe donne, “il risultato di una ricerca senza steccati e presupposti: abbiamo cercato il meglio e spesso lo abbiamo trovato nella sensibilità femminile” dichiara a tal proposito il delegato generale Giorgio Gosetti. Composito di formati (“più medi e cortometraggi del solito”) e costruito sull’alternanza fra “innovazione e continuità” il ricco e internazionale (15 le nazionalità rappresentate) programma dei Venice Days continua a sparigliare le carte del tradizionale festival (nel festival) articolandosi con sottosezioni di indubbio interesse, come le Notti Veneziane nella ormai leggendaria Villa degli Autori che presenteranno ogni serata un programma unico e ad hoc. Fra gli 11 lavori concorrenti (ai premi Europa Label, GdA Director’s Award e diversi altri riconoscimenti) la punta di diamante è indubbiamente incarnata dal grandissimo autore cambogiano Rithy Pahn, chiamato col suo Les tombeaux sans noms ad aprire ufficialmente il sipario delle Giornate degli Autori: dopo il pluripremiato L’immagine mancante (premio Un Certain Regard a Cannes nel 2013 e candidato agli Oscar) il regista torna a interrogarsi sugli orrori scatenati dal regime degli Khmer rossi sotto il quale perse l’intera sua famiglia. E delle tombe dei suoi cari che va alla ricerca, nel tentativo di preservare una Memoria fondativa e indispensabile alla comprensione del presente. Gli fa degnissima compagnia, sempre in concorso, il regista belga Joachim Lafosse che con Continuer ha dato forma a un western femminile ambientato in Kirghizistan.
L’Italia, naturalmente, è presente ma in maniera minore rispetto al passato prossimo, specie in termini di lungometraggi. Due i titoli dal Belpaese: Ricordi? di Valerio Mieli (già apprezzato in Dieci inverni), storia d’amore che viaggia nel tempo e nella nostalgia con Luca Marinelli, e Il bene mio di Pippo Mezzapesa con Sergio Rubini, che lavora sul registro della fiaba surreale in un luogo chiamato Provvidenza. Il film dell’autore pugliese è inserito fra gli eventi speciali. E sempre dall’Italia, anche se da anni residente a Parigi, è il talentuoso documentarista Stefano Savona – il cui prodigioso La strada dei Samouni ha iniziato la sua corsa verso gli Oscar – ad avere la “carta bianca” dei 15mi Venice Days con una serata che autonomamente organizzerà inserita nelle Notti Veneziane. A Jonas Carpignano, invece, è affidato il coordinamento della giuria dei giovani provenienti da 28 Paesi europei chiamati ad assegnare il GdA Director’s Award. Sul fronte, infine, del “contenitore” Women’s Tales sponsorizzato da Miu Miu a presentare i loro cortometraggi quest’anno saranno Dakota Fanning e la cineasta araba Haifaa Al-Mansour.