di Sergio Marotta*

È uscita in questi giorni per i tipi de Il Mulino la traduzione italiana del libro di Paul De Grauwe I limiti del mercato. Da che parte oscilla il pendolo dell’economia? Si tratta di un testo importante se non altro perché è stato scritto da uno dei maggiori studiosi dell’economia dell’Unione europea, autore del manuale sul quale si formano le nuove generazioni di economisti nelle università di diversi Paesi Ue.

Ma il libro è soprattutto un esempio di chiarezza nell’esposizione di problemi economici complessi che diventano immediatamente comprensibili anche per i non addetti ai lavori. De Grauwe non è un sostenitore di teorie economiche antisistema, ma è anzi un economista molto ascoltato che insegna alla London school of economics: fonda le sue tesi sulle teorie di studiosi sicuramente mainstream come Daniel Kahneman – vincitore del premio Nobel per l’economia 2002 – o Raghuram G. Rajan e Luigi Zingales e su teorie politiche di grande successo come quelle di Robinson e Acemoglu.

La tesi principale sostenuta nel libro è che il mercato così come oggi lo conosciamo non ha ancora molto tempo innanzi a sé e che le prospettive per il futuro sono tutt’altro che rosee. Il mercato, infatti, rischia di raggiungere presto i suoi limiti e di andare a sbattere contro un muro. Secondo De Grauwe il muro che il mercato si troverà innanzi è costruito, innanzitutto, dall’interno attraverso l’accentuarsi (oltre ogni limite) della diseguaglianza nella ricchezza materiale. Ciò, alla lunga, non è sostenibile e darà luogo, come è già avvenuto in passato, a una reazione violenta da parte di coloro che si vedono privati dei necessari mezzi di sostentamento e che diventano ogni giorno più numerosi.

Ma questo limite interno non è il solo e non è neanche il più pericoloso. L’altro limite è esterno al mercato ed è quello ambientale dal momento che il mutamento climatico, di cui oggi vediamo chiaramente gli effetti, non ha un andamento lineare e quindi non possiamo prevedere se e quando si verificheranno eventi catastrofici che sconvolgeranno il sistema economico prima ancora che raggiunga i suoi limiti interni.

Di questi due gravissimi pericoli che incombono sul mercato come due pesanti spade di Damocle, il primo è generato, secondo De Grauwe, dall’errata convinzione maturata dagli economisti – e acquisita poi dai mercati – che l’uomo si comporti nelle sue scelte quotidiane come un essere razionale. Senonché è necessario convincersi che il cosiddetto homo oeconomicus immaginato dagli studiosi non è, in realtà, quello che determina i comportamenti individuali. E ciò sarebbe dimostrato, tra l’altro, dagli studi dello psicologo israeliano Daniel Kahneman, sui comportamenti irrazionali degli esseri umani nel campo economico.

Kahneman “ha sviluppato l’idea – sono parole di De Grauwe – che all’interno del nostro cervello siano in funzione due diversi sistemi. Il Sistema 1 è legato al comportamento emotivo e intuitivo ed è il più antico in termini evolutivi. Questo governa le emozioni come paura, panico, euforia, simpatia, disgusto e così via, ed è anche il sistema che regola le emozioni come l’amore e il sentimento di giustizia. Il Sistema 2 è la parte della mente umana razionale e calcolatrice. È il sistema che ci porta a soppesare ciò che è meglio per il nostro benessere, facendo analisi costi-benefici prima di arrivare a prendere una decisione”.

Questi due sistemi sono in lotta tra loro determinando e condizionando nelle diverse contingenze il comportamento individuale. L’individuo è portato più spesso ad agire seguendo il Sistema 1, quello irrazionale, soprattutto perché è più veloce ed è quello più facile da usare. Mentre il Sistema 2 comporta un notevole sforzo da parte dell’individuo che non sempre viene realizzato: “Secondo Kahneman, il Sistema 2 è ‘pigro’ e ciò può eventualmente portare gli individui a fare calcoli non sufficientemente razionali e a lasciar guidare il processo decisionale al Sistema 1 (il sistema emotivo)”.

Insomma il comportamento irrazionale finisce per prevalere nelle scelte dei consumatori e anche delle aziende generando una frattura tra la razionalità individuale e la razionalità collettiva che mette in crisi le basi stesse su cui si fonda l’idea di mercato.

 Continua su Economia e Politica

*Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”

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