“Penso ad esempio a Pompei: chi ci va a novembre? Magari la prima o tutte le domeniche di quel mese si può aprire gratis perché non c’è tanta gente. Il problema è quando si viene costretti dal ministero ad aprire la prima domenica di agosto, con migliaia di turisti stranieri che arrivano e pensano che gli italiani sono pazzi perché li fanno entrare gratis”. Il ministro Alberto Bonisoli sembra proprio che abbia deciso. La gratuità di musei, siti archeologi e luoghi della cultura introdotta dal suo predecessore ogni prima domenica del mese verrà eliminata. Uno dei vanti dell’ex ministro Dario Franceschini scomparirà. Non più orde di turisti che si riverseranno nel Foro romano e sul Palatino oppure nelle sale del Museo nazionale romano a Palazzo Massimo, a Roma. E neppure nei giardini della Reggia di Caserta. Tanto meno a Palazzo Pitti, a Firenze e ai Musei reali di Torino.
Quelle prime domeniche del mese che, secondo la vulgata franceschiniana, sono “un fatto culturale e sociale (…) che ha trainato l’aumento dei visitatori a pagamento, hanno avvicinato i cittadini ai musei delle loro città, hanno convinto comuni e privati a uniformarsi all’iniziativa coi loro musei”, sono state a dire il vero anche altro. Sono state fonte di preoccupazione per i direttori di moltissimi luoghi della cultura. Una preoccupazione per l’incolumità di materiali esposti in musei e antiquarium, ma anche delle strutture più sensibili conservate in tanti siti archeologici. Quelle aperture, se hanno avuto il merito di aprire le porte del nostro patrimonio musealizzato, hanno anche insensatamente eliminato ogni necessaria regolamentazione dei flussi turistici.
Perché è innegabile che il patrimonio culturale italiano debba essere fruibile a tutti. Ed è ugualmente necessario che i beni che il Mibac ha il compito di tutelare e valorizzare siano accessibili, liberamente. Ma non può negarsi che la loro fruizione non possa trasformarsi in consumo indiscriminato. Quindi Bonisoli fa bene a intervenire in questo corto circuito culturale, disinnescando l’ordigno preparato dal suo predecessore. Il ministro ha ragione a volere interrompere il sovraffollamento preordinato. Tanto più che sembra che la fine delle prime domeniche gratuite decise dal Mibac coincida con aperture gratuite scelte, autonomamente, dai singoli direttori. Circostanza questa che dovrebbe premiare realtà finora non adeguatamente valorizzate. Tanto più se decise sulla base dei flussi registrati nei diversi periodi degli anni passati.
Magari sarebbe auspicabile che il ministro, contestualmente a questo cambiamento, decidesse di reintrodurre la gratuità per gli over 65, scriteriatamente eliminata da Franceschini. In questo modo verrebbe realmente ristabilito un criterio ispirato alla democrazia. Un criterio che permette a tutti davvero di entrare in un sito archeologico oppure un museo. A tutti, ma in giorni differenti. Fin qui Bonisoli merita un sincero apprezzamento.
Dove però appare più difficile mostrarsi in linea con il suo ragionamento è sulle motivazioni che sopraintenderebbero a questa sua “riforma”. “Se uno pensa di pagare una cosa e improvvisamente diventa gratis sembra un po’ una fregatura: portare avanti questo progetto ben oltre il periodo per cui era stato pensato non va bene”, sostiene infatti il ministro. Ma non è propriamente così. Non è la gratuità oppure il pagamento e neppure l’ultima che si trasforma nella prima ad accrescere l’appeal di una sala di un museo. Né tanto meno di una parete affrescata di una domus. La qualità, come l’unicità sono gli aspetti che contraddistinguono un’opera d’arte. I caratteri che spingono il turista alla visita.
Incrementare l’interesse nei confronti dei luoghi della cultura si può fare anche senza trasformare le sale di molti musei oppure diverse aree archeologiche in ammassi disumani di persone che non riescono ad orientarsi nella confusione. Riuscire nell’impresa di attrarre nuovi visitatori lo si può fare anche diversificando. Insomma rispettando un po di più i luoghi e le persone che li visitano. Questa si chiama valorizzazione.