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Lei canta, il padre muore sotto il palco: Martina e quell’ultimo bacio

Lei canta, il padre muore sotto il palco: Martina e quell’ultimo bacio
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La storia di Martina Salsedo, livornese, cantante blues, è la storia della vita, il mistero che ci trascina alla felicità o ci restituisce l’infelicità come fosse un servizio promesso, un obbligo da adempiere.

Martina, come racconta oggi il Corriere della Sera, mette la sua voce al servizio dei più grandi bluesmen. Domenica sera invece era tutto suo il concerto, nella sua Livorno, tra i suoi amici. Ad un tratto la platea ha iniziato a urlare, uno spettatore si era sentito male e aveva bisogno di soccorso. Lei ha bloccato i musicisti, ed è corsa a vedere. Si è accorta, benché le luci psichedeliche fossero ancora in funzione e rendessero meno nitidi i volti, i lineamenti, che l’uomo steso a terra, sessantotto anni, era il suo papà. Gli stavano praticando il massaggio cardiaco, e a farlo era una sua amica infermiera, anch’ella presente allo spettacolo.

Martina non sapeva che suo padre era lì, e non poteva immaginare di assistere alla sua morte in diretta. Quando, qualche istante dopo, ha dovuto riaccendere il suo telefonino ha trovato l’sms: “Sono qui che ti ascolto, sei una forza figlia mia. Un bacio”.

Quel bacio è stato l’ultimo suo bacio. Un bacio dato e mai ricevuto.

Dovremmo far fronte all’impellenza della vita, e anche al suo mistero, con più generosità, con più ardore e soprattutto con più necessità. Bisognerebbe far presto per esempio, e più presto che si può, ad amare, e cogliere con tutte le forze la felicità possibile, agognata, persino necessaria. Perché il tempo dell’infelicità è sempre in agguato, non smette mai di sorprenderci.

Dovremmo farci sorprendere dalla gioia, la gioia pura. A volte, chissà perché, resistiamo a questa eventualità, non la riteniamo un’impellenza. E i nostri pensieri si fanno tristi, ritenendo forse che la malinconia, lo scoramento o solo la rabbia per tutto quello che non va si addicano alle nostre giornate spesso piene di noia. Senza sapere che il dolore è lì dove non pensiamo, proprio quando non ci sembra possibile, nel modo che nemmeno immaginiamo.

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