Derivati e coop. Un mix esplosivo per il gruppo Unipol che nel 2012 è uscito dalle secche grazie a Fondiaria Sai, Mediobanca e, secondo i pm torinesi, una bella mano di vernice sui conti alla base delle valutazioni delle due compagnie oggetto di una travagliatissima fusione. Che oggi anche gli inquirenti ritengono sia avvenuta a un prezzo fissato dal compratore, la Unipol capeggiata da un Carlo Cimbri che non ammette dinieghi, non sulla base dei valori di mercato delle società coinvolte – e quotate in Borsa – ma della disponibilità economica del gruppo delle Coop, da far combaciare con la sua necessità di avere il controllo dell’attuale campione italiano del ramo danni. Con buona pace delle regole e dei risparmiatori, che hanno così involontariamente contribuito al “salvataggio” di via Stalingrado, oggi sostenuto da buona parte dei consumatori italiani che ne comprano le polizze.
È quanto emerge dalle carte della chiusura dell’indagine torinese sul filone più delicato del caso Fonsai, quello appunto sul prezzo che Unipol ha pagato per rilevare la compagnia dei Ligresti, anticipate da un dettagliato articolo pubblicato dalla Stampa martedì 7 agosto. E che ricostruiscono in oltre 300 pagine il contesto e le condizioni in cui è maturata ed è andata in porto una delle operazioni più importanti e discusse del mercato italiano degli ultimi anni. Con tanto di forzature, colpi bassi, pressioni sui consulenti per far tornare i conti, veleni, papelli nascosti e arbitri scesi in campo di cui, all’epoca dei fatti, si era occupato assiduamente anche Il Fatto Quotidiano.
Il contesto del resto era molto delicato e la materia sensibile, come possono essere il risparmio dei soci delle cooperative da una parte e, dall’altra, i crediti di Mediobanca e Unicredit fortemente esposte sia verso i Ligresti che verso la compagnia delle coop. Che, a quanto oggi rilevano anche i magistrati, se la passava tutt’altro che bene. Secondo la versione di Giovanni Consorte tra il 2005 e il 2008 Unipol si era infatti imbottita all’eccesso di pericolosi derivati per “rinviare le perdite nel futuro ovvero realizzare plusvalenze migliorando il risultato di bilancio”. Nella primavera del 2014 l’ex numero uno di Unipol ha ricostruito per i magistrati torinesi la genesi dei guai del gruppo assicurativo delle coop attribuendo all’attuale gran capo di via Stalingrado, Carlo Cimbri, allora direttore finanziario, la scelta di ricorrere agli strumenti finanziari strutturati che, secondo i calcoli di Goldman Sachs nel 2012 rappresentavano per la compagnia rossa una perdita potenziale di quasi 2 miliardi di euro. Il tutto mentre Unipol banca iniziava a dare i segni di aver peccato nell’aver “privilegiato i rapporti con le Cooperative”, ma anche erogando consistenti prestiti a terzi “che nel tempo si sono poi rivelati inesigibili”. Meno diplomaticamente l’ex “banchiere” delle coop, sempre nel 2014 ma a colloquio con il top manager di Unipol Roberto Giay captato dagli stessi inquirenti torinesi, a proposito della banca preferisce parlare di ruberie: “Hanno rubato troppo“, dice mentre l’interlocutore conferma annuendo.
Una situazione che sei anni fa, quando è andata in porto la travagliata fusione tra Fondiaria Sai e Unipol, non era sfuggita all’ambiente economico finanziario, come ben riassume il consulente Daniele Michele Sottile che all’epoca lavorava sul tavolo opposto di Unipol, quello di Sator e Palladio anch’essi interessati a rilevare FonSai dai Ligresti. “Era un’opinione che circolava tra alcuni operatori – spiega in procura – che l’operazione di fusione avesse quale obiettivo il salvataggio di Unipol Assicurazioni“, e non già di Fonsai che all’epoca “stava migliorando il risultato di gestione; analogamente correvano voci circa le criticità degli strutturati presenti nel portafoglio di Ugf e di criticità relative ad Unipol Banca”.
