“Non c’è un’emergenza sicurezza connessa agli stranieri”, il tasso di detenzione dei non italiani “è diminuito di oltre 2 volte negli ultimi 10 anni”. Mentre aumenta – seppur di poco – il numero totale di carcerati che sono 58.759. I nuovi ingressi sono “stati 24.380 nei primi mesi del 2018”, meno rispetto alle 25.144 persone del primo semestre dello scorso anno. Segno di un’attività criminale non in aumento. Questa è la fotografia scattata da Antigone nel report di metà anno presentato a Roma, frutto di 30 visite in carcere effettuate in quattro mesi. Un quadro diverso dal clima di delinquenza percepita dalle famiglie italiane insieme al rischio criminalità che ha spinto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ad annunciare interventi legati alla legittima difesa. E i numeri nel medio-lungo termine – secondo Antigone – divergono anche dai dati sugli arresti degli immigrati forniti dal Viminale dopo il ferimento dell’atleta azzurra Daisy Osakue.
Numeri di nuovo in crescita: rischio sovraffollamento – “La situazione non è cambiata di molto da inizio anno e dall’ultimo report – spiega al Fattoquotidiano.it Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio Antigone – La cosa da notare è che i numeri delle persone in carcere stanno crescendo di nuovo”. Si registra un più 2.000 detenuti nel corso dell’ultimo anno, che sono passati dai 56.289 del marzo 2017 ai 58.223 del marzo 2018, per arrivare ai 58.759 di oggi. “Abbiamo ancora nella memoria quello che è successo poco tempo fa con l’emergenza carceri quando in cella erano stipati oltre 68mila detenuti in situazioni disperate. Una condizione che ci è valsa la condanna della Corte europea dei diritti e la dichiarazione dello stato d’emergenza”.
Nel pre-rapporto Antigone si legge che i nuovi ingressi “sono stati 24.380 nei primi mesi del 2018, in calo rispetto alle 25.144 persone entrate nel primo semestre del 2017”. Mentre il numero totale dei detenuti – 58.759 – vede un aumento di 672 unità in soli 5 mesi. Cosa vuol dire? All’aumentare – seppur ancora fortunatamente minimo – dei detenuti non corrisponde un “incremento degli ingressi dalla libertà in carcere”, ovvero di nuovi arresti. Secondo Antigone, i motivi possono andare dal minor numero di arresti, alla maggiore durata delle custodie cautelari, fino a pene inflitte più lunghe. Ma soprattutto sono numeri da ricondurre ad un basso investimento nelle misure alternative. Che porta al dato più allarmante, quello del sovraffollamento: ci sono 8.127 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, si legge nel rapporto. “Dopo la sentenza Torreggiani – spiega Scandurra – abbiamo avuto una tendenza alla decrescita. Adesso che il sovraffollamento non è più percepito come emergenza, i numeri sono di nuovo in crescita”.
Diminuiscono gli stranieri – Alla presenza di stranieri, chiarisce il coordinatore di Antigone a Ilfatto.it, “abbiamo voluto dare spazio perché c’è un clima avvelenato oggi in Italia”. Secondo il rapporto, non c’è un’emergenza sicurezza collegata agli stranieri: il tasso di detenzione degli stranieri in Italia, si legge, è diminuito di oltre 2 volte negli ultimi 10 anni. I detenuti stranieri sono addirittura diminuiti in termini assoluti rispetto al 2008. A fronte di un numero di non italiani residenti regolarmente o irregolarmente pari a 3.023.000, nel 2008 i detenuti erano 21.562. Oggi su 5.958.000, dietro le sbarre sono finiti in 19.868 passando da uno 0,71% di tasso di detenzione immigrati allo 0,3%. Tradotto: la metà. Sono in crescita, invece, rispetto allo scorso anno (aprile 2017) quando erano 19.268 su un totale 56.436 detenuti. Mentre l’ultimo dato disponibile al 30 giugno 2018 parla di 19.868 stranieri. Un aumento in linea con la crescita generale del numero di detenuti.
In totale gli stranieri rappresentano il 33,8% della popolazione detenuta. Un numero che va letto anche alla luce della maggiore facilità al controllo su queste persone: “Se sei di colore, è molto più probabile che ti fermino anche solo per un controllo”, spiega Scandurra. A questo dato va aggiunto quello degli stranieri non europei: 13.490, ossia il 22,9% della popolazione detenuta. Nell’ambito di questo 22,9%, la presenza di detenuti con regolare permesso di soggiorno, seppur non stimata ufficialmente, è – secondo indagini a campione effettuate nei grandi istituti di pena – inferiore al 20%. “Se è più grande il numero di irregolari è perché per loro è più difficile integrarsi”, l’interpretazione dei dati fornita da Antigone.
