Il primo cittadino appoggia la linea leghista e parla di "difesa della famiglia naturale". Il ministro Fontana aveva detto di voler fermare le trascrizioni all'anagrafe. Il tema divide il governo: la prima a riconoscere un figlio di due donne è stata Chiara Appendino a Torino
“Un bambino deve avere una mamma e un papà“. Con questa giustificazione Roberto Di Stefano, il sindaco in quota Forza Italia di Sesto San Giovanni, ha annunciato che non accoglierà “la prima richiesta di trascrizione all’anagrafe per un bambino figlio di due madri donne“. Parole che ricordano quelle di Matteo Salvini di due settimane fa, quando aveva difeso l’annuncio del ministro della Famiglia Lorenzo Fontana di voler fermare “la trascrizione all’anagrafe di bambini concepiti all’estero che sono figli di coppie dello stesso sesso”. Sul tema il governo è diviso, il centrodestra no. Da Di Stefano, forzista vicino alla Lega, arriva il nuovo caso di rifiuto, dopo che a partire dall’esempio di Chiara Appendino, molti Comuni sia Pd che M5s, da Milano e Roma, hanno riconosciuto i figli di coppie gay.
“Non ho la minima intenzione di accogliere la richiesta: semplicemente perché credo che un bambino, per crescere bene, non può prescindere dall’avere un padre e una madre”, ha detto Di Stefano, congiunto con Silvia Sardone, ex azzurra che dopo il boom di preferenze alle Regionali era rimasta senza una sedia nella Giunta di Attilio Fontana. Per il primo cittadino della ex Stalingrado d’Italia, che guida dal giugno 2017, “la dicitura genitore 1 e genitore 2” è “francamente inconcepibile. In difesa della famiglia naturale – continua – non accoglierò la richiesta delle due madri che è arrivata nel Comune che rappresento. Lo ripeto in maniera chiara e inequivocabile: un bambino deve avere una mamma e un papà, non perché lo dice Di Stefano, ma perché così è la natura umana”, conclude.
È la linea del centrodestra, condivisa da Lega e Fdi. Mentre il ministro della Famiglia Fontana, per cui le famiglie arcobaleno “per la legge non esistono”, il 26 luglio chiedeva di fermare le iscrizioni nei registri dello stato civile, Luigi Di Maio ricordava che se la legge italiana vieta l’utero in affitto, “poi ci sono i bambini e questi bisogna tutelarli“. A dimostrazione che sul punto i sentimenti interni al governo non sono allineati. Il tema d’altra parte divide la stessa magistratura: tre sentenze hanno affermato la giustezza del riconoscimento (a Pistoia, Bologna e Napoli), mentre ci sono alcune Procure (come per esempio a Pesaro, La Spezia e Belluno) che hanno chiesto informazioni e fatto ricorsi. In un caso il collegio di giudici del tribunale di Pisa – dopo il diniego di un funzionario del Comune all’iscrizione del bambino all’anagrafe – ha sollevato anche la questione davanti alla Corte Costituzionale che però si deve ancora pronunciare.