Un milione e 832mila tessere di mosaico porcellanato e smaltato. Un unicum, un grandioso site specific concepito per Il Madre, il museo d’Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli. Così Paul Thorel, eclettico artista multimediale franco/napoletano, ha voluto rendere omaggio alla antica tradizione partenopea che risale all’età greco/romana. Installazione permanente spalmata su 150 metri quadrati del passaggio che collega il Cortile principale al Cortile delle Sculture.
Thorel suggerisce poi una full immersion nell’installazione, viverla dal di dentro. Originalissima la sua tecnica: la scomposizione del pixel non più sullo schermo ma attraverso micro tessere di porcellana, 1×1 cm, incollate una ad una sulle quattro pareti del Madre sotto un magnificente soffitto a volte. Il progetto fa parte di Art in progress, Per_formare una collezione. Tanti puntini luminosi per vederci mille sfumature che vanno dai raggi del sole, al riflesso di luce sulle facciate dei palazzi, dalle increspatura del mare al paesaggio mediterraneo… L’effetto è quello di una gigantesca immagine digitale realizzata, però, artigianalmente, e prodotta con il sostegno di Mutina for Art e delle sue maestranze, in tutto una quarantina. Mutina, azienda leader di ceramiche d’autore e design, di Fiorano Modenese, è figlia di quella sana e creativa imprenditoria emiliana. E all’interno della propria sede ha anche inaugurato il Mut (in tedesco significa coraggio) e racconta proprio di quell’effervescenza d’inventiva che caratterizza l’incontro tra arte e impresa. Uno spazio permanente per ospitare eventi in collaborazione con musei internazionali. Che bella sinergia, Mutina/Thorel.
Visto che Paul è sempre stato uno “avanti” nella sperimentazione realizzando progetti per il cinema, il teatro e la comunicazione pubblicitaria. Nelle sue installazioni, esposte un po’ ovunque, ha inventato il cosiddetto “effetto neve”, distorsioni accidentali dell’immagine, simili a quelle prodotte dalla cattiva ricezione del segnale televisivo sullo schermo. Un’attrazione verso l’alterazione della forma che, all’inizio degli anni Ottanta, porta Thorel a essere un’artista digitale ante/litteram scomponendo l’immagine in righe, ombre, linee orizzontali, laterali e oblique.
Influencer ante/litteram
A due anni dalla scomparsa di Marta Marzotto, la figlia Diamante e la nipote Beatrice Borromeo, il 29 luglio, organizzano a Porto Rotondo, (Poltu Rutundo, come la chiamano i sardi) la festa di Santa Marta, patrona generosa e operosa, proprio come era la Martissima. Nella sua villa pied dans l’eau con affreschi di Renato Guttuso sono passati artisti, intellettuali, politici. Le sue colazioni duravano fino al tramonto. “Quando sono arrivata non c’era nulla, solo cespugli di mirto”, ricordava così la sua missione smeraldina.
Al santuario della Madonna del Monte ci sarà una messa, a seguire una kermesse di eccellenze sarde, artigiani, danzatori folk, cori e spettacoli di magia. Per promuovere quell’estro artigianale (tappetti, ricami, gioielli, torroni, distillati…) di cui Marta è sempre stata grande supporter. Sfileranno costumi sardi tradizionali di Giuseppe Piroddu, allestimenti in legno e sughero di Sergio Verducci e di Tonino Scanni. Mentre il bluesman Marcello Pieri le dedicherà il brano “Le parole mai dette”. Marta amava le feste, era una talent scout, un’esploratrice di tendenze e una grande e giocosa festa/sagra ricorderà l’avventura umana di una donna dallo spirito libero e anticonformista. Oggi diremmo, più cool.
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