Da quando Papa Francesco è arrivato a Roma i media vaticani e non solo hanno dovuto completamente risintonizzarsi. Era già trascorso più di mezzo secolo da quando L’Osservatore Romano non riportava più i discorsi papali introducendoli con l’espressione aulica “come abbiamo appreso dalle Auguste Labbra”. San Giovanni XXIII, infatti, aveva subito provveduto ad abolire questa formula e a rivoluzionare col suo stile paterno la comunicazione della Santa Sede. Toccherà poi a Paolo VI, prossimo santo, essere il primo Papa a prendere l’aereo e a costringere così i vaticanisti di allora a girare il mondo insieme col vescovo di Roma.
Di vera e propria rivoluzione comunicativa si può parlare col lungo pontificato di San Giovanni Paolo II, un vero e proprio regno durato 27 anni, e il suo storico portavoce Joaquín Navarro-Valls, scomparso appena un anno fa. Un uomo entrato di diritto nei manuali di Comunicazione di tutto il mondo. Poi, allo stile più regolare di Benedetto XVI è succeduto il vulcanico Francesco che non lascia Casa Santa Marta nemmeno per le vacanze estive.
È stato Bergoglio a voler riformare i media vaticani affidandone la regia prima a monsignor Dario Edoardo Viganò e successivamente, dopo le dimissioni del sacerdote milanese reo di aver taroccato una lettera di Ratzinger, a Paolo Ruffini, primo laico nella storia a diventare capo dicastero della Curia romana.
In realtà, l’approdo dell’ex direttore di Rai3 e La7 al mondo della comunicazione ecclesiale è avvenuto appena un anno dopo l’elezione di Francesco. Nel 2014, infatti, Ruffini fu chiamato a dirigere Tv2000, l’emittente della Conferenza episcopale italiana, dopo il brusco licenziamento di Dino Boffo. Con Ruffini la televisione della Cei è diventata molto più “bergogliana” intensificando sia l’approfondimento in campo sociale, sia raccontando fedelmente il pontificato di Francesco senza mai cedere all’agiografia o al bigottismo da sagrestia. Eredità, quella di Ruffini, passata ora nelle mani di Vincenzo Morgante, ex direttore del Tgr.
Tra i tanti frutti di questa inedita e vincente impostazione c’è il programma di approfondimento settimanale Dapprincipio scritto dal neonatologo Carlo Bellieni, ideato da Monica Mondo e curato da Antonella Becciu. In otto puntate è stato realizzato un viaggio, con una rigorosa analisi scientifica, per approfondire problematiche molto diffuse ma che spesso non sono debitamente divulgate. Da come è fatto il cervello umano e alla sua formazione, soprattutto durante i mesi della gravidanza, alla maternità e a un momento delicato come l’adolescenza con i suoi problemi e i suoi perché. Ma c’è stato anche spazio per analizzare in modo approfondito tante difficoltà e disagi derivanti dal drammatico mondo delle dipendenze, purtroppo in continua crescita con un silenzio davvero complice di chi dovrebbe essere in prima linea per attuare serie politiche di prevenzione.
Un esempio di quanto possono essere formativi i media ecclesiali se adoperati in modo intelligente. Era proprio questo lo spirito con il quale il Concilio Ecumenico Vaticano II promulgò il decreto Inter mirifica sui mezzi di comunicazione sociale. “Tra le meravigliose invenzioni tecniche – si legge nel documento – che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato, la Chiesa accoglie e segue con particolare sollecitudine quelle che più direttamente riguardano le facoltà spirituali dell’uomo e che hanno offerto nuove possibilità di comunicare, con massima facilità, ogni sorta di notizie, idee, insegnamenti.
Tra queste invenzioni occupano un posto di rilievo quegli strumenti che, per loro natura, sono in grado di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l’intera umanità. Rientrano in tale categoria la stampa, il cinema, la radio, la televisione e simili. A ragione quindi essi possono essere chiamati: strumenti di comunicazione sociale”.
Un invito eloquente a non aver paura dei media, ma anzi ad adoperarli per diffondere il messaggio evangelico. È proprio quello che fa Francesco su Twitter e Instagram per non far mancare la sua voce lì dove abita l’uomo, ovvero anche nel mondo dei social. Per il Papa, infatti, “anche e-mail, sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. Le reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi. L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale”.