Simone Cuppari, boss dell’omonima ‘ndrina reggina, è stato arrestato in provincia di Bergamo dai carabinieri di Chieti. Cuppari era a capo della cosca proveniente da Brancaleone ed era al centro di un giro di traffico di sostanze stupefacenti e riciclaggio, con base a Francavilla al Mare, nel Teatino, ma con ramificazioni in tutta Italia. Proprio per traffico di cocaina, lo scorso 10 luglio l’uomo era stato condannato a 28 anni di carcere.
Non solo. Su Cuppari, 36enne di origini calabresi, pendono tre ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Dda di L’Aquila, di Reggio Calabria e dal Tribunale di Pescara, oltre aalla condanna di primo grado a 28 anni per traffico di cocaina, emessa dal Tribunale di Chieti. Il boss era già riuscito a farla franca nell’ambito delle operazioni “Sparta” e “Banco Nuovo” condotte dai Carabinieri di Pescara e di Locri. Mentre era sfuggito alla cattura a febbraio 2017, durante l’operazione chiamata “Design”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila e condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Chieti. Oggi arriva la notizia del suo arresto. L’uomo è stato individuato ed arrestato carabinieri teatini il 31 agosto, in una casa anonima della provincia di Bergamo.
Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Chieti erano iniziate nel 2014. Hanno portato alla luce una rete criminale ben consolidata sul territorio abruzzese, con tutte le caratteristiche della criminalità organizzata calabrese. Le investigazioni sono andate avanti per oltre due anni e hanno consentito di individuare la “cellula” ‘ndranghetista abruzzese, con a capo Simone Cuppari. Il 36enne da tempo residente sulla costa chietina, ha consolidato un’efficiente e proficua rete di traffico di stupefacenti, prevalentemente cocaina. La “merce” arrivava da un gruppo di affiliati alla ‘ndrangheta, stanziati in Lombardia, a loro volta riconducibili, per vincoli di sangue o parentela acquisita, alle famigerate famiglie della “Locale di Platì”, dai quali si rifornivano con carichi di cocaina con cadenza periodica. La droga veniva così smerciata sul territorio abruzzese, tra Chieti e Pescara. Quanto guadagnato dallo spaccio veniva poi reinvestito in attività commerciali, dalle scommesse alla ristorazione.
Tutti i personaggi coinvolti provenivano dall’area calabrese ed erano strettamente collegati, per parentela diretta o indiretta e per fitte reti di scambio criminale, con le più note famiglie ‘ndranghetiste della “Locale di Africo“. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i profitti realizzati venivano, in parte, reimpiegati in attività imprenditoriali in Calabria, ad esempio nel commercio di auto e nella realizzazione di grandi villaggi turistici. Le indagini, infatti, hanno messo in luce la particolare propensione del gruppo ‘ndranghetista, nell’investimento dei capitali, acquisiti illecitamente, in attività imprenditoriali e commerciali, nonché la capacità di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale, anche, e paradossalmente, attraverso il consenso acquisito, costituendo per taluni personaggi locali fonte di lavoro e di sostentamento.
Ieri, il Cuppari è stato bloccato dai carabinieri di Chieti mentre si apprestava a partire per le vacanze estive con la moglie ed i suoi due figli, prenotate in una nota località veneta. Per lui si sono aperte le porte del carcere di Via Gleno a Bergamo dove sicuramente trascorrerà il ferragosto.