Affrancarsi dal Movimento 5 Stelle allargando la maggioranza a due consiglieri di destra (neanche tanto moderata). E a chi importa se si tratta di due ex assessori di spicco delle giunte di Gianni Alemanno e Renata Polverini: “tutto fa brodo”, come dicono ormai frequentemente dalle parti di via Rosa Raimondi Garibaldi. Nicola Zingaretti dice addio all’anatra zoppa e saluta con pochi rimpianti la necessità di dover rendere conto ai pentastellati per restare in sella alla guida della Regione Lazio. I due esponenti del gruppo misto alla Pisana, Enrico Cavallari e Giuseppe Cangemi, rispettivamente fuoriusciti dalla Lega e da Forza Italia, sono stati gli unici a sottoscrivere un’intesa programmatica di 10 punti proposta programmatica di “assunzione di responsabilità” lanciata dal capogruppo del Pd, Mario Buschini. Firma che di fatto ne certifica l’ingresso in maggioranza, portando i seggi “amici” da 25 a 27 su 51, condizione che si formalizzerà probabilmente mercoledì prossimo quando il Pd voterà in blocco l’elezione di Cangemi a vicepresidente d’Aula (al posto dell’arrestato Adriano Palozzi, già decaduto), a cui probabilmente seguirà la nomina di Cavallari a presidente di una commissione.
La regia dell’operazione, condotta in Aula “alla luce del sole” da Buschini, secondo tutti i ben informati porterebbe la firma del vicepresidente Massimiliano Smeriglio, ex Sel pro Pisapia divenuto col passare dei mesi il grande stratega della candidatura di Zingaretti alla segreteria del Pd. Nelle ultime settimane, infatti, il rapporto con i pentastellati in Consiglio si è fatto sempre più difficile. Roberta Lombardi è stretta fra la necessità di onorare il “patto” con Zingaretti di far durare la legislatura almeno un anno e le pressioni che arrivano dalla base pentastellata e dai vertici 5 Stelle, in particolare da Luigi Di Maio attraverso Virginia Raggi, che non passa giorno (lei o qualcuno dei suoi) senza punzecchiare attaccare il rivale Dem.
E anche per lo stesso aspirante leader Pd sta diventando difficile da sostenere il lavoro di attenta vigilanza sugli atti impostato dai consiglieri M5s; così come giustificare alcune proposte lontane dalla “cultura” politica del Pd, vedi la bozza di legge sui vaccini scritta da Davide Barillari. Insomma, nonostante la linea orlandiana sia ben diversa dal renzianissimo #senzadime, un governo regionale appeso agli umori grillini non è il massimo per la campagna nazionale di Zingaretti. Anche perché, proprio su questo punto, ci sarà da usare parole grosse nei confronti del governo gialloverde, come fatto nelle ultime ore sulla vicenda del presidente della Rai.
Ecco arrivare a fagiolo, dunque, le necessità di ricollocarsi da parte di due “senza casa” del centrodestra. Uno è Cavallari, eletto con la Lega e sbattuto fuori dalla porta dal neo coordinatore Zicchieri, con un passato nell’estrema destra romana e come assessore fedelissimo dell’ex sindaco Gianni Alemanno fra il 2008 e il 2013; l’altro è Cangemi, in gioventù parà della Folgore e più recentemente assessore regionale fedelissimo dell’ex governatrice Renata Polverini, fra il 2010 e il 2012. Le iniziali resistenze di un nutrito numero di consiglieri Dem sono state superate dall’impossibilità di coinvolgere consiglieri più moderati, su tutti Stefano Parisi – che chiedeva un’inversione di tendenza sugli inceneritori – e il centrista Massimiliano Maselli. “Se si è fatto in Parlamento, si può fare anche in Consiglio regionale”, si è detto durante un’infuocata riunione del gruppo Dem alla Pisana, in riferimento all’asse creatosi nella scorsa legislatura fra Matteo Renzi e i gruppi di Angelino Alfano e Denis Verdini.
Chi sta lavorando per far saltare il piano, mettendo in seria difficoltà la maggioranza, è Fratelli d’Italia. I meloniani, che a breve potranno contare su un quarto consigliere – Roberta Angelilli, subentrata a Palozzi in Forza Italia – hanno proposto al M5S di votare Chiara Colosimo vice presidente d’Aula, in opposizione a Cangemi. Ma i pentastellati hanno parecchi dubbi sul da farsi e sono più orientati ad astenersi dalla votazione, marcando la loro equidistanza sia dall’una che dall’altra parte. E lasciando ancora una volta il punto a Zingaretti e al suo stratega Smeriglio.