“Conseguenze devastanti per l’ambiente circostante la discarica” destinate ad “aumentare esponenzialmente” con “il permanere di questa situazione di illegittimità”. Sono le parole utilizzate dal gip Costantino De Robbio nel provvedimento di sequestro per circa 190 milioni di euro alla società E. Giovi, parte integrante del gruppo industriale che fa riferimento a Manlio Cerroni, il “Supremo della monnezza” romana e proprietario con il suo Colari della discarica di Malagrotta. L’impianto, il più grande d’Europa nel genere, ha servito la Capitale per tre decenni, fino al primo ottobre 2013, quando venne chiusa dall’allora neo-sindaco Ignazio Marino. I rifiuti però sono rimasti lì e oggi il percolato è ritenuto dagli inquirenti “la causa dell’inquinamento delle falde acquifere” sottostanti il sito di smaltimento.
Nell’atto del giudice viene evidenziato che “ancora oggi la società E. Giovi non ha provveduto all’adempimento delle prescrizioni e che la discarica non è gestita in modo legittimo tale da impedire il protrarsi della situazione di fuoriuscita del percolato che è conseguenza diretta dell’inquinamento dei terreni circostanti”. L’accumulo del percolato non estratto “è peraltro ormai così rilevante – si legge ancora nel provvedimento – da essere visibile dall’esterno: dopo avere riempito la camera sottostante la discarica il liquido si è infatti accumulato nel Polder mescolandosi ai rifiuti solidi e facendoli tracimare dalla sommità superiore, da cui ha cominciato a fuoriuscire liquido inquinante che si è riversato nelle strade circostanti”.
Gli indagati sono sei. Manlio Cerroni, patron del Colari attualmente commissariato per interdittiva antimafia, e altre cinque persone. Il reato ipotizzato è traffico illecito di rifiuti e associazione a delinquere. Il gip ha disposto anche il sequestro dell’azienda E. Giovi Srl. La somma sequestrata corrisponde “al risparmio di spesa dal 2012 ad oggi per l’omessa” estrazione “del percolato nella misura della minore somma quantificata dal consulente da ritenersi comprensiva – si legge nel provvedimento – di ogni successivo reinvestimento o trasformazione e di qualsiasi vantaggio economicamente valutabile nei confronti degli indagati”.
L’estrazione del percolato ha dei costi per l’impresa che gestisce la discarica ma “secondo quanto risulta dalle indagini svolte dalla Procura tali prescrizioni non sono state rispettate e la E. Giovi srl ha fittiziamente dichiarato di avere compiuto le operazioni di emungitura per evitare di sostenere i rilevanti costi delle operazioni”. Il “profitto del reato”, costituito dai mancati costi per l’estrazione del percolato, secondo il pm, “sarebbe stato dirottato – aggiunge il gip – alle società consorzio Colari e Petromarine Italia Srl, appartenenti al medesimo gruppo di società E. Giovi, all’evidente scopo di occultare tali ricavi a chi leggesse il bilancio”.
Attualmente la E. Giovi è stata affidata per la Custodia Giudiziaria al Commissario prefettizio, Luigi Palumbo, che già amministrava i due tmb inseriti nel ciclo di smaltimento della raccolta indifferenziata del Comune di Roma. Il provvedimento non avrà ripercussioni, in questo senso, sulla quotidianità del ciclo di smaltimento capitolino e sui servizi – regolati dalla Regione Lazio – che la E. Giovi fornisce ad Ama.
