Il ministro Costa firma la circolare per far rientrare gli impianti che stoccano l'immondizia tra quelli controllati nei piani della prefettura. A Pavia il prefetto ha pianificato verifiche a sorpresa. Ma osservatori e addetti: "Servono soluzioni strutturali per diminuire la spazzatura negli stabilimenti". Una fonte del Noe al Fatto.it: "Bisogna abbassare le tariffe di smaltimento per agevolare quello legale"
Una “più assidua attività di controllo” nei siti di stoccaggio di rifiuti e una “costante opera di sensibilizzazione verso i gestori” degli impianti. Il governo risponde con una circolare ai prefetti per far fronte al problema dei roghi negli stabilimenti che trattano monnezza: d’ora in poi diventano i siti sensibili da inserire nei piani di controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. Una mossa che cerca di calmare le paure dei cittadini, impauriti dalle notizie su allarmi diossine, divieti di mangiare le verdure dell’arto e di uscire di casa che ogni rogo si porta con sé. L’ultimo caso alla ribalta nazionale è stato Caivano. Sul fronte della prevenzione degli incendi degli impianti, fenomeno ormai fuori controllo e difficile da decifrare del tutto, secondo molti osservatori la mossa del ministro dell’Ambiente Sergio Costa di concerto col Viminale servirà a poco, perché tratta gli incendi come emergenza di pubblica sicurezza e non interviene alla radice del problema.
Impianti pieni di rifiuti che nessuno vuole
Che succede? Qualche imprenditore ha parlato di intimidazioni, ma molti richiamano l’attenzione sugli stoccaggi vicino o sopra il limite consentito nella maggior parte degli stabilimenti italiani. Il nostro Paese non ha al momento un numero di inceneritori in linea con i suoi bisogni di smaltimento e così succede che la monnezza – soprattutto gli scarti di trattamento delle raccolte differenziate urbane – rimane a lungo parcheggiata nei piazzali degli impianti prima di trovare una destinazione, in molti casi un inceneritore o una “discarica stranieri”. In impianti già ad alto rischio incendio per la natura delle loro attività, l’aumento degli stoccaggi fa crescere i pericoli. In certi casi non manca la tentazione – illegale – di disfarsi con le fiamme di spazzatura ammassata, facendo così spazio e risparmiando sui costi di smaltimento che in Italia, proprio per il basso numero di impianti, sono ormai schizzati alle stelle.
L’ultimo impianto ad aver preso fuoco è la piattaforma di selezione della differenziata Di Gennaro a Caivano, in provincia di Napoli, che dopo il fermo di altri due impianti campani nelle scorse settimane causa incendio aveva comunicato di non poter ricevere rifiuti aggiuntivi. Nonostante l’appello al consorzio Corepla, che da parte sua respinge ogni addebito, nei piazzali la situazione è rimasta critica.
Il ministro: “Più controlli, fare presto”
Nessuna risposta a aumento scarti
Da soli, però, i controlli difficilmente potranno disinnescare le tendenze in corso: niente potranno fare di fronte all’aumento delle raccolte differenziate che portano con sé una crescita degli scarti. E non serviranno a molto di fronte alle dinamiche commerciali mondiali, come la chiusura delle frontiere cinesi da gennaio 2018 a molte tipologie di rifiuti – carta e plastica comprese – del resto del mondo. Secondo l’Ispra oggi in Italia dobbiamo gestire circa 38 milioni di tonnellate di scarti dei trattamenti di monnezza, in cui rientrano anche quelli delle differenziata dei cittadini. Una montagna di spazzatura ben superiore ai rifiuti urbani, circa 30 milioni di tonnellate. “Le Regioni devono iniziare a considerare anche gli scarti della differenziata nella loro pianificazione degli impianti”, dicono il direttore di Unirima, l’associazione delle piattaforme della carta, Francesco Sicilia, e il direttore dell’associazione di impianti di selezione Assesele Michele Rizzello, sentiti in questi giorni anche dal consiglio regionale del Piemonte nell’ambito di un’indagine conoscitiva sugli incendi. E se nella stessa audizione Gabriele Muzio delle associazioni imprenditoriali Api e Confapi si è soffermato sul coinvolgimento degli operatori nel processo delle autorizzazioni, Rizzello ha respinto le insinuazioni: “Associare colui che recupera i rifiuti ad un criminale non ci sta bene”.
Chi indaga sui rifiuti: “Serve soluzione strutturale”
Misure mancanti
Anche altri provvedimenti che potrebbero contribuire a prevenire il fenomeno degli incendi rimangono lettera morta. Da un lato c’è la richiesta arrivata da più parti di formare una task force nella Direzione nazionale antimafia, dall’altra la proposta di una serie di misure pratiche. In consiglio regionale il direttore di Assosele Rizzello ha proposto tra le altre cose di rendere obbligatoria l’assicurazione antincendio e di incentivare l’installazione negli impianti di termocamere per attivare tempestivamente i soccorsi in caso di roghi. La stessa proposta fu avanzata in un’interrogazione dalla deputata Claudia Mannino nella scorsa legislatura: sistemi che “fotografano” solo la temperatura. Ma l’allora ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti aveva risposto chiamando in causa le norme che limitano la videosorveglianza dei lavoratori.