Mentre il sole scompare all’orizzonte, alle spalle dell’Aquarius, e le prime luci delle stelle compaiono in cielo, la vita a bordo comincia lentamente a rallentare. Da un lato la Sardegna e Carbonia, dall’altro il mare calmo, blu e denso.
Dopo la partenza mercoledì da Marsiglia si comincia a fare conoscenza della nave e dei suoi equilibri. Il primo giorno di navigazione inizia – e così sarà per tutta la durata del viaggio – con un morning meeting per fare il punto sulle attività. L’equipaggio di queste missioni è generalmente più o meno equamente suddiviso: un terzo delle persone sono del team di Sos Mediterranèe, l’organizzazione umanitaria che noleggia la nave dal febbraio del 2016, un terzo di Medici senza Frontiere (sono loro, in caso di soccorsi e quindi di esigenze sanitarie, a prendere in carico la gestione delle operazioni) e un terzo dalla crew che materialmente fa funzionare la nave.
L’Aquarius è una signora del mare di 41 anni: la sua costruzione, per la Guardia Costiera tedesca per attività di sorveglianza della pesca, è stata completata nel 1977. All’epoca si chiamava Meerkatze, ovvero “Gatto di mare”. Oggi questa nave di 77 metri è di proprietà della Jasmund Shipping, batte bandiera di Gibilterra e la Hempel Shipping GmbH fornisce i servizi di gestione tecnica e noleggio. È possibile seguire il suo percorso, nel corso di questa missione, in tempo reale sul sito https://onboard-aquarius. org/, un diario di bordo on line e un’operazione trasparenza per documentare posizione dell’imbarcazione, stato della navigazione, velocità, mappa, operazioni in corso.
I meeting si susseguono. Si prosegue con quello sulla sicurezza, e con una vera e propria simulazione di cosa fare in caso di situazioni di pericolo. Le procedure a bordo sono fatte di regole chiare e rigide, e tutti – equipe medica, crew, attivisti, Search and Rescue team – devono seguire percorsi prestabiliti. Non c’è improvvisazione, in caso di pericolo. Non ci deve essere panico. Il pensiero corre agli incidenti con i libici che pure, in passato, hanno coinvolto navi ong.
Le ore scorrono veloci, perché i tanti giorni di navigazione per raggiungere la zona SAR (l’Aquarius dovrebbe arrivare in quell’area per il weekend) vengono impiegati dai vari team per preparare la nave e il suo equipaggio, giornalisti inclusi, ed essere pronti ad affrontare quello che in gergo si chiama evento SAR: il salvataggio di persone in mezzo al mare.
Dopo pranzo, i ragazzi di Medici Senza Frontiere puliscono il ponte della nave. Lì dove i migranti andranno ad affrontare la navigazione verso un porto di sbarco in caso di salvataggio. Un ponte coperto, con possibilità di mettere persone anche al piano di sopra. Un ponte ora vuoto dove nel pomeriggio chi vuole può, alla fine delle attività, sgranchirsi. O prendere a pugni un sacco da boxe.
Prima però – e subito dopo le pulizie – è la volta di un altro meeting , questa volta sul “Mass Casualty Plan”. David, il medico di bordo, e Aoife, energica irlandese di Cork e infermiera, spiegano al resto dell’equipe coinvolta – ostetriche, infermiere, logisti, mediatori culturali di SOS e MSF – questa procedura che scatta nel momento in cui ci sono più di tre persone in stato di incoscienza a bordo. Può succedere per ogni eventualità, per esempio per un incidente o in caso di incendio sulla nave. Ma anche qui, naturalmente, ci si prepara principalmente al momento del soccorso.
Era successo ad aprile, ci raccontano. La clinica di MSF viene “allargata”, ogni persona dello staff medico ha una sorta di backup umano prestabilito cui chiedere aiuto logistico. “Qui salviamo vite”, spiega Aoife. “Tutti, anche voi giornalisti, lascerete quello che state facendo in quel momento, qualunque cosa sia, e verrete qui a dare una mano per assistere le persone e salvarle”.
Aquarius “continuerà a soccorrere persone in difficoltà in mare nel pieno rispetto del diritto marittimo”, spiega una nota ufficiale di SOS Mediterranèe e Medici Senza Frontiere. “Continuerà a coordinare la propria attività con tutte le autorità marittime competenti nel rispetto delle convenzioni internazionali marittime”. Si parlerà anche, eventualmente, con il centro di coordinamento libico, spiegava il presidente di SOS Mediterranée Francis Vallat, nel corso della conferenza stampa prima della partenza a Marsiglia. Ma verrà rifiutato “qualunque ordine di sbarcare in Libia le persone soccorse in mare o di trasferirle su qualunque altra nave che le porterebbe in Libia”. Non solo: la nave “rispetterà ordini di non-intervento solo se saranno dispiegate altre navi per assistere le persone in difficoltà e portarle in un porto sicuro”.
Cala la sera. C’è chi chiacchiera, chi legge, chi prova a comunicare con qualcuno a terra. L’età media è giovane. L’atmosfera internazionale, con connessioni e sovrapposizioni culturali. C’è chi viene dalla Romania, chi dall’Egitto, chi dalla Svizzera, chi dalla Grecia.
C’è chi se ne va a dormire presto – la cena, in teoria, sarebbe prevista tra le 17.30 e le 18.30. I turni di veglia e sonno sono a rotazione, e tra i corridoi si parla a bassa voce, perché ci potrebbe essere qualcuno in cabina a dormire in vista di una sveglia in piena notte. Il wifi va e viene, le comunicazioni sono difficoltose. Si parla in inglese, scatta il francese quando due connazionali si incrociano, naturalmente vale lo stesso anche per tutte le altre lingue. Gli italiani a bordo sono tre, tutti nell’equipe di SOS Mediterranèe: Alessandro e Viviana, entrambi nel team di Ricerca e Soccorso – sono loro ad andare materialmente in mare con i gommoni e a recuperare le persone – e Guglielmo, il fotografo dell’organizzazione umanitaria.
Oggi si comincia con le esercitazioni: gommoni in mare e simulazioni. Tutto deve essere pronto per il fine settimana, quando l’Aquarius arriverà in zona SAR. Mentre era a Marsiglia, spiegano le due organizzazioni, la nave “è stata dotata di una nuova imbarcazione veloce di soccorso per garantire soccorsi più efficienti”. Data “l’aumentata probabilità che le persone soccorse in mare dovranno trascorrere più giorni a bordo prima di poter sbarcare in un porto sicuro, sono state imbarcate scorte supplementari di cibo e forniture mediche”. Blu, giusto sotto al ponte di comando, è stato installato un container refrigerato “per conservare i cadaveri”. “Per la maggiore probabilità di morti in mare”, spiegano SOS Mediterranèe e MSF.