In base al principio del favor rei gli amministratori di istituti di credito e società finanziarie che hanno violato la normativa hanno diritto all'applicazione del tetto alle multe introdotto nel 2017: non oltre 300mila euro. Prima le sanzioni potevano andare dall’uno al 40% dell’importo dell’operazione non segnalata, senza limiti. L'Avvocatura dello Stato si era opposta a questa interpretazione estensiva
In arrivo sconti sulle sanzioni per gli amministratori di istituti di credito e società finanziarie che hanno violato la normativa antiriciclaggio. E’ la conseguenza di una sentenza della seconda Sezione civile della Cassazione, che dà una interpretazione molto estensiva del principio del favor rei sulle sanzioni. La Suprema Corte ha disposto “l’immediata applicabilità” ai procedimenti pendenti, compresi quelli con sanzione già determinata, delle norme antiriciclaggio introdotte nel 2017 che sono più favorevoli ai trasgressori rispetto al passato perché prevedono un tetto alle multe: da un minimo di 3mila a un massimo di 300mila euro per i fatti più gravi. Questa interpretazione era avversata dal ministero dell’Economia, preoccupato per la possibile riduzione delle entrate dello Stato.
I trasgressori potranno a questo punto ottenere sconti in base alla valutazione di circostanze attenuanti, come il non aver tratto profitto dall’elusione o il trovarsi in cattive situazioni economiche. In base alle norme precedenti, invece, le sanzioni per non aver segnalato all’Ufficio Cambi le operazioni sospette variavano dall’uno al 40% dell’importo dell’operazione non segnalata, senza indicazioni di criteri per il massimale della multa.
Con la decisione, depositata mercoledì nella sentenza 20647 e 20648 della Seconda sezione civile, i supremi giudici hanno accolto il ricorso di due ex amministratori delegati della società Intrafid, fiduciaria del gruppo bancario della Popolare di Intra e Verbania poi confluito in Veneto Banca, condannati insieme ai presidenti del consiglio di amministrazione a pagare in solido con la società una sanzione amministrativa da oltre 6,7 milioni. I due, Gloria Morandi e Marco Di Giovanni, hanno chiesto una nuova determinazione della sanzione con esclusione dei sei zeri. Il ricorso della Morandi ha fatto riferimento alle sue “precarie condizioni economiche”, al fatto che non aveva precedenti e che non aveva tratto vantaggi personali, per chiedere l’applicazione delle nuove norme del 2017, “con determinazione della sanzione in maniera prossima al minimo edittale”. Gli ermellini hanno incaricato la Corte di Appello di Milano, che nel 2014 aveva inflitto la sanzione milionaria ai vertici di Intrafid, di ricalcolare le multe che a questo punto in nessun caso potranno ammontare a più di 300mila euro.
L’Avvocatura dello Stato, per conto del Mef, pur prendendo atto che la riforma del 2017 “è espressiva del principio del ‘favor rei’ (che sinora non aveva avuto riconoscimento nel campo delle sanzioni amministrative in esame) aveva proposto secondo la Cassazione “una lettura restrittiva”, sostenendo che “la retroattività della norma sanzionatoria più favorevole sia condizionata alla mancata conclusione del procedimento sanzionatorio”. In sostanza, per la difesa erariale, se la sanzione era già stata irrogata, l’importo non si poteva ridurre anche se il procedimento giudiziario non era ancora concluso. La Cassazione ha comunque applicato il favor rei aggiungendo che non si possono includere nel bilancio dello Stato i proventi di multe ancora oggetto di causa.