È la saudade il sentimento che avvolge il Tempo (Nau Records) di Rosàlia De Souza, l’album più intimo di una delle interpreti brasiliane di bossa nova più famose al mondo. Un sentimento che come spiega la cantante, arrivata in Italia trent’anni fa, “non è solo nostalgia ma anche e soprattutto la speranza di rivivere i luoghi e gli amori che abbiamo vissuto, un modo positivo di guardare al futuro”. Rosalia dall’Italia non si è più mossa se non per girare il mondo con la sua musica, vive a Lecce e scherzando dice: “In Sa-lento ho trovato un popolo più lento dei brasiliani”. E in questo disco c’è tanta Italia a partire dalle canzoni scritte e cantate da lei in Italiano. Un disco sussurrato dove le emozioni viaggiano e s’incrociano sui ritmi e i colori della bossa nova e del samba, del jazz e del bolero fino ad arrivare alla musica popolare brasiliana. Atmosfere malinconiche e romantiche come la canzone che apre il disco, Io e te, una poesia declamata su un tappeto jazz. In Como um dia si riflette su come “il ricordo della nascita di un amore, può cancellare la tristezza della sua fine”. La pace interiore definita Tropical e l’unica cover del disco, O que sarà, di Chico Buarque. Un’interpretazione intensa e diversa da tutte le innumerevoli versioni che l’hanno preceduta. L’album sarà presentato live la notte di San Lorenzo, Il 10 agosto a Villa San Martino di Martina Franca, all’interno del Locus Festival.
Tempo è un disco introspettivo, riflessivo. Com’è nato?
È nato da un atto d’amore. Verso me stessa, verso la musica, verso persone. Nato per ricordare, se ci fosse bisogno, che sono brasiliana e che la felicità non è un sentimento ma una decisione. È nato dopo momenti di difficoltà e incomprensioni. È nato raccontando storie, mie e di altri che ho vissuto per interposta persona, che mi hanno emozionato nel bene e nel male. È nato da energie tra musicisti che sono persone, prima dei titoli, che credono nella diffusione delle proprie idee, non solo a parole ma nei fatti.
Tempo esce a nove anni di distanza dal suo ultimo disco, in questo lungo periodo cosa ha fatto?
Basterebbe la vita stessa a rispondere. Nove anni in cui i figli sono cresciuti, ho compiuto i famosi ‘anta’, ho scritto tanto, letto tanto, viaggiato sia per lavoro sia per ricerca personale, insegnato e imparato alcune tecniche di canto e respiro ed infine bilanciato, nel senso proprio di mettere sulla bilancia, tutto quello che ho fatto e tutto quello che voglio fare.
Che rapporto ha col tempo?
Non porto orologi da anni. Il mio tempo viene scandito dalle necessità del mio cane, del mio figlio minore, della mia sopravvivenza fisica. Ho momenti della giornata in cui mi dedico a me come la meditazione, il canto, la passeggiata. Alcune volte, poche per la verità, esco per divertimento, per lo più vado al cinema o al mare con il mio compagno. Poi c’è il tempo ritmico. Adoro sentire musiche che esplorano questo universo incredibile come la musica tradizionale bulgara o indiana.
È la prima volta che scrive canzoni in lingua italiana. Quanto è stato difficile?
Tantissimo, anche perché la lingua italiana è difficile, ma dopo trent’anni passati in questo paese credo possa considerarsi un obiettivo superato.
Che rapporto ha con l’Italia?
L’Italia la amo e la odio, come tutti gli italiani. Ma questo credo sia comune, dovunque si vada. Anche il Brasile mi suscita la stessa sensazione.
Cosa ama e cosa odia?
Amo la sua bellezza naturale, la sua storia e la sua lingua che trovo bellissima, mentre odio il fatto che l’italiano si lamenti sempre, ricco o povero, del nord o del sud che sia. Energia negativa che mette in circolo e che non gli permette di godersi la vita.
E con la musica italiana?
Un rapporto pessimo sinceramente. Sento cose vecchie e abbastanza pop come Lucio Battisti, Lucio Dalla, Domenico Modugno, Pino Daniele. Poco di tradizionale e meno ancora di opera, che considero la vera anima della musica italiana.
Ha detto che “Ritornare alle origini non è guardare indietro ma rafforzare qualcosa che si ha dentro.” Quanta Italia c’è dentro quest’album?Molto. Tutto quello che non so fare per esempio. Non so gridare, non so ‘nasalisare’ la mia voce, non so imitare i famosi. La straordinaria lingua italiana è stata per me un obbiettivo preciso: saper esprimere ciò che anima e cuore sentono e raccontarlo con la stessa precisione della mia lingua madre.
Ha mai pensato di ritornare in Brasile?
Tutti i giorni, è uno dei miei obiettivi. L’Ideale sarebbe stare sei mesi all’anno in Italia e sei mesi in Brasile per vivermi sempre l’estate, ma non è facile. Vorrei finire i miei giorni nella mia terra.