LA DIFESA DI CERRONI L’ATTACCO DI COLARI ALLA PROCURA – In serata è arrivata alle redazioni una nota inviata dallo studio legale che tutela il gruppo Cerroni, smentendo totalmente l’ipotesi dei magistrati. “Prendiamo atto – si legge nella nota – dell’ennesima iniziativa della Procura di Roma che, di fronte al disastro ambientale (denunciato da anni dall’Avv. Cerroni) in cui versa la città di Roma a causa delle gravi inadempienze delle Istituzioni chiamate a risolvere i problemi dei rifiuti, continua nella pervicace operazione di demonizzazione del Gruppo Colari che da anni, nell’assoluto rispetto delle leggi, ha assicurato in modo efficiente ed economico alla capitale d’Italia il trattamento dei milioni di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno dai suoi cittadini”. Non solo. “L’assunto della Procura – proseguono gli avvocati – è del tutto infondato ed a dimostrarlo sono i documenti che, senza giungere a questa iniziativa, si sarebbero potuti acquisire. La società ha provveduto a smaltire presso gli impianti terzi autorizzati in diverse Regioni italiane il percolato prodotto dalla discarica ed oggi, dopo aver atteso cinque anni un’autorizzazione all’esercizio di un proprio impianto a Malagrotta, provvede al trattamento autonomo del percolato. L’autorizzazione all’esercizio e’ stata concessa solo lo scorso 10 ottobre, dopo ben 5 anni di attesa, sollecitazioni e diffide a fronte dei 120 giorni previsti dalla legge. Il percolato dichiarato unilateralmente dall’Arpa di Roma pericoloso e’, invece, da prelievi e analisi risultato non pericoloso ed e’ da questo equivoco che e’ scaturita tutta la liturgia mediatica del sequestro di oggi”. Infine, ‘la società non ha nulla da nascondere. Lo stesso non può dirsi dell’operato della Pubblica Amministrazione. La società si riserva di assumere tutte le iniziative stragiudiziali e giudiziali opportune al fine di tutelare i diritti della personalità e l’attività economica delle persone e delle organizzazioni interessate nonchè dei collaboratori e dipendenti”.
Ambiente & Veleni
Malagrotta, percolato non estratto dalla discarica: “Effetti devastanti”. Sequestrati 190 milioni di euro alla società E. Giovi
L’impianto ha servito la Capitale per tre decenni, fino al primo ottobre 2013. Oggi il liquido è ritenuto dagli inquirenti “la causa dell'inquinamento delle falde acquifere". Il sequestro colpisce la società parte integrante del gruppo industriale che fa riferimento a Manlio Cerroni, indagato insieme ad altre 5 persone per traffico illecito di rifiuti. I suoi difensori: "Demonizzazione del gruppo"
“Conseguenze devastanti per l’ambiente circostante la discarica” destinate ad “aumentare esponenzialmente” con “il permanere di questa situazione di illegittimità”. Sono le parole utilizzate dal gip Costantino De Robbio nel provvedimento di sequestro per circa 190 milioni di euro alla società E. Giovi, parte integrante del gruppo industriale che fa riferimento a Manlio Cerroni, il “Supremo della monnezza” romana e proprietario con il suo Colari della discarica di Malagrotta. L’impianto, il più grande d’Europa nel genere, ha servito la Capitale per tre decenni, fino al primo ottobre 2013, quando venne chiusa dall’allora neo-sindaco Ignazio Marino. I rifiuti però sono rimasti lì e oggi il percolato è ritenuto dagli inquirenti “la causa dell’inquinamento delle falde acquifere” sottostanti il sito di smaltimento.
Nell’atto del giudice viene evidenziato che “ancora oggi la società E. Giovi non ha provveduto all’adempimento delle prescrizioni e che la discarica non è gestita in modo legittimo tale da impedire il protrarsi della situazione di fuoriuscita del percolato che è conseguenza diretta dell’inquinamento dei terreni circostanti”. L’accumulo del percolato non estratto “è peraltro ormai così rilevante – si legge ancora nel provvedimento – da essere visibile dall’esterno: dopo avere riempito la camera sottostante la discarica il liquido si è infatti accumulato nel Polder mescolandosi ai rifiuti solidi e facendoli tracimare dalla sommità superiore, da cui ha cominciato a fuoriuscire liquido inquinante che si è riversato nelle strade circostanti”.
