Diverse intercettazioni ambientali dimostrano, secondo il gip, che Alessandro Panella, ai domiciliari con l'accusa di aver provocato la morte del giovane militare di leva, voleva partire per Chicago e non rientrare mai più: "Appena arrivo in Usa lo comunico al consolato". Il ruolo dei famigliari e il "mistero" degli anfibi, conservati per 19 anni e buttati una settimana prima della perquisizione
“Se stavolta riescono a incastrarmi, mi sa che ci muoio in carcere“. Era ottimista solo il fratello di Alessandro Panella, lui no. L’ex caporal maggiore della Folgore, ai domiciliari da giovedì mattina perché accusato dell’omicidio volontario del commilitone Emanuele Scieri avvenuto il 13 agosto 1999 nella caserma Gamerra di Pisa, temeva che la sua situazione potesse complicarsi. Anche per questo, forse, aveva prenotato un volo per Chicago di sola andata. Voleva tornare negli Stati Uniti, dove lavora da dieci anni, e non fare più ritorno. Lo dimostrano – e anche per questo il gip Giuseppe Cipoletta ha ordinato l’arresto – le intercettazioni ambientali captate tra l’ex militare e i suoi famigliari.
“Parto e rinuncio alla cittadinanza” – È il 26 luglio quando la conversazione tra Panella, suo fratello e suo padre viene captata negli uffici della procura: “Alessandro – dice il padre – l’importante è che tu riesca a partire”. E il fratello aggiunge: “Vagliela poi a notificare la roba, gli do un indirizzo sbagliato“. “Ha cambiato casa, non ci sta più”, ribadisce il padre. “Me stai a chiarì le idee papà – aggiunge Panella – Mi chiarisce le idee su quello che voglio fa’, ‘ndo voglio sta’. Io per esempio prima avevo il dubbio di rimanere in Italia ora non ce l’ho più. Rinuncio alla cittadinanza e appena arrivo in Usa lo comunico al consolato”.
La questione degli anfibi – Dalle carte emerge anche come gli investigatori, lo scorso 26 luglio, abbiano sequestrato anche gli anfibi che Panella aveva in dotazione quando prestava servizio alla Brigata paracadutisti Folgore. Un particolare non da poco, poiché secondo la ricostruzione della procura Scieri fu costretto a salire sulla scaletta della torre dalla parte esterna e poteva tenersi solo con le braccia. Chi ne provocò la morte, gli pestò le mani con gli scarponi, lui mollò la presa, fino a precipitare per 12 metri, fino a spezzarsi la colonna vertebrale. E c’è una conversazione captata dalla microspia collocata sulla sua auto, mentre lo stesso Panella, insieme al fratello e al padre, stanno andando dal pm per l’interrogatorio nel quale, poi, l’indagato si avvarrà della facoltà di non rispondere.
“Ho buttato quelli vecchi” – Durante il tragitto il fratello di Panella fa riferimento agli anfibi sequestrati lamentando il fatto di averli conservati per così tanto tempo e chiede all’indagato, scrive il gip, “cosa possono provare gli anfibi”. Panella risponde ipotizzando che “attraverso la riesumazione del cadavere vengano recuperate tracce biologiche della vittima, per incastrarlo”. Tuttavia poco dopo, mentre la stessa conversazione si infittisce sul dettaglio della morte procurata a Scieri perché “preso a calci”, l’indagato dice che “gli anfibi sequestrati” sono quelli della dotazione della Folgore ma sono quelli “nuovi, ovvero mai indossati” mentre “quelli vecchi li ho buttati via una settimana fa”.
La conversazione tra i genitori – Un’altra conversazione, questa intercettata in auto lo scorso 30 maggio 2018, tra i genitori dell’arrestato rivela che la madre di Panella, parlando col marito della vicenda Scieri si sentiva rassicurata dal fatto che il figlio fosse andato a casa a Cerveteri, in provincia di Roma, il 14 agosto 1999, collocando erroneamente la morte del giovane siciliano alla data del 15 agosto 1999. Questo erroneo ricordo temporale degli eventi avrebbe rassicurato la donna riguardo alla estraneità del figlio alla morte di Scieri.