Primo scenario
Dodici braccianti africani, di cui sette regolari, sfruttati nei campi pugliesi di pomodori, sono morti vicino a Foggia nell’impatto tra un tir e un furgone illegale, malandato, stipato di uomini che tornavano dal lavoro nei campi. Solo sabato scorso, sempre nel Foggiano, altri quattro braccianti stranieri erano stati vittime di un frontale. Dietro, c’è la mafia italiana del caporalato, che – con la complicità di “vicecaporali” africani e imprenditori agricoli italiani – taglieggia i migranti, pagati irregolarmente 3 euro l’ora per 10 ore sotto il sole cocente. Da vent’anni si consuma questo dramma, mentre la legge anticaporalato non è fatta rispettare.
Secondo scenario
Per sfuggire alla miseria hanno passato i confini in tanti, spesso clandestinamente. E pur di lavorare accettano una paga assai più bassa rispetto a quella degli abitanti della zona, che disdegnavano quell’impiego, duro e mal retribuito. I quattro soldi servono per fare campare le famiglie lontane. Lavorano in condizioni penose. Alcuni “abitano” in capanni col tetto di frasche. Tantissimi dormono all’aperto. Chi vive nella zona li considera ladri e sporchi. La rabbia esplode con un pretesto non del tutto chiaro. Fatto sta che una mattina la gente del posto attacca i capanni che ospitano gli immigrati: inizia una gigantesca caccia allo straniero.
È un altro racconto di quello che succede in tante zone d’Italia? Macché. Sembra. È un’altra storia: risale al 1893. Però è anche la “stessa” storia. Diversi i protagonisti. Le vittime della caccia cominciata il 17 agosto di 125 anni fa furono gli italiani immigrati nella zona di Aigues-Mortes, cittadina della Camargue nel Sud della Francia. Erano lì per lavorare nelle saline. Il bilancio finale dei morti tra gli operai italiani non è mai stato accertato: 9 secondo le stime ufficiali francesi. Il Times di Londra parlò di almeno 50 vittime. Secondo altre fonti arrivarono addirittura al centinaio. Una rivolta xenofoba che pochi ricordano, raccontata tra l’altro in un bel libro di Enzo Barnabà: “Morte agli italiani! Il massacro di Aigues-Mortes 1893” (Infinito, 2008).
Gli italiani, allora, erano chiamati dai francesi “Christos” o “Macaronis”. Erano emigranti stagionali, come quelli accampati oggi nel nostro Sud; arrivavano dal vicino Piemonte e da altre regioni. In Italia l’agricoltura era in crisi. I prezzi del cibo erano aumentati. In Piemonte, poi, i vigneti erano decimati da malattie come fillossera, iodio, peronospora. Il lavoro era scarso e pagato pochissimo. Non restava che emigrare.
Il ricercatore piemontese Alessandro Alemanno spiega che «si svolgeva in un ambiente paludoso, dove sempre erano in agguato le febbri malariche… Da secoli l’estrazione del sale era occupazione riservata quasi esclusivamente agli ex galeotti, ma proprio nel 1893 la Compagnia delle saline aveva assoldato 600 italiani».
Scrive lo storico francese Jean-Claude Hocquet: «Tutti questi operai lavoravano in condizioni penose, esposti tutto il giorno a un sole ardente, con gli occhi bruciati dal bagliore accecante dei cristalli di sale che scintillavano al sole, senza altra ombra dove riposare gli occhi che non fosse quella del cappello a larghe falde, coi corpi che gocciolavano di sudore, coperti di graffiature, scorticati dal canestro di vimini, mal protetti da una tela di sacco gettata sulla spalla, con le mani tagliate dai cristalli di sale, calzando zoccoli di legno guarniti di paglia».
Eppure il settimanale Mémorial d’Aix allora incitava all’odio (come nel nostro Paese fanno ora alcuni quotidiani): «Gli italiani cominciano ad esagerare con le loro pretese: presto ci tratteranno come un Paese conquistato». Il quotidiano Le Jour chiedeva di proteggere i francesi «da questa merce nociva, e peraltro adulterata, che si chiama operaio italiano».
Conclusioni
Leggendo queste ultime valutazioni giornalistiche, sembra di scorrere commenti concepiti oggi in Italia. Anche ad Aigues-Mortes certi amministratori pubblici e certi leader avevano fatto da sponda all’odio per raccogliere consensi. D’altra parte, la storia dell’emigrazione italiana è costellata da eventi tragici. È chiaro però che la barbarie è sempre dietro l’angolo e che il ruolo di vittime e carnefici è intercambiabile. Forse la storia non riesce davvero ad essere “maestra di vita”? Di certo, la ignorano per primi i politici nostrani che cavalcano la xenofobia. E l’ignoranza, assurta a forma di presuntuosa “cultura”, genera mostri.