La caduta in disgrazia dei Ligresti e la conseguente apertura di credito presso vertici del simbolo del capitalismo italico, Mediobanca, è stata quindi provvidenziale per il gruppo delle coop che si è cosi messo in salvo con relativamente poca spesa. Secondo i calcoli dei finanzieri torinesi, riporta ancora la Stampa, nel triennio successivo alle nozze costate alle Coop 400 milioni di euro, Unipol ha restituito il favore con ricchi dividendi che hanno puntellato il fragilissimo sistema delle cooperative. Che, ironia della sorte, non possono non ringraziare figure di tutt’altro colore e origine: dai Ligresti all’ex presidente della Consob e sodale di Giulio Tremonti, Giuseppe Vegas, passando per l’imprescindibile amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che il gran capo di Unipol Carlo Cimbri, affettuosamente chiama “Comandante”. E gli uffici del banchiere ricambiano con “Carlone”.
Lobby
Unipol-FonSai, le carte confermano: “Prezzo fissato non ai valori di mercato ma sulle disponibilità dell’acquirente”
Chiusura dell'indagine torinese sul filone più delicato del caso, quello appunto sulla cifra che la compagnia delle Coop ha pagato per rilevare quella dei Ligresti. Chi era più in difficoltà era infatti il gruppo che stava conducendo l'operazione. Secondo la versione di Consorte tra il 2005 e il 2008 Unipol si era infatti imbottita all'eccesso di pericolosi derivati
Derivati e coop. Un mix esplosivo per il gruppo Unipol che nel 2012 è uscito dalle secche grazie a Fondiaria Sai, Mediobanca e, secondo i pm torinesi, una bella mano di vernice sui conti alla base delle valutazioni delle due compagnie oggetto di una travagliatissima fusione. Che oggi anche gli inquirenti ritengono sia avvenuta a un prezzo fissato dal compratore, la Unipol capeggiata da un Carlo Cimbri che non ammette dinieghi, non sulla base dei valori di mercato delle società coinvolte – e quotate in Borsa – ma della disponibilità economica del gruppo delle Coop, da far combaciare con la sua necessità di avere il controllo dell’attuale campione italiano del ramo danni. Con buona pace delle regole e dei risparmiatori, che hanno così involontariamente contribuito al “salvataggio” di via Stalingrado, oggi sostenuto da buona parte dei consumatori italiani che ne comprano le polizze.
È quanto emerge dalle carte della chiusura dell’indagine torinese sul filone più delicato del caso Fonsai, quello appunto sul prezzo che Unipol ha pagato per rilevare la compagnia dei Ligresti, anticipate da un dettagliato articolo pubblicato dalla Stampa martedì 7 agosto. E che ricostruiscono in oltre 300 pagine il contesto e le condizioni in cui è maturata ed è andata in porto una delle operazioni più importanti e discusse del mercato italiano degli ultimi anni. Con tanto di forzature, colpi bassi, pressioni sui consulenti per far tornare i conti, veleni, papelli nascosti e arbitri scesi in campo di cui, all’epoca dei fatti, si era occupato assiduamente anche Il Fatto Quotidiano.
Il contesto del resto era molto delicato e la materia sensibile, come possono essere il risparmio dei soci delle cooperative da una parte e, dall’altra, i crediti di Mediobanca e Unicredit fortemente esposte sia verso i Ligresti che verso la compagnia delle coop. Che, a quanto oggi rilevano anche i magistrati, se la passava tutt’altro che bene. Secondo la versione di Giovanni Consorte tra il 2005 e il 2008 Unipol si era infatti imbottita all’eccesso di pericolosi derivati per “rinviare le perdite nel futuro ovvero realizzare plusvalenze migliorando il risultato di bilancio”. Nella primavera del 2014 l’ex numero uno di Unipol ha ricostruito per i magistrati torinesi la genesi dei guai del gruppo assicurativo delle coop attribuendo all’attuale gran capo di via Stalingrado, Carlo Cimbri, allora direttore finanziario, la scelta di ricorrere agli strumenti finanziari strutturati che, secondo i calcoli di Goldman Sachs nel 2012 rappresentavano per la compagnia rossa una perdita potenziale di quasi 2 miliardi di euro. Il tutto mentre Unipol banca iniziava a dare i segni di aver peccato nell’aver “privilegiato i rapporti con le Cooperative”, ma anche erogando consistenti prestiti a terzi “che nel tempo si sono poi rivelati inesigibili”. Meno diplomaticamente l’ex “banchiere” delle coop, sempre nel 2014 ma a colloquio con il top manager di Unipol Roberto Giay captato dagli stessi inquirenti torinesi, a proposito della banca preferisce parlare di ruberie: “Hanno rubato troppo“, dice mentre l’interlocutore conferma annuendo.
