Il segretario Maurizio Martina tra gli stand della festa democratica di Siena, dove il Pd ha da poco perso una delle sue roccaforti storiche. L’ex segretario ed ex presidente del Consiglio in cerca di rivincita in una villa sull’Aventino, in una zona esclusiva di Roma, dove organizza una cena con 150 invitati, 120 dei quali parlamentari. Martina da lontano non vuole commentare e, come un rosario, ripete tre volte: “Sono grato ai volontari della festa democratica di Siena”. Ma nel frattempo nell’imponente castelletto in cui sono riuniti Renzi e i suoi parlamentari ci si diverte. Il racconto è dell’agenzia Ansa e ci sono parecchi particolari. Cena a buffet, 50 euro a persona, dentro alte mura di cinta come location. Prima che le mandibole comincino a muoversi, l’apertura è affidata al senatore-tenore Alan Ferrari che intona il Nessun Dorma della Turandot di Giacomo Puccini, una scelta che suona un po’ beffarda visto che come tutti sanno la romanza si conclude con la celebre promessa del Principe ignoto (All’alba vincerò) mentre le vicende elettorali del Pd dal 2015 in poi, per non parlare del disastro del 4 marzo.
Ma alla cena nel castello non sono granché preoccupati, anzi sono pronti alla riscossa. Clima disteso, battute, risate, musica. La mente torna ad Apicella e le canzoni napoletane, a Francesco Paolo Sisto che intrattiene gli ospiti in attesa del capo: ma in quel caso erano le note dell’inno di Forza Italia.
Qui invece il deputato Matteo Colaninno tira fuori un carisma sconosciuto finora e imita l’ex ministro Giulio Tremonti. E il capo, Matteo Renzi, fa quello che lo diverte di più: il mattatore. Prende il microfono e fa una delle cose che ama fare, il presentatore.
Ma il discorso è politico. “Smettiamola con la depressione – esorta -, abbiamo perso una grande battaglia, forse avremo capito qualcosa”. Non direzioni politiche sbagliate, né una comunicazione da ritoccare. No, grazie alla sconfitta ha capito “che non serve essere bravi per piacere agli editorialisti“. D’altra parte “un accordo con il M5S avrebbe distrutto il Pd”, ora invece il partito sta che è un fiore. Per Renzi “noi abbiamo una grande possibilità, dobbiamo smetterla di litigare. Gli altri hanno forza solo se si focalizzano su di me. Se io sto zitto, M5s e Lega vanno nel panico”.
Ma evidentemente non segue la linea del silenzio. Anzi, rilancia: l’accordo con i Cinquestelle “avrebbe distrutto il Pd”, ribadisce. “Cerchiamo di ripartire in autunno senza ansie, prima capiamo la loro strategia di comunicazione e prima noi rientriamo in campo”, sostiene Renzi. Promette una Leopolda, la sua convention annuale, “che non sarà solo una cosa del Pd ma dovrà essere una cosa più larga”. Ma il partito “senza di noi (noi renziani naturalmente, ndr) perde la spinta riformista e muore, dobbiamo lavorare per rilanciarlo mettendo fine alle liti interne”. Ma l’avvenire è dalla parte del Pd: “Il mio governo è il quarto per durata, eppure è stato un tempo velocissimo. Il loro ciclo durerà ancora meno. Non hanno niente in mano, ma sono bravi a venderlo”.