Gli indagati sono sei. Manlio Cerroni, patron del Colari attualmente commissariato per interdittiva antimafia, e altre cinque persone. Il reato ipotizzato è traffico illecito di rifiuti e associazione a delinquere. Il gip ha disposto anche il sequestro dell’azienda E. Giovi Srl. La somma sequestrata corrisponde “al risparmio di spesa dal 2012 ad oggi per l’omessa” estrazione “del percolato nella misura della minore somma quantificata dal consulente da ritenersi comprensiva – si legge nel provvedimento – di ogni successivo reinvestimento o trasformazione e di qualsiasi vantaggio economicamente valutabile nei confronti degli indagati”.
L’estrazione del percolato ha dei costi per l’impresa che gestisce la discarica ma “secondo quanto risulta dalle indagini svolte dalla Procura tali prescrizioni non sono state rispettate e la E. Giovi srl ha fittiziamente dichiarato di avere compiuto le operazioni di emungitura per evitare di sostenere i rilevanti costi delle operazioni”. Il “profitto del reato”, costituito dai mancati costi per l’estrazione del percolato, secondo il pm, “sarebbe stato dirottato – aggiunge il gip – alle società consorzio Colari e Petromarine Italia Srl, appartenenti al medesimo gruppo di società E. Giovi, all’evidente scopo di occultare tali ricavi a chi leggesse il bilancio”.
Attualmente la E. Giovi è stata affidata per la Custodia Giudiziaria al Commissario prefettizio, Luigi Palumbo, che già amministrava i due tmb inseriti nel ciclo di smaltimento della raccolta indifferenziata del Comune di Roma. Il provvedimento non avrà ripercussioni, in questo senso, sulla quotidianità del ciclo di smaltimento capitolino e sui servizi – regolati dalla Regione Lazio – che la E. Giovi fornisce ad Ama.
LA DIFESA DI CERRONI L’ATTACCO DI COLARI ALLA PROCURA – In serata è arrivata alle redazioni una nota inviata dallo studio legale che tutela il gruppo Cerroni, smentendo totalmente l’ipotesi dei magistrati. “Prendiamo atto – si legge nella nota – dell’ennesima iniziativa della Procura di Roma che, di fronte al disastro ambientale (denunciato da anni dall’Avv. Cerroni) in cui versa la città di Roma a causa delle gravi inadempienze delle Istituzioni chiamate a risolvere i problemi dei rifiuti, continua nella pervicace operazione di demonizzazione del Gruppo Colari che da anni, nell’assoluto rispetto delle leggi, ha assicurato in modo efficiente ed economico alla capitale d’Italia il trattamento dei milioni di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno dai suoi cittadini”. Non solo. “L’assunto della Procura – proseguono gli avvocati – è del tutto infondato ed a dimostrarlo sono i documenti che, senza giungere a questa iniziativa, si sarebbero potuti acquisire. La società ha provveduto a smaltire presso gli impianti terzi autorizzati in diverse Regioni italiane il percolato prodotto dalla discarica ed oggi, dopo aver atteso cinque anni un’autorizzazione all’esercizio di un proprio impianto a Malagrotta, provvede al trattamento autonomo del percolato. L’autorizzazione all’esercizio e’ stata concessa solo lo scorso 10 ottobre, dopo ben 5 anni di attesa, sollecitazioni e diffide a fronte dei 120 giorni previsti dalla legge. Il percolato dichiarato unilateralmente dall’Arpa di Roma pericoloso e’, invece, da prelievi e analisi risultato non pericoloso ed e’ da questo equivoco che e’ scaturita tutta la liturgia mediatica del sequestro di oggi”. Infine, ‘la società non ha nulla da nascondere. Lo stesso non può dirsi dell’operato della Pubblica Amministrazione. La società si riserva di assumere tutte le iniziative stragiudiziali e giudiziali opportune al fine di tutelare i diritti della personalità e l’attività economica delle persone e delle organizzazioni interessate nonchè dei collaboratori e dipendenti”.
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La corsa militare dell’Europa innesca una ondata di vendite sui debiti dei Paesi: su gli interessi
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.