Per quanto riguarda i Lea, le regioni inadempienti passano da 5 a 2, ma restano enormi differenze e problemi sul monitoraggio. Veneto in testa, Napoli cresce ma resta sotto la soglia minima, che invece è superata da Molise, Puglia e Sicilia
Meno Regioni inadempienti, ma restano le disuguaglianze e diverse lacune nel sistema di monitoraggio. È quanto emerge dai dati provvisori del monitoraggio sui Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) 2016 del Ministero della Salute, contenuti nel Rapporto di coordinamento di Finanza pubblica 2018 della Corte dei Conti e diffusi dal Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. I dati definitivi saranno pubblicati dal ministero, ma già questi sono significativi e si prestano a diverse letture. Perché se è vero che, in generale, migliora tra le Regioni italiane la capacità di garantire i Lea dato che passano da 5 a 2 (Campania e Calabria) quelle giudicate non in grado di erogare quei servizi e prestazioni che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, è anche vero che dal rapporto emergono enormi differenze tra Regioni. “La forbice che ancora c’è, anche tra quelle adempienti – commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato – è inaccettabile e conferma ancora una volta le profonde disuguaglianze che sono presenti nel nostro Servizio sanitario pubblico”. Si tratta di dati che vengono resi noti, tra l’altro, alla vigilia della discussione in Conferenza delle Regioni della proposta di riparto del Fondo sanitario nazionale, nella quale viene indicato un fabbisogno di 112,6 miliardi di euro, con un incremento dello 0,83% rispetto al 2017, quando sono stati ripartiti 111,7 miliardi. Nonostante un parere positivo sulla proposta del Ministro della Salute di rivedere i criteri di riparto del Fondo Sanitario Nazionale tra le Regioni, Aceti la ritiene non sufficiente.
CAMPANIA E CALABRIA INADEMPIENTI, VENETO PRIMA REGIONE – Il punteggio necessario che una Regione deve raggiungere per essere considerata adempiente è 160. Nel 2015 le Regioni inadempienti erano cinque: oltre a Calabria e Campania, c’erano anche Sicilia, Molise e Puglia, che nel 2016 hanno raggiunto rispettivamente 163, 164 e 169 punti. La Calabria è a 144, tre punti in meno rispetto all’anno precedente; la Campania, pur attestandosi su un punteggio ancora più basso (124, il peggiore in Italia), è la Regione che in assoluto ha guadagnato più punti (+18). È il Veneto la Regione con il punteggio Lea più elevato, pari a 209. Tra la prima e l’ultima Regione ci sono 85 punti di scarto, anche se quasi tutte hanno migliorato il proprio punteggio. A parte il caso Campania, tra quelle adempienti ad avere un incremento maggiore sono state Puglia (+14 punti), Sicilia (+10), Umbria (+10), Molise (+8), Veneto (+7), Abruzzo (+7). La Toscana ha registrato 4 punti in meno rispetto al 2015. Non sono disponibili dati di Valle D’Aosta, Trento, Bolzano, Friuli Venezia Giulia e Sardegna. “Se da una parte la riduzione da cinque a due delle Regioni considerate inadempienti rappresenta una buona notizia per i cittadini – ha dichiarato Tonino Aceti – dall’altra ci preoccupa il dato della Campania e, ancora di più, quello in calo della Calabria”. Secondo Aceti dai piani di rientro dal debito sanitario è necessario passare sempre di più a piani di rientro nei diritti dei cittadini in tutte le Regioni. “Non più solo equilibrio di bilancio ma soprattutto servizi accessibili, sicuri e di qualità in tutto il Paese” ha detto.
LE LACUNE DEL SISTEMA – Ma ad essere evidenziate sono anche alcune lacune nel sistema di monitoraggio. Secondo Cittadinanzattiva va rafforzato “a partire dalla sua capacità di fornire dati più attuali, evitando un ritardo di 2 anni”. “Non è pensabile – aggiunge Aceti – continuare a considerare adempienti Regioni che hanno tempi per l’arrivo del mezzo di soccorso sul posto superiori a 18 minuti o con un servizio di elisoccorso attivo solo di giorno”. Secondo Cittadinanzattiva nel Comitato nazionale Lea, organo preposto a valutare le Regioni, vanno introdotti anche i rappresentati delle organizzazioni civiche. “Il nuovo Sistema nazionale di garanzia dei Lea non è ancora sufficiente – spiega la onlus – deve essere rafforzato capitalizzando di più e meglio i dati del Piano Nazionale Esiti”. Qualche esempio? Misurare meglio ciò che accade sulle liste di attesa e l’attuazione del prossimo Piano nazionale, “verificare lo stato di applicazione del Piano nazionale della cronicità, piuttosto che “monitorare il livello di accesso alla vera innovazione”. Cittadinanzattiva chiede, infine, che i nuovi Lea diventino effettivamente accessibili attraverso lo sblocco del Decreto tariffe – conclude Aceti – e anche attraverso un rilancio del finanziamento del Servizio Sanitario Pubblico a partire dalla prossima Legge di Bilancio”.