Il cielo è ancora velato di grigio, spazzato di continuo dal rumore degli elicotteri che continuano a gettare l’acqua del fiume Reno sulle fiamme. Per strada, pezzi di gomma carbonizzati. Sui muri dei palazzi, a una manciata di metri dal cavalcavia, non c’è un vetro intatto, così come sono quasi tutte frantumate le vetrine dei pochi negozi ancora aperti in paese. Chi aveva le tapparelle abbassate, necessaria difesa dal caldo di agosto, ora se le ritrova accartocciate, in un modo che fa immaginare l’intensità dell’esplosione, capace di devastare un intero isolato e farsi udire in mezza provincia bolognese.
Quella che si ha camminando per le vie di Borgo Panigale, un paio d’ore dopo l’incendio dell’autocisterna che ha causato il crollo del viadotto sulla tangenziale, uccidendo almeno una persona, è l’immagine di un campo di battaglia. Le porte al piano terra sono aperte e molte case evacuate per la messa in sicurezza, ma gli abitanti del quartiere sono per strada perché dopo il grande spavento nessuno vuole rimanere solo. In tanti portano i segni del fuoco sul loro corpo: tra piccole abrasioni e ustioni più serie, c’è anche chi si è già fatto medicare e ora rimane con la paura stampata sul volto e il ricordo di “quel ciocco della Madonna”, come dicono qui a Bologna. Qualcuno ha temuto un attentato, molti hanno pensato a una bomba, altri hanno creduto fosse precipitato un aereo, con il Marconi a una manciata di chilometri.
La detonazione, invece, è stata causata dall’esplosione di un tir che conteneva gpl, saltato in aria sul tratto urbano della A14 per il surriscaldamento causato da un fiammata dopo l’incidente con un camion. Una dinamica che, con ogni probabilità, ha limitato il numero delle vittime tra gli automobilisti in transito su quel tratto di autostrada, ma beffarda per chi abita a due passi e si è avvicinato alla scena: “Dopo la prima vampata si continuavano a sentire raffiche di colpi secchi, come degli spari, e molti sono usciti per andare a vedere cosa stava succedendo”, racconta uno dei residenti di via dei Caduti di Amola, proprio di fronte al luogo dell’incidente. Così in tanti, tra cui almeno una decina di agenti della polizia coinvolti nei soccorsi, hanno riportato ustioni, facendo arrivare a cento il numero dei feriti.
La visione di quella scena ha impressionato anche chi combatte le fiamme per mestiere: “Non ho mai visto un lavoro del genere, sembrava di essere nel film Fuoco assassino”, ammette uno dei tanti vigili del fuoco arrivati sul posto durante un breve momento di pausa insieme ai colleghi, quando ormai l’incendio è quasi sconfitto. E in pausa, intorno alle 14, erano anche gli operai della Maresca e Fiorentino, storica concessionaria di Bologna che ha sede pochi metri sotto quello che, in pochi minuti, si è trasformato in un inferno: “Era uno di quei classici momenti di totale relax prima di tornare nel caldo dell’officina – spiega Riccardo Brasa, uno dei dipendenti – quando un collega, appena uscito dalla sala in cui avevamo mangiato, entra di scatto nella stanza e inizia a urlare ‘Uscite, uscite, c’è un incendio’”. Affacciati sul portone, esattamente sotto al cavalcavia, “abbiamo visto una colonna di fumo immensa, di un nero intensissimo, mentre sentivamo come in sottofondo questi botti secchi, probabilmente i copertoni delle macchine intorno che scoppiavano”.
La situazione è allarmante, ma non si percepisce ancora la gravità. Poi, all’improvviso, “un botto devastante. Sono stato sbalzato via dall’onda d’urto, anche se nella mia testa pensavo di essermi allontanato dalla paura”, ricorda Brasa. Nel capannone crolla il controsoffitto e le vetrine vanno in mille pezzi, mentre all’esterno alcune macchine della concessionaria prendono fuoco, così come a fine giornata si conteranno altre macchine saltate in aria nel parcheggio del salone Autoluna Peugeot, sul lato opposto del cavalcavia. Ma, danni economici a parte, quello che anche il tempo farà fatica a curare sono gli attimi di terrore vissuti dalle persone che abitano il quartiere, come spiega la madre di due bambine piccole che vivono a pochi passi dall’esplosione: “Fisicamente stanno bene, sono rimaste lontane e non hanno ustioni. Ma le conseguenze emotive di quello che hanno provato non si vedono oggi, se si riprenderanno da questo choc lo sapremo solo tra tanto tempo, o magari non lo sapremo mai”, dice sulla porta di casa, mentre le figlie ammutolite si nascondono dietro di lei.