La popolazione mondiale ha consumato tutte le risorse terrestri – frutta e verdura, carne e pesce, acqua e legna – disponibili per il 2018. È quanto reso noto nell’Earth Overshoot Day, che ricade il primo agosto e quest’anno riporta dati particolarmente allarmanti. A calcolare la data della giornata, che ogni anno ricorre prima poiché aumentano i consumi mondiali di natura, è il Global Footprint Network, un’organizzazione di ricerca internazionale, secondo la quale per soddisfare la domanda di risorse naturali occorrerebbero 1,7 Terre. Questo momento – sostiene l’organizzazione – si è spostato dalla fine di settembre del 1997 al 1° agosto di quest’anno. Mai così presto da quando il mondo è andato per la prima volta in ‘overshoot’ nei primi anni ’70. Da qui alla fine dell’anno perciò si consumerà più di quello che i sistemi naturali sono in grado di rigenerare, e si emetterà più CO2 di quanta gli oceani e le foreste ne possano assorbire.
Il Global Footprint Network informa che nel mondo non tutti attingono alle risorse disponibili nella stessa misura: se l’intera popolazione globale vivesse come gli statunitensi, servirebbero 5 Terre per soddisfarne i bisogni; 4,1 terre se tutti avessero lo stile di vita degli australiani, 3,5 dei sudcoreani, 3,3 dei russi, 3 dei tedeschi. L’Italia, nella classifica dei più voraci di natura, è decima: se tutti vivessero come noi, servirebbero 2,6 pianeti per alimentarsi. L’86% degli abitanti del mondo vive in un paese che è in debito ecologico. Dal lato opposto ci sono stati come l’India che invece si fermano allo 0,7%.
I costi di questo crescente sbilanciamento ecologico sono sempre più evidenti e tangibili: deforestazione, siccità, scarsità di acqua dolce, erosione del suolo, perdita di biodiversità e un accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera che alimenta il cambiamento climatico. L’insostenibilità deriva dal fatto che non esiste un limite alla crescita dell’economia, della produzione, dei consumi e della popolazione, mentre la Terra è una risorsa finita che non può essere aumentata.
La soluzione è allora quella di porre dei limiti per far sì che la data dell’Earth Overshoot Day si sposti sempre più avanti, l’obiettivo? poter ritornare al 31 dicembre. Secondo il Global Footprint Network i campi d’azione su cui occorrerebbe maggiormente lavorare sono quattro: città, energia, cibo e popolazione. Se venisse dimezzato il tempo passato al volante sostituendolo con spostamenti in mezzi pubblici si guadagnerebbero 12 giorni. Decarbonizzare l’economia tagliando metà delle emissioni attuali nel settore energetico regalerebbe 93 giorni, dimezzare lo spreco di cibo e adottare una dieta più sostenibile darebbe un “bonus” di 38 giorni. Da ultimo il controllo della crescita demografica: occorre far rallentare l’aumento della popolazione mondiale che dal 1970 ad oggi è raddoppiata.
I costi di questo eccesso ecologico globale – sostiene il Global Footprint Network – stanno diventando sempre più evidenti in tutto il mondo con deforestazioni, scarsità di acqua dolce, erosione del suolo, perdita di biodiversità, l’accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera. Global Footprint Network lancia l’hashtag #MoveTheDate “per porre fine a questo schema ecologico se l’umanità è intenzionata a prosperare”.