Una situazione che sei anni fa, quando è andata in porto la travagliata fusione tra Fondiaria Sai e Unipol, non era sfuggita all’ambiente economico finanziario, come ben riassume il consulente Daniele Michele Sottile che all’epoca lavorava sul tavolo opposto di Unipol, quello di Sator e Palladio anch’essi interessati a rilevare FonSai dai Ligresti. “Era un’opinione che circolava tra alcuni operatori – spiega in procura – che l’operazione di fusione avesse quale obiettivo il salvataggio di Unipol Assicurazioni“, e non già di Fonsai che all’epoca “stava migliorando il risultato di gestione; analogamente correvano voci circa le criticità degli strutturati presenti nel portafoglio di Ugf e di criticità relative ad Unipol Banca”.
La caduta in disgrazia dei Ligresti e la conseguente apertura di credito presso vertici del simbolo del capitalismo italico, Mediobanca, è stata quindi provvidenziale per il gruppo delle coop che si è cosi messo in salvo con relativamente poca spesa. Secondo i calcoli dei finanzieri torinesi, riporta ancora la Stampa, nel triennio successivo alle nozze costate alle Coop 400 milioni di euro, Unipol ha restituito il favore con ricchi dividendi che hanno puntellato il fragilissimo sistema delle cooperative. Che, ironia della sorte, non possono non ringraziare figure di tutt’altro colore e origine: dai Ligresti all’ex presidente della Consob e sodale di Giulio Tremonti, Giuseppe Vegas, passando per l’imprescindibile amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che il gran capo di Unipol Carlo Cimbri, affettuosamente chiama “Comandante”. E gli uffici del banchiere ricambiano con “Carlone”.
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L’assalto all’Ue dei lobbisti delle armi: 18 incontri con i commissari in tre mesi di von der Leyen II
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Offrendo soluzioni innovative nel campo della ricarica per veicoli elettrici e dei sistemi di accumulo di energia, Vestel Mobility presenterà le sue ultime tecnologie alla Fiera Key, che si svolgerà fino al 7 marzo a Rimini, in Italia, presso il Rimini Expo Centre. Alla fiera, a cui partecipa per la prima volta, l'azienda punta a rafforzare la propria posizione nel settore della mobilità europea esponendo per la prima volta alla fiera il nuovo catalogo dei suoi prodotti Dc. I veicoli elettrici e i sistemi energetici sostenibili, sottolinea Ender Yüksel, Direttore Generale di Vestel Mobility, "non sono solo tra i pilastri fondamentali di oggi, ma anche del futuro. Come Vestel Mobility, il nostro obiettivo è essere pionieri di questa trasformazione con le nostre tecnologie innovative. La Fiera Key è un punto di incontro strategico per l'ecosistema dell'energia e della mobilità in Europa, e parteciparvi per la prima volta rappresenta per noi un passo strategico".
In particolare, aggiunge, "il mercato italiano offre un grande potenziale grazie ai crescenti investimenti nelle soluzioni di mobilità sostenibile. Con le nostre ultime soluzioni di ricarica Dc e il nostro portafoglio prodotti ampliato che presenteremo in fiera, miriamo a rafforzare la nostra presenza in questo mercato e a introdurre le nostre innovazioni che plasmeranno il futuro del settore".
