2 agosto 1980. Sono passati 38 anni da quell’afoso sabato. Alle 10.25 un’esplosione alla stazione centrale di Bologna provoca 85 morti e 200 feriti: la strage più sanguinaria nella storia italiana. E una ferita che ancora non si rimargina perché ancora manca buona parte della verità. La città di Bologna, i familiari delle vittime non dimenticano e nella commemorazione ufficiale si appellano alla politica. Per l’ennesima volta chiedono giustizia per una vicenda che ha troppe domande ancora da chiarire.
“In questa sala sono passati rappresentanti di governi di tutti i tipi, di ogni colore politico. Tutti quanti ci hanno dato speranze, indicazioni e possibilità”. È iniziato così il discorso di Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage, nell’aula del Consiglio comunale, alla presenza di Alfonso Bonafede – la prima volta di un ministro alla Giustizia alla commemorazione -. Bolognesi ha chiesto come ogni anno la desecretazione degli atti sulle stragi attraverso la piena applicazione della direttiva Renzi “finora non avvenuta”, e della legge del 2004 sui risarcimenti per i parenti. Si tratta di richieste portate avanti dall’associazione ormai da un trentennio. Ha poi sottolineato che “Bonafede è il primo ministro della Giustizia che viene” in Consiglio comunale per la cerimonia. “La sua presenza – ha sottolineato rivolgendosi a Bonafede – è un segno di attenzione che i familiari delle vittime gradiscono e ci attendiamo da lei risposte e soprattutto che se farà delle promesse saranno mantenute”.
E non si tira indietro il ministro Bonafede che con la sua presenza non vuole portare solo “la vicinanza dello Stato ai familiari delle vittime”, “ma anche l’impegno, per la prima volta serio, a lavorare con loro per la realizzazione di tutte le richieste”. A margine della cerimonia di commemorazione del 2 agosto 1980 ammette: “Quello che mi compete di più fra queste richieste, è la digitalizzazione dei vari atti e la desecretazione, affinché anche i momenti più bui della storia di questo Paese possano essere conoscibili dal popolo italiano e dalle nuove generazioni che, non avendo vissuto quelle stragi, non sanno spesso di che cosa si tratta”. “E allora – prosegue – dobbiamo fare in modo che il popolo italiano possa conservare la sua memoria anche sui fatti più drammatici perché soltanto così si può costruire qualcosa di realmente migliore”. Una verità che “è un diritto sacrosanto che non hanno solo i familiari delle vittime della strage di Bologna ma tutto il popolo italiano”, un “obbligo morale prima ancora che politico”.
Anche il presidente della Camera Roberto Fico parla dello Stato che se “non cerca la verità fino in fondo non si può dire Stato”. Come “un’Italia che non cerca la verità sulle Stragi del nostro Paese non è compiuta. Si può costruire fino in fondo solo quando sono raggiunte le verità sostanziali. Lo Stato che non cerca la verità non mi rappresenta, non lo voglio”. Il messaggio è che lo “Stato c’è, ci deve essere al 100%, non come spesso è accaduto in questi 30 anni”, ha detto il presidente della Camera, prima di salire sul palco, commentando la sua presenza alle commemorazione. Fico, arrivato alle 9 e 25 in stazione, ha sfilato nell’ultimo tratto del corteo che da Palazzo D’Accursio ogni anno arriva al piazzale antistante la stazione dove scoppiò la bomba che uccise le 85 persone. Il pentastellato si è detto disposto “a settembre” a “organizzare con tutte le vittime una riunione operativa con la Camera, per capire come muoverci nel modo migliore”. Presente anche il segretario del Pd Maurizio Martina: “Per me il messaggio fondamentale di oggi è che anche nella legislatura che si è aperta dobbiamo tutti contribuire a questo lavoro e, dalla maggioranza all’opposizione, bisogna avere tutti una tensione alla verità e penso che ci sono le condizioni per fare tutti dei passi in avanti”.
Parla di strage “fascista”, il sindaco di Bologna Virginio Merola, “perché esiste la verità storica, sono esistite ed esistono forze nazifasciste ed è esistito e esiste l’antifascismo e la sua necessità presente e futura”. Il primo cittadino del Pd è partito quindi un implicito riferimento a Matteo Salvini, pur senza nominarlo: “A chi sottovaluta e cerca di ridurre a episodi isolati le recrudescenze fasciste, antisemite e razziste nel nostro Paese e in Europa diciamo in modo chiaro e fermo, e come sindaco mi sento un po’ umiliato nel doverlo dire: ditelo ai familiari delle vittime del 2 agosto e ai bolognesi, guardandoli in faccia, senza la scorciatoia dei social network, che non esiste più il problema del fascismo”.
“Ora e sempre resistenza” è stato il coro che è partito spontaneo ed è stato ripetuto da una parte delle persone nella piazza della stazione di Bologna, poco prima dei tre fischi del locomotore che danno il via, alle 10.25, al minuto di silenzio in onore delle vittime del 2 agosto 1980. Silenzio rispettato poi da tutta la piazza, gremita, e che è sfociato in un lungo applauso.
Per la strage di Bologna sono stati condannati gli ex Nar Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. A marzo 2018 è iniziato un nuovo processo sulla strage di Bologna in cui è imputato Gilberto Cavallini, anche’egli ex Nar accusato di concorso in strage a 38 anni dall’esplosione alla stazione. Prosegue il percorso dell’inchiesta della Procura generale sui mandanti dopo l’avocazione del fascicolo con l’avvio di una rogatoria in Svizzera. Sotto la lente i movimenti da un conto bancario elvetico, riconducibile al maestro venerabile della Loggia P2 Licio Gelli. Il Venerabile morto nel 2015, già condannato per depistaggio proprio nelle indagini sulla strage di Bologna.