Dopo il mancato accoglimento della richiesta da parte del Comitato promotore dei festeggiamenti, Accorinti si è allontanato e la processione si è conclusa regolarmente sotto l’occhio attento dei carabinieri
I carabinieri sono intervenuti a Zungri, in provincia di Vibo Valentia, per interrompere la processione della “Madonna della Neve” dopo che un presunto boss della ‘ndrangheta, Giuseppe Accorinti, di 59 anni, aveva preteso di essere incluso tra i portatori dell’effige. Alla richiesta si è opposto, però, il Comitato promotore dei festeggiamenti e ne è scaturita una discussione. A tutta la scena hanno assistito i carabinieri che erano in servizio d’ordine sul posto e che hanno immediatamente bloccato la processione. “Quanto accaduto è certamente un fatto increscioso” ha detto il vescovo di Mileto, mons. Luigi Renzo. “Purtroppo, accade a volte che circostanze di questo tipo non possano essere previste nell’immediatezza – ha aggiunto – , ma nel momento in cui si verificano è necessario intervenire con risolutezza, così com’è avvenuto in questa occasione”.
Dopo il mancato accoglimento della richiesta da parte del Comitato promotore dei festeggiamenti, Accorinti si è allontanato e la processione si è conclusa regolarmente sotto l’occhio attento dei carabinieri della stazione locale e quello dei colleghi nel frattempo sopraggiunti da Tropea. Il rito è stato autorizzato dai carabinieri su richiesta di alcuni fedeli e del Comitato promotore dei festeggiamenti che sostenevano che non ci fosse nessun motivo ad impedire lo svolgimento della processione. Alcuni tra gli organizzatori sono dunque stati convocati in caserma per i chiarimenti del caso, e sono state avviate indagini per definire i contorni dell’episodio. I militari stanno ascoltando sentendo il parroco, don Giuseppe La Rosa, ed alcuni fedeli per ricostruire i fatti e inviare un’informativa alla Procura della Repubblica di Vibo Valentia.
Il vescovo Renzo, tra l’altro, aveva varato nel 2015 un nuovo regolamento sulle processioni per la scelta dei portatori delle statue, che in passato in molti casi era stato monopolio delle famiglie mafiose che per i propri rampolli le identificavano come una sorta di consacrazione del loro ruolo sociale sul territorio. Il regolamento delle processioni prescrive che la scelta dei portatori sia fatta per estrazione da un elenco di prenotati il giorno della Domenica delle Palme. Ai parroci, in collaborazione con il comitato festa, spetta vigilare sulla scelta dei portatori. In ogni caso “non sono ammessi a questo compito – si legge nel nuovo regolamento – persone aderenti ad associazioni condannate dalla Chiesa, che siano sotto processo per associazione mafiosa o che siano incorse in condanna per mafia, senza prima aver dato segni pubblici di pentimento e di ravvedimento”.
In Calabria sono infatti numerosi i casi di ingerenze dei boss di ‘ndrangheta nelle processioni, con la pretesa di essere inseriti tra i portatori della statue sacre e di ricevere in queste occasioni specifici atti di omaggio. Nel luglio del 2014, ad Oppido Mamertina, nella Piana di Gioia Tauro, il maresciallo dei carabinieri comandante della locale caserma che coordinava il servizio d’ordine durante la processione della statua della Madonna delle Grazie si allontanò dopo che l’effige fu fatta sostare, in segno di omaggio e di rispetto, davanti alla casa del boss Giuseppe Mazzagatti. Il sottufficiale, su quanto accaduto, inviò una dettagliata informativa alla Dda di Reggio Calabria. Quell’episodio fece scattare l’intervento del Vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, mons. Francesco Milito, che dispose la la sospensione per tre anni di tutte le processioni religiose nella Piana di Gioia Tauro.
Episodi analoghi si sono verificati negli ultimi anni anche in provincia di Vibo Valentia. Due i casi più eclatanti, rimasti negli annali della ‘ndrangheta, verificatisi a Sant’Onofrio ed a Stefanaconi. Nel primo centro, in particolare, “regno” della cosca Bonavota, su disposizione del vescovo, mons. Renzo, il rito dell’”Affruntata”, l’incontro cioè nel giorno di Pasqua tra la Madonna ed il Cristo Risorto, fu “commissariato” per due anni. In occasione di una delle due interruzioni, le statue furono portate dai carabinieri, mentre la volta successiva a sostenere le effigi sacre furono i volontari della Protezione civile comunale, scelti in base ad un sorteggio e dopo un’attenta disamina della loro fedina penale. Analoga procedura fu seguita per un anno, sempre su disposizione di mons. Renzo, a Stefanaconi dopo la scoperta della pesanti ingerenze da parte della cosca Patania. Anche in quel caso i portatori furono estratti a sorte tra i volontari della Protezione civile. Sempre su disposizione di mons. Renzo era stato anche rimosso “l’incanto” ovvero un sistema di offerte in denaro, libere o celate, in base al quale si stabilivano i portatori delle effigi sacre.