Il presidente del Consiglio nazionale delle ricerche ha firmato i bandi di concorso riservati al personale con contratto di lavoro flessibile, che hanno maturato i requisiti per la stabilizzazione e che il recente aumento del finanziamento ordinario per il Cnr, deciso dal Miur la scorsa primavera, consentirà di incrementare di alcune centinaia di posti
L’anno scorso, era il 16 dicembre, un gruppo di precari del Cnr si era calati dal tetto restando appesi a settanta metri dal suolo. Chissà se tra quegli “equilibristi”, che avevano lanciato l’allarme “sulla ricerca pubblica è appesa un filo”, saranno stabilizzati nel piano annunciato dal presidente del Cnr Massimo Inguscio. Il Cda del Consiglio nazionale delle ricerche ha dato avvio formale alla procedura che condurrà alla stabilizzazione, entro dicembre, di circa 1.200 tra ricercatori, tecnologi e anche tecnici ed amministrativi attualmente precari. Inguscio – riferisce l’ente in una nota – ha provveduto, nei giorni scorsi, a firmare i bandi di concorso riservati al personale (ricercatori e tecnologi), con contratto di lavoro flessibile, che hanno maturato i requisiti per la stabilizzazione e che il recente aumento del finanziamento ordinario per il Cnr, deciso dal Miur la scorsa primavera, consentirà di incrementare di alcune centinaia di posti. Anche in questo caso le procedure andranno a concludersi entro la fine dell’anno.
“Ci eravamo impegnati, insieme al Consiglio di amministrazione, a procedere, nei tempi previsti, alla stabilizzazione del personale precario – dichiara Inguscio -. Si tratta non solo di contribuire alla soluzione del problema del precariato, ma anche di una grande opportunità per il Cnr, che può così consolidare l’investimento fatto negli anni in formazione del personale e rafforzare le proprie attività scientifiche in settori di fondamentale importanza per lo sviluppo e il progresso del Paese e per il successo della ricerca italiana. Èun passo importante verso la stabilizzazione del personale precario dell’ente. Proseguiremo su questa strada, con le risorse che attendiamo anche per gli anni 2019-2020″, conclude. L’anno scorso i ricercatori avevano, addirittura occupato la sede centrale e altre sedici sedi in tutta Italia: “Siamo arrivati a questo gesto, perché la nostra protesta a favore della stabilizzazione, prevista dal decreto Madia, non ha mai avuto luogo” avevano denunciano.
Foto di archivio relativa alla proteste dei ricercatori lo scorso inverno