Il caso dei rumeni: meno 1.103 in 5 anni – Per i regolari, il percorso d’integrazione è più agevolato, perché sono europei. Un caso, ad esempio, è rappresentato dai detenuti rumeni. Nel rapporto di Antigone viene definito “paradigmatico”: negli ultimi 5 anni i carcerati provenienti dalla Romania sono diminuiti di 1.103 unità, scendendo da 3.661 a 2.558, nonostante il numero degli immigrati dal Paese dell’est Europa sia aumentato. Numeri che devono passare per il setaccio dell’integrazione: “Man mano che passa il tempo dal suo insediamento in Italia una comunità esprime un minor numero di detenuti al proprio interno”, spiega il rapporto. Insomma, il “patto di inclusione produce sicurezza”, recita il documento dell’Osservatorio. Ciò accade quando una comunità diventa parte integrante dell’economia e della società italiana. Di conseguenza diminuisce il rischio per i suoi membri di finire in carcere. Gli ucraini hanno un tasso di detenzione più o meno identico a quello degli italiani. Poco superiore è il tasso di detenzione di moldavi, romeni, etiopi, ungheresi. “La regolarizzazione è anche funzionale alla sicurezza del paese, alla riduzione dei crimini – afferma Antigone – Una grande regolarizzazione degli attuali irregolari determinerebbe, alla luce dei dati statistici, un’ulteriore riduzione della presenza di detenuti stranieri”.
E dagli stranieri reati meno gravi – C’è da dire, poi, che gli stranieri commettono reati meno gravi rispetto agli italiani. È straniero il 44.64% dei detenuti cui è stata inflitta una pena inferiore a un anno, mentre sono solo il 5,6% gli ergastolani (che sono complessivamente 1.726). Considerando, invece, i reati più gravi – ad esempio la criminalità organizzata – il 98,75% dei detenuti condannati per questi delitti è italiano, solo l’1,25% è straniero.
“Costruire nuove carceri non è la soluzione”- Di fronte al rischio che le carceri tornino a sovraffollarsi, qual è l’ipotesi ventilata? Nel contratto di governo M5s-Lega si fa riferimento alla costruzione di nuove carceri. Non la soluzione migliore, secondo Antigone. Almeno nel breve periodo. Stando ai calcoli dell’associazione, mettere in piedi un nuovo istituto penitenziario per circa 250 detenuti costa attorno ai 35 milioni di euro. Una misura “costosa, inefficace”, perché “ci vogliono anni per costruire un carcere”. Ma anche “sbagliata”, sostiene il report, “dal punto di vista della politica criminale”. “Il punto non è che non si possono costruire carceri – chiarisce Scandurra -Non è un tabù e non deve esserlo. C’è un piano ordinario di edilizia penitenziaria, come è normale che sia, con un ricambio fisiologico. Ma deve essere gestito in una cultura di ordinarietà, non seguendo una percezione di emergenza, perché va di moda la galera e politiche più repressive. Poi tra 5 anni cambia la maggioranza e cosa ce ne facciamo delle costruzioni avviate?”.
Il nodo delle soluzioni alternative – No al carcere come unica pena: da sempre la soluzione per gli addetti del settore è la misura alternativa che diversifica il sistema sanzionatorio. Sono 28.621 i detenuti in misura alternativa (16.554 in affidamento in prova al servizio sociale, 11.159 in detenzione domiciliare, 908 in semilibertà). “Potrebbero essere 50mila se non si chiudesse la porta del carcere agli oltre 20mila che potrebbero averne diritto avendo pene residue basse”, chiarisce il report. In particolare, sono 7.499 le persone impiegate in lavori di pubblica utilità, principalmente per motivi legati alla violazione del codice della strada. Mentre sono 17.205 i permessi premio concessi nel primo semestre del 2018. In media poco più di un permesso ogni tre detenuti. Ancora nel 2018, per troppi detenuti la pena si sconta tutta solo in carcere e i rapporti con l’esterno sono del tutto esigui. Un quadro che contribuisce a innalzare i tassi di recidiva. Oggi c’è la sensazione che le misure alternative siano “fantagalera, una non-pena, ma non è così”, spiega Scandurra. In realtà, sottolinea il coordinatore di Antigone, “ti preparano alla libertà in un luogo dove non hai autonomia. In cui guardi la televisione e prendi le gocce per dormire. Chiaramente arrivi alla libertà sguarnito di strumenti. Le pene alternative non devono essere un escamotage per alleggerire le carceri – anche perché sarebbe incostituzionale – ma devono essere intese come una palestra di libertà”.