L’inchiesta è coordinata dai sostituti Stefano Luciani, Maurizio Bonaccorso e dall’aggiunto Gabriele Paci. L'ex presidente di Confindustria Sicilia, che si trovava nel carcere di Caltanissetta, da qualche giorno è stato trasferito nel reparto detenuti dell’ospedale Civico di Palermo
La procura di Caltanissetta ha chiuso le indagini e ora rischiano il processo i 24 indagati nell’inchiesta che lo scorso 14 maggio ha portato in carcere l’ex presidente degli industriali siciliani, Antonello Montante, accusato di associazione a delinquere in concorso con esponenti delle forze dell’ordine che avrebbero costituito una rete per spiare l’operato dei pm. La notizia è riportata da Repubblica. Va verso l’archiviazione, invece, l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: “L’iniziale ipotesi accusatoria non ha trovato alcuna conferma”, dicono i suoi legali, Nino Caleca e Giuseppe Panepinto.
L’inchiesta è coordinata dai sostituti Stefano Luciani, Maurizio Bonaccorso e dall’aggiunto Gabriele Paci. Montante, che si trovava nel carcere di Caltanissetta, da qualche giorno è stato trasferito nel reparto detenuti dell’ospedale Civico di Palermo. Ancora aperto il secondo troncone dell’inchiesta, sempre per associazione a delinquere, che oltre a Montante coinvolge l’ex presidente di Sicindustria Giuseppe Catanzaro, l’ex governatore siciliano Rosario Crocetta, gli ex assessori della sua giunta Linda Vancheri e Mariella Lo Bello e alcuni imprenditori.
Considerato per anni il simbolo della riscossa degli imprenditori siciliani contro Cosa nostra, l’ex presidente di Confindustria Sicilia era finito gli arresti domiciliari per aver creato, secondo l’accusa, una rete di informatori per spiare i magistrati che da tre anni lo indagavano per concorso esterno a Cosa nostra. Per il gip si trattava di una “tentacolare rete di rapporti”, un contesto di soggetti “legati a doppio filo dallo scambio di favori funzionali”, di cui fanno parte sia gli indagati sia “apicali esponenti delle istituzioni”, che ha agito “al fine di ostacolare le indagini” della procura. “Può senz’altro dirsi – scrive il giudiceva – come ci si sia trovati innanzi ad una tentacolare rete di rapporti che dimostra la pervasività del contesto investigativo e sta a testimoniare il sistema di protezione che si è alzato attorno agli odierni indagati da parte di soggetti inseriti ai più alti livelli della Polizia, dei Servizi di informazione e sicurezza e dell’ambiente politico italiano”. Il 9 luglio dai domiciliari era stato trasferito in carcere perché al momento della notifica, si era barricato “in casa per quasi due ore, non aprendo ai poliziotti e distruggendo documenti e circa ventiquattro pen drive”. Fino a qualche giorno fa Montante risultava ancora a capo di Unioncamere Sicilia