Vestel Mobility presenterà ai visitatori di Key 2025 - The Energy Transition Expo, uno degli eventi energetici più prestigiosi d'Europa, le più recenti soluzioni di ricarica Dc in corrente continua e i sistemi di accumulo di energia. Soluzioni innovative, in particolare nel campo delle tecnologie di ricarica per veicoli elettrici, saranno al centro dell'attenzione della fiera. L'ampio portafoglio prodotti di Vestel Mobility, composto da stazioni di ricarica Ac e Dc, offre soluzioni altamente efficienti e sostenibili, adatte alle diverse esigenze degli utenti. I prodotti che saranno esposti in fiera comprendono stazioni di ricarica in corrente alternata come Ac Qatro, Ac Vario, Ac Libra e Ac Rhea, nonché soluzioni di ricarica Dc in corrente continua ultraveloce da 400 kW che offrono prestazioni elevate. Queste innovative stazioni di ricarica Dc in corrente continua offrono agli utenti di veicoli elettrici un'esperienza di ricarica rapida, affidabile ed efficiente, fornendo al contempo un'infrastruttura sostenibile nelle aree commerciali e pubbliche.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Offrendo soluzioni innovative nel campo della ricarica per veicoli elettrici e dei sistemi di accumulo di energia, Vestel Mobility presenterà le sue ultime tecnologie alla Fiera Key, che si svolgerà fino al 7 marzo a Rimini, in Italia, presso il Rimini Expo Centre. Alla fiera, a cui partecipa per la prima volta, l'azienda punta a rafforzare la propria posizione nel settore della mobilità europea esponendo per la prima volta alla fiera il nuovo catalogo dei suoi prodotti Dc. I veicoli elettrici e i sistemi energetici sostenibili, sottolinea Ender Yüksel, Direttore Generale di Vestel Mobility, "non sono solo tra i pilastri fondamentali di oggi, ma anche del futuro. Come Vestel Mobility, il nostro obiettivo è essere pionieri di questa trasformazione con le nostre tecnologie innovative. La Fiera Key è un punto di incontro strategico per l'ecosistema dell'energia e della mobilità in Europa, e parteciparvi per la prima volta rappresenta per noi un passo strategico".
In particolare, aggiunge, "il mercato italiano offre un grande potenziale grazie ai crescenti investimenti nelle soluzioni di mobilità sostenibile. Con le nostre ultime soluzioni di ricarica Dc e il nostro portafoglio prodotti ampliato che presenteremo in fiera, miriamo a rafforzare la nostra presenza in questo mercato e a introdurre le nostre innovazioni che plasmeranno il futuro del settore".
Vestel Mobility presenterà ai visitatori di Key 2025 - The Energy Transition Expo, uno degli eventi energetici più prestigiosi d'Europa, le più recenti soluzioni di ricarica Dc in corrente continua e i sistemi di accumulo di energia. Soluzioni innovative, in particolare nel campo delle tecnologie di ricarica per veicoli elettrici, saranno al centro dell'attenzione della fiera. L'ampio portafoglio prodotti di Vestel Mobility, composto da stazioni di ricarica Ac e Dc, offre soluzioni altamente efficienti e sostenibili, adatte alle diverse esigenze degli utenti. I prodotti che saranno esposti in fiera comprendono stazioni di ricarica in corrente alternata come Ac Qatro, Ac Vario, Ac Libra e Ac Rhea, nonché soluzioni di ricarica Dc in corrente continua ultraveloce da 400 kW che offrono prestazioni elevate. Queste innovative stazioni di ricarica Dc in corrente continua offrono agli utenti di veicoli elettrici un'esperienza di ricarica rapida, affidabile ed efficiente, fornendo al contempo un'infrastruttura sostenibile nelle aree commerciali e pubbliche.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - "Pasquale Laurito ha seguito con passione e competenza la politica italiana per decenni, diventando un importante punto di riferimento per il giornalismo parlamentare. Con il suo lavoro e la sua dedizione ha raccontato la vita delle istituzioni con grandissima profondità. Le mie condoglianze e quelle del Senato della Repubblica ai suoi cari e a chi ha condiviso con lui questo lungo percorso". Lo scrive sui social il presidente del Senato, Ignazio La Russa.
Milano, 7 mar. (Adnkronos) - "La campagna 'Mettici la testa' è mirata principalmente ai cestini, che noi chiamiamo cestoni stradali. A Milano ce ne sono circa 13mila per le strade e 10mila nei parchi. La densità di questi cestini è di 1,7 per abitante, la più alta d’Europa, solo Amsterdam si avvicina. Come dimensionamento e posizionamento ci siamo, abbiamo aumentato la frequenza di svuotamento rispetto al contratto precedente fino ad arrivare a una media di 2,2 svuotamenti al giorno". Così Marcello Milani, amministratore delegato di Amsa, durante la presentazione della campagna 'Mettici la Testa', che ha preso il via a Milano con l’inaugurazione di un’installazione interattiva per portare cittadini, city users e turisti 'dentro' al fenomeno dell’utilizzo improprio dei cestini stradali.
