L'ex candidata sindaco alle recenti amministrative tra i 13 provvedimenti cautelari eseguiti al'alba di oggi 2 agosto dalla Dia della città nissena.
Un sistema di favoritismi all’interno della pubblica amministrazione per agevolare gli imprenditori che le chiedevano aiuto, e avere poi vantaggi di ritorno. L’ex presidente del consiglio comunale di Messina, Emilia Barrile, è stata arrestata questa mattina. La politica, prima Pd poi Forza Italia, si trova ai domiciliari ed è accusata di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, atti contrari a doveri ufficio e violazione dei doveri di imparzialità nei confronti della pubblica amministrazione. L’inchiesta, denominata “Terzo livello”, ha svelato l’esistenza di un comitato d’affari che per anni ha gestito la cosa pubblica nella città dello Stretto. In totale sono 13 i provvedimenti cautelari – un arresto in carcere, dieci ai domiciliari e due misure interdittive – portate a termina dalla Dia di Messina, insieme al Centro operativo di Catania, Palermo, Reggio Calabria, Bari, Roma, Caltanissetta, coordinate dalla procura guidata da Maurizio De Lucia. Nelle indagini sono coinvolti anche funzionari di alcune partecipate del Comune come l’ATM, società che gestisce i trasporti pubblici.
Barrile – ex centrosinistra passata al centrodestra per poi transitare alla fine a una lista civica sua, quella de i Leali – è stata la più votata alle ultime elezioni comunali dove ha preso 2800 preferenze. La lista, però, non ha superato lo sbarramento del 5% e Barrile non è più tornata al Consiglio Comunale. La donna, che è ai domiciliari, é accusata di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, atti contrari a doveri ufficio e violazione dei doveri di imparzialità nei confronti della pubblica amministrazione. Tra gli indagati anche l’imprenditore della grande distribuzione Antonio Fiorino. Barrile utilizzava il potere del suo ruolo, e facendo pressioni su dirigenti e funzionari comunali, agevolava le pratiche degli imprenditori “amici”. Quelli che si rivolgevano a lei per un aiuto. Come Fiorino, che sarebbe stato agevolato nelle pratiche amministrative e tutelato da imprese concorrenti. Barile avrebbe ostacolato l’apertura di un esercizio commerciale nella zona dell’imprenditore amico.
Tra i nomi coinvolti c’è anche quello del direttore generale dell’azienda di trasporti Atm, Daniele De Almagro, che sarebbe stato favorito dalla Barrile in cambio dell’assunzione nella società di un autista, che non aveva i requisiti per svolgere il lavoro. Indagato anche il costruttore Vincenzo Pergolizzi: la Barrile gli avrebbe fatto acquistare, grazie alla complicità del funzionario comunale Francesco Clemente, il terreno comunale dove doveva realizzare una palazzina. C’è poi anche il commercialista Marco Ardizzone e gli imprenditori Angelo Pernicone e Giuseppe Pernicone, titolari di una società di vigilanza che svolgeva l’attività in occasione di eventi allo stadio. In cambio di agevolazioni nelle pratiche amministrative la Barrile avrebbe ottenuto l’assegnazione a una coop che controllava della gestione dei punti di ristoro allo stadio. E proprio Ardizzone era lo “stratega” nel sodalizio a delinquere con Barrile, che di volta in volta agiva come “ispiratore e consigliere dei propositi criminosi della donna”. Mentre i Pernicone risultano coinvolti anche nell’inchiesta “Matassa”, e per questa già in custodia cautelare per associazione a delinquere di tipo mafioso ed intestazione fittizia di beni aggravata da metodo mafioso.
“Le indagini – scrive il gip che ha disposto le misure cautelari – rivelano la consuetudine della Barrile allo sfruttamento del potere di influenza che deriva dal ruolo pubblico per esercitare pressioni su dirigenti e funzionari del Comune per garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di imprenditori cittadini a lei collegati da un inquietante logica del do ut des, essenzialmente costituito con prospettiva di ritorno sia elettorale che di assunzioni di parenti vicini presso attività imprenditoriali”.Secondo gli investigatori, inoltre, la donna era il vero dominus di due coop, la Peloritana Servizi e la Universo Ambiente, che gestiva attraverso prestanomi. Grazie ad amicizie, come quella con un personaggio già coinvolto in un blitz antimafia con l’accusa di concorso in associazione mafiosa, riusciva a gestire alcuni servizi di ristorazione e di fornitura di steward per il parcheggio all’interno dello stadio cittadino. Gli investigatori parlano anche di cooperative fatte “ad arte” con l’assunzione di giovani per svolgere dei lavori per la Pubblica amministrazione. “Il tutto per avere consensi”, è la ricostruzione. “Attraverso i patronati si agevolavano i giovani per poi avere la disoccupazione”, dicono gli inquirenti.