Il Dna di Schwarzer sarebbe stato contaminato da urine di altri per farlo squalificare. L'atleta è stato costretto a seguito dell'accusa a 8 anni di stop e a non poter partecipare alle Olimpiadi a Rio
Le urine dell’atleta Alex Schwazer sarebbero state manipolate. Grazie ad un test del dna, si riapre il caso dell’ex marciatore accusato di doping nel 2016, alla vigilia dei Giochi olimpici di Rio de Janeiro. A rivelare la notizia è il quotidiano altoatesino Tageszeitung: la concentrazione di Dna di Schwazer nel campione B è tre volte superiore a quella presente nel flacone A: 1.187 nanogrammi contro 437. La perizia del Ris di Parma verrà depositata ai primi di settembre e solo allora ci sarà l’ufficialità dei risultati delle analisi. I campioni sono stati consegnati dopo lunghe resistenze dalla Iaaf e dai laboratori di Colonia al Tribunale di Bolzano, in futuro si dovrebbero fare delle contro analisi per chiarire meglio tutta la vicenda che ha coinvolto l’ex atleta.
“Dall’analisi risulta una concentrazione anomala di Dna -commenta il giornalista Nando Sanvito su il sussidiario.net che sulla vicenda Schwazer ha scritto un’inchiesta – le urine conservate a -20 gradi dopo una settimana riducono a 1/7 il valore quantitativo del Dna. Dopo 26 mesi dovrebbero contenere ancora al massimo qualche nanogrammo. Il Dna di Schwazer presenta invece una concentrazione centinaia (campione A) o migliaia (campione B) di volte superiore alla norma”. La contaminazione è di 437 nanogrammi microlitro nel campione A, 1187 nel campione B. Qualcuno avrebbe potuto pompare delle urine contenenti del doping per far squalificare l’atleta.
Gerhard Brandstaetter, avvocato di Schwazer, crede nella sua innocenza: “I nostri periti di parte ci dicono che ci sono anomalie pesanti sulle urine. Siamo convinti e sicuri che manipolazioni ci siano state e speriamo che si possano provare, visto che quello che è stato fatto è stato fatto in modo scientifico”. L’atleta 34enne di origini altoatesine aveva conquistato l’oro olimpico di Pechino nei Giochi Olimpici del 2008, poi nel 2012 era risultato positivo ad un test antidoping e aveva subito confessato. Nel 2016 venne nuovamente accusato di doping, ma questa volta si era dichiarato innocente, era stato lui stesso a chiedere l’esame del Dna per proteggersi dalle accuse mentre aveva dichiarato che non avrebbe più marciato. “Non servirà per la mia carriera ormai finita, ma per il mio onore sì”. La squalifica per il marciatore fu pesantissima: 8 anni di stop e l’impossibilità di partecipare alle Olimpiadi a Rio. Per la Iaaf questa nuova rivelazione non ha alcun valore, il Ris procede invece facendo ulteriori approfondimenti sulla vicenda: il comandante Lago ha infatti ordinato una maxi test sul dna di 100 individui, scelti tra sportivi e persone comuni al fine di monitorare il dna separato in due campioni per capire se è effettivamente possibile che ci siano simili difformità. Le conclusioni del Ris saranno presentate entro il 5 settembre sul tavolo del gip Pelino.