In piazza XXV aprile un enorme contenitore alto circa 7 metri diventa uno spazio di riflessione in cui le persone possono letteralmente 'mettere la testa' e osservare il problema dei conferimenti errati: "L'obiettivo della campagna -prosegue Milani- è ricordare ai milanesi che i cestini vanno utilizzati per i rifiuti prodotti in mobilità durante il passeggio e non per quelli prodotti in abitazione o esercizi commerciali".
"L'utilizzo sbagliato -avverte- comporta il veloce riempimento dei cestini e una mancanza di decoro quando traboccano. Speriamo che chi ha sbagliato rifletta sull’errore e ci dia una mano. Il lavoro che facciamo viene bene se i milanesi ci danno una mano come già stanno facendo con la raccolta differenziata. Se continuano a darci una mano noi facciamo un buon lavoro e la città risulta più pulita con l’aiuto di tutti".
Milano, 7 mar. (Adnkronos) - "La campagna 'Mettici la testa' è mirata principalmente ai cestini, che noi chiamiamo cestoni stradali. A Milano ce ne sono circa 13mila per le strade e 10mila nei parchi. La densità di questi cestini è di 1,7 per abitante, la più alta d’Europa, solo Amsterdam si avvicina. Come dimensionamento e posizionamento ci siamo, abbiamo aumentato la frequenza di svuotamento rispetto al contratto precedente fino ad arrivare a una media di 2,2 svuotamenti al giorno". Così Marcello Milani, amministratore delegato di Amsa, durante la presentazione della campagna 'Mettici la Testa', che ha preso il via a Milano con l’inaugurazione di un’installazione interattiva per portare cittadini, city users e turisti 'dentro' al fenomeno dell’utilizzo improprio dei cestini stradali.
In piazza XXV aprile un enorme contenitore alto circa 7 metri diventa uno spazio di riflessione in cui le persone possono letteralmente 'mettere la testa' e osservare il problema dei conferimenti errati: "L'obiettivo della campagna -prosegue Milani- è ricordare ai milanesi che i cestini vanno utilizzati per i rifiuti prodotti in mobilità durante il passeggio e non per quelli prodotti in abitazione o esercizi commerciali".
"L'utilizzo sbagliato -avverte- comporta il veloce riempimento dei cestini e una mancanza di decoro quando traboccano. Speriamo che chi ha sbagliato rifletta sull’errore e ci dia una mano. Il lavoro che facciamo viene bene se i milanesi ci danno una mano come già stanno facendo con la raccolta differenziata. Se continuano a darci una mano noi facciamo un buon lavoro e la città risulta più pulita con l’aiuto di tutti".
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - "La chimica ha fatto la differenza nel nostro sistema Paese e soprattutto nella rivoluzione economica del nostro paese. La chimica ha fatto il boom economico, la chimica ci ha dato un premio Nobel, la chimica fa la differenza, la chimica è il futuro, la chimica è la qualità del nostro futuro, la chimica ha inquinato, la chimica renderà tutto più sostenibile. Grazie dunque ad Antonio Tajani per saper fare sistema, anzi, 'ecosistema', che significa mettere insieme tutte le forze per proporre un prodotto - abbiamo prodotti di assoluta innovatività - dalla ricerca, all'evoluzione applicata all'industria, alla distribuzione". Lo ha detto il ministro dell'Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, intervenendo all'evento, a Villa Madama, 'Innovazione chimica come moltiplicatore di internalizzazione e competitività'.
