È di questi giorni la notizia che la sperimentazione in corso in Olanda col viagra su donne in gravidanza i cui feti avevano difficoltà e ritardi nello sviluppo è stata interrotta bruscamente: 11 neonati, fra le oltre 90 madri sottoposte al trattamento, sono infatti morti prematuramente per complicanze a livello polmonare appena venuti alla luce. L’ipotesi su cui si basava la sperimentazione era che il farmaco, noto vasodilatatore conosciuto per il trattamento della disfunzione erettile, potesse migliorare l’irrorazione della placenta e aiutare lo sviluppo fetale. Mai come in questo caso si può dire che “la cura è stata peggiore del male” e qualche riflessione sulla salute riproduttiva può essere utile.
Le funzioni della sfera riproduttiva sono fra le più fragili e delicate della persona umana e alterazioni a questo livello incidono sugli aspetti relazionali, affettivi, sessuali, rendendo queste problematiche di particolare interesse e importanza. Infertilità, abortività spontanea, prematurità, basso peso alla nascita in relazione all’epoca gestazionale, distacco di placenta, morte fetale, malformazioni congenite, sono problemi in cui stili di vita e fattori comportamentali della madre quali dieta incongrua, abuso di alcool, fumo e droghe rivestono un ruolo importante, ma anche il ruolo dei fattori ambientali non va sottovalutato e infatti tali patologie sono di particolare rilievo nelle aree più inquinate.
Già nel 2015 la Federazione internazionale dei ginecologi e degli ostetrici (Figo) aveva affrontato il problema riconoscendo che l’esposizione a Pcb (policlorobifenili), solventi, pesticidi, inquinamento atmosferico, toluene, ftalati, composti perfluoroalchilici aumentava il rischio di alterazioni della sfera riproduttiva e della gravidanza. In particolare contaminanti dell’aria quali pm10, pm2.5, biossido di azoto e ozono sono una delle principali cause di mancata crescita fetale, nascite di bambini sottopeso, pretermine, malformazioni cardiache e abortività. Nel 2013 negli Stati Uniti le nascite pre termine sono state l’11,4% del totale e si stima che oltre il 3% a livello nazionale (corrispondente a 15,8 nascite pretermine) siano attribuibili all’esposizione a pm2.5, con costi economici pari a 4,33 miliardi di dollari, di cui 760 milioni per le cure mediche.
Anche l’esposizione a PM10 emesso dagli otto inceneritori dell’Emilia Romagna nell’ambito dello studio Moniter ha comportato un considerevole aumento del rischio di nati prematuri e abortività. L’abortività spontanea in uno studio condotto su 514mila 996 abitanti di cinque città del Sud Italia è risultata correlato con pm10, biossido di azoto e ozono anche se gli inquinanti rientravano nei limiti di legge, in particolare si è registrato un incremento di abortività spontanea del 19,7% per ogni incremento di 10 mg/m3 di pm10 e del 33,6% per ogni incremento di concentrazione di ozono. Gli autori concludono che l’abortività spontanea è influenzata da pm10 (in particolare se sono presenti aree industriali) e da concentrazioni di ozono, anche a livelli inferiori ai limiti di legge e pertanto con un adeguato miglioramenti della qualità dell’aria questa condizione sarebbe almeno in parte prevenibile.
Secondo l’Oms solo l’8% della popolazione mondiale respira un’aria che rispetta limiti cautelativi per la salute e inalare aria pulita dal primo all’ultimo respiro è un diritto inalienabile, che soprattutto le madri in attesa dovrebbero rivendicare con maggiore consapevolezza.