Perché non ci dovremmo preoccupare se nell’annuale classifica sulla libertà di stampa in 180 paesi l’Italia quest’anno si colloca al 46esimo posto, molto dietro Ghana e Namibia?
In tempi come questi, nei quali più del fatto vale la percezione costruita con vere e proprie campagne di marketing e le notizie artefatte sono diventate una pratica che invade i social, questa notizia dovrebbe invece far temere per le sorti della democrazia, che non c’è senza libertà d’informazione.
Se non preoccupa i nostri governanti che non hanno fatto una piega, questa notizia almeno preoccupa noi che della catt iva informazione siamo soggetti privilegiati. L’argomento rom e sinti oramai è un paradigma della pessima, faziosa e falsa informazione e dell’incitamento all’odio e alla discriminazione veicolata da buona parte di media e politica.
Faccio un ultimo esempio. Risalta l’atteggiamento tenuto da tutti gli organi d’informazione – non solo i soliti noti, che peraltro fanno il loro mestiere fino a quando non trasformano la faziosità in falsità – riguardo alla Giornata di protesta europea del 2 agosto 2018, quando nella stessa giornata il Movimento europeo di rom e sinti ha manifestato in diversi paesi d’Europa. C’era già sta la dichiarazione istituzionale del Parlamento spagnolo di condanna delle dichiarazione di Salvini del 28 giugno e la grande manifestazione di Madrid e Barcellona del 26 e 27 giugno. Poi la settimana dal 28 al 6 agosto con epicentro il 2, anniversario della strage degli ultimi 2897 rom e sinti del Lager nazista di Auschwitz-Birkenau.
A Roma rom e sinti davanti a Montecitorio, a Belgrado, a Sofia, a Skopje, a Praga, a Bratislava, come prima a Bucarest, davanti alle ambasciate italiane migliaia di rom hanno protestato contro l’incitamento all’odio e alla discriminazione, alle posizioni oggettivamente razziste che stanno provocando aggressioni e violenze fisiche oltre alle normali aggressioni dei vigliacchi dei social, un fenomeno oramai patologico, non solo in Italia (un caso particolare è l’Ucraina dove sono stati uccisi un giovane e una donna e feriti bambini e donne da gruppi nazisti).
Lasciando stare le notizie non dette o dette a metà o raccontando frottole sul presidio di Roma (di cui si è accorto persino il Washington Post, non ci risulta che ci siano state dal dopoguerra a oggi manifestazioni davanti all’ambasciata d’Italia contemporaneamente in tanti paesi e tutte con un attacco esplicito a un membro così rilevante del governo italiano come l’attuale ministro dell’interno. Al di là del merito, il fatto costituisce di per sé una notizia e piuttosto rilevante. Oppure che migliaia di persone manifestino di fronte alle nostre ambasciate contro le politiche e le parole di un ministro dello Stato, considerato razzista non è più una notizia perché superata dalla realtà?
Come è possibile ignorarla quando stampa e tv ci informano persino se piove in Lousiana?
E invece no, la notizia è rimasta avvolta nel più assoluto silenzio, persino quando l’ambasciatore italiano a Skopje, in Macedonia, ha dovuto accettare l’invito della piazza, uscire dall’ambasciata e fare una dichiarazione ispirata al rispetto dei principi della costituzione italiana. È che alle volte ci dimentichiamo che noi facciamo notizia solo se viviamo in baracche ai margini estremi della “civiltà” per la gioia di politici e “commentatori” per i quali gli “zingari” sono tutti ladri e invece di infestare le belle periferie d’Italia devono “nomadare” (un neologismo che somma l’ignoranza all’intolleranza razzista).
Il minimo che possiamo fare è domandare ai direttori di giornali e testate televisive perché hanno ignorato questa notizia; all’organismo democratico di rappresentanza dei giornalisti se non vi siano gli estremi di una violazione del diritto d’informazione e infine fornire i link di quello che è successo in Europa per una obiettiva valutazione se la notizia meritasse una corretta informazione, senza pretendere ovviamente un atto di contrizione per la distrazione.