Accanto a 'ecosistema', la Bernini cita l'importanza di un altro termine, quello di 'multidisciplinarietà': "Direi che la chimica - afferma - è uno dei luoghi della formazione multidisciplinare, dove maggiormente si manifesta l'esigenza di contaminazione culturale. Le università si sono sicuramente strutturate per dare alla chimica uno sfondo multidisciplinare. Ci sono 125 corsi di laurea nelle università italiane dedicate alla chimica, e non sono solo chimica e o scienze chimiche, ma chimica del materiale, chimica della manufacturing, perché la chimica è materiale, voi tutti lo sapete. Il materiale che ci interessa di più in assoluto in questo momento è un materiale in cui noi siamo fortissimi e inimitabili: è la materia grigia, che caratterizza la forza dei nostri ricercatori. C'è la chimica applicata all'industria e all'ambiente, la chimica dell'ambiente, la chimica della sostenibilità, la chimica dell'industria, dell'estetica e della cosmetica, la chimica forense, la chimica nei laboratori, la chimica dello sport, la chimica applicata all'intelligenza artificiale. Tutto questo per dire che la forza del nostro sistema formativo anche quello di avere profonde, strutturatissime radici nel nostro passato, che sono il presupposto del nostro futuro, hanno nella chimica la massima espressione".
Riguardo il mondo dell'università, la ministra sottolinea come adesso, a dispetto del passato, "l'interdisciplinarietà sia essenziale, anzi la' transdisciplinarietà, che deve essere verticale e orizzontale. Bisogna saper lavorare insieme: università, enti di ricerca, imprese, territori, terzo settore, associazionismo, professionisti. Questo è il senso delle infrastrutture di ricerca. Noi abbiamo investito 11 miliardi per creare infrastrutture di ricerca che facciano ancora 'ecosistema'. Cioè che lavorino tutti insieme. Un tempo si diceva che l'università era l'uomo della speculazione, l'impresa l'uomo dell'attuazione. Non è più così. Deve esistere un lavoro e un collegamento immediato tra chi si fa le domande, chi dà le risposte e chi rende queste risposte concrete. E naturalmente oggetto di una distribuzione il più possibile internazionalizzante. Io credo che la parola 'internazionalizzazione' sia molto importante oggi. Proprio perché nessuno può prescindere da una dimensione internazionale. Che non significa destrutturare la natura delle nostre piccole e medie imprese".
"Bisogna dare alle nostre piccole e medie imprese una cifra scientifica di ricerca - conclude la Bernini - perché è importantissimo il collegamento con gli enti di ricerca e soprattutto una struttura Paese che li sappia sopportare. Questo è, secondo me, il luogo giusto per esprimere le proprie potenzialità e soprattutto per consentire quell'interoperabilità, non solamente del capitale tecnologico, ma anche soprattutto del capitale umano, cioè far andare e tornare ricercatori, perché i cervelli non si fermano con le barriere, si fanno tornare con le infrastrutture di ricerca".
Milano, 7 mar. (Adnkronos) - "Quanto sta accadendo oggi ha dell'incredibile! L'unico assessore che ha avuto il coraggio di criticare l'operato della sinistra al governo della città viene fatto fuori dai responsabili della disfatta urbanistica meneghina, il sindaco Sala con la sua amministrazione comunale, che si guardano bene dal presentare le dovute dimissioni". Lo afferma Samuele Piscina, Consigliere comunale di Milano e segretario provinciale della Lega, in merito alle dimissioni di Guido Bardelli, assessore milanese alla Casa. Dimissioni che arrivano dopo il terremoto giudiziario sull'urbanistica.
"Le responsabilità della sinistra comunale, che per più di un decennio ha dettato le regole sull'urbanistica, sono evidenti ormai a tutti e ricadono sulle famiglie che hanno acquistato casa, sui lavoratori e su tutti i milanesi a causa del prezzo delle case in città che schizzerà sempre più alle stelle. Fare di Bardelli, in Giunta da pochi mesi, un capro espiatorio solo perché ha osato criticare l'imperatore Beppe, non risolverà la situazione" aggiunge in una nota.
"A gran voce la Lega continua a chiedere all'amministrazione comunale di fare in passo indietro nell'interesse dei milanesi. Il sistema Milano, inteso come apparato amministrativo di gestione evidentemente incompetente della questione urbanistica, è evidente che non abbia retto e presenti troppi buchi grigi, per nulla trasparenti. Serve cambiamento e a prescindere un commissariamento dell'amministrazione sulla materia urbanistica", conclude Piscina.