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Marco Paolini parla dopo l’incidente: “Sono indagato per omicidio stradale. E’ un obbligo tacere e limitarmi a condividere il dolore altrui”

Quando l’intervistatore gli ha chiesto se questo “suo silenzio, o il suo ritiro, o il colloquio con Repubblica possano essere interpretati come una “fuga (…) delegando ai giudici il dovere delle risposte”, Paolini ha risposto che “interrompere la mia normalità significa dire che so profondamente cos’è successo"

di Davide Turrini

Adesso non ho qualcosa da offrire, più che il mio silenzio”. Marco Paolini parla per la prima volta dopo l’incidente d’auto accaduto lo scorso 17 luglio sulla A4 vicino Verona. Quando al volante della sua Volvo l’attore ha tamponato una Fiat 500 uccidendo la 53enne Alessandra Lighezzolo, una delle due donne che vi viaggiava sopra. Avvicinato e poi comunque intervistato da Repubblica durante le prove di Senza vincitori né vinti, lo spettacolo sui morti della prima guerra mondiale che si terrà il 28 e 29 luglio sulla Cima Tomba, a pochi passi dal Monte Grappa, Paolini è comunque tornato ad affrontare il tragico momento dell’incidente mortale riferendosi a quella che è diventata, articolo di giornale dopo articolo di giornale, come la causa della sua perdita di controllo del veicolo: il colpo di tosse.

“Non voglio dire una parola su un fatto che colpisce tante persone. Ho questa tosse maledetta da mesi, non passa mi tormenta. Tossisco e adesso penso che ogni colpo di tosse sia come una fucilata”. Pur avendo cancellato ufficialmente tutti gli impegni artistici fino al 19 agosto 2018, l’attore ha voluto partecipare allo spettacolo dove reciterà in coppia con Simone Cristicchi: “Sono qui nel mio momento più difficile per onorare personalmente milioni di ragazzi europei mandati a morire un secolo fa. Non dirò nulla di me, di quanto mi è successo. Spero che tutti comprendano il prezzo che pago per rispettare l’impegno preso con tutte le persone coinvolte in questo momento di pubblico raccoglimento civile”.

“Sono indagato – ha continuato Paolini -, omicidio stradale. Per me è un obbligo tacere, limitarmi a rispettare e a condividere il dolore altrui. Non voglio recitare la parte dell’affranto, se lo facessi ucciderei anche la mia dignità. Il silenzio è obbligatorio per capire se sono capace di andare avanti”. Poi quando l’intervistatore gli ha chiesto se questo “suo silenzio, o il suo ritiro, o il colloquio con Repubblica possano essere interpretati come una “fuga (…) delegando ai giudici il dovere delle risposte”, Paolini ha risposto che “interrompere la mia normalità significa dire che so profondamente cos’è successo e che nulla sarà più come prima” e che “chiedere scusa in pubblico sarebbe davvero indecente, per chi soffre e anche per me”.

L’autore dell’intervista chiosa poi descrivendo il comportamento tenuto da Paolini nelle ore in cui ha dialogato con lui: “Paolini non ha mai sorriso, ha interrotto più volte le sue parole, come assente, spingendo gli occhi lontano” e “ha continuato a tossire e pigiare tabacco nella sua pipa”. Poi ci informa che l’attore ha rifiutato un passaggio in auto ed è sceso a piedi zaino in spalla dal Monte Tomba fino al paese di Cavaso: “Sono vulnerabile, già all’inferno. Non pugnalarmi”.

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