L’attentato contro Nicolas Maduro, avvenuto l’altroieri durante le celebrazioni dell’anniversario della fondazione della Guardia nazionale bolivariana è stato sventato dalle forze di sicurezza venezolane. Colpisce l’alto livello tecnologico del tentativo. Si è trattato di due droni modello M600, ognuno dei quali conteneva un chilo di esplosivo C4, in grado di operare nell’arco di cinquanta metri dalla detonazione. I droni sono stati intercettati da componenti della guardia presidenziale prima che potessero lanciare il loro carico mortale sulla tribuna dove si trovava Maduro.
L’attentato è stato rivendicato da un gruppo terroristico, Soldados de franela, che sarebbe composto da alcuni militari dissidenti. Scarsamente credibile secondo me la posizione dei settori dell’opposizione che parlano di montatura da parte del governo. La scelta di passare apertamente all’offensiva terroristica contro il presidente del Venezuela, riconfermato dalla recenti elezioni del venti maggio (elezioni sospettate di brogli dall’opposizione), dimostra secondo me che le sconfitte politiche in rapida successione e ripetizione subite dalle forze anti-chaviste (Costituente, elezioni regionali, elezioni comunali, elezioni presidenziali), delineando la prospettiva di una stabile permanenza al potere da parte di Maduro e del partito di Chavez, il Partito Socialista Unito del Venezuela, hanno indotto i gruppi “militanti” dell’opposizione a passare al terrorismo aperto. Degno di nota il fatto che è la prima volta che dei droni vengono impiegati per azioni di questo tipo.
Evidenti altresì le implicazioni e complicità politiche internazionali dell’attentato. Maduro, con una dichiarazione resa dopo l’accaduto, ha puntato il dito contro il presidente colombiano Santos che da tempo si presta al ruolo di fedele esecutore dei desiderata statunitensi nell’area. E’ d’altra parte noto come l’amministrazione Trump, seguita per vari aspetti dall’Unione europea, stia promuovendo con ogni mezzo una campagna di destabilizzazione del legittimo governo venezolano, cominciata già all’epoca di Obama con la surreale dichiarazione che il Venezuela costituiva un pericolo per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e proseguita con veemenza ancora maggiore da Trump, i cui funzionari hanno orchestrato piani per l’invasione militare del Paese, intento mai smentito dall’amministrazione di Washington.
E’ pertanto del tutto plausibile secondo me che anche dietro questo attentato ci sia la manina della Cia, non nuova, come dimostra la sua storia ultrasettantennale, ad imprese di questo genere ed in particolare a organizzare attentati ed uccisioni di dirigenti e presidenti non ligi alle direttive di Washington.
La scelta di ricorrere a questi metodi di tipo apertamente terroristico dopo il fallimento delle cosiddette guarimbas (rivolte di piazza dei quartieri bene di Caracas e altre città venezolane contro il governo) indica la palese incapacità degli oppositori di Maduro di contrastare il governo sul terreno politico, circostanza del resto già chiarita dalla serie ininterrotta di sconfitte politiche ed elettorali subite da tali oppositori nel corso dell’ultimo anno.
Un elemento di novità, a parer mio giustamente evidenziato da Luciano Vasapollo, è oggi costituito dall’estendersi della controffensiva governativa sul terreno sociale ed economico per superare le storiche strozzature, legate in particolare alla dipendenza dal mercato petrolifero, diversificando le fonti produttive e attuando misure volte a tutelare in modo ancora più efficace i ceti meno abbienti.
Per come la vedo io, l’esempio venezolano è oggi più che mai pericoloso per i padroni del vapore su scala internazionale e per questo, come dimostra l’attentato dell’altro giorno contro Nicolas Maduro, le forze reazionarie sono pronte a tutto pur di stroncarlo. Un motivo di più per riconfermare la solidarietà al popolo e al governo venezolano, prontamente ribadita da organizzazioni progressiste e movimenti di lotta di tutto il mondo, come pure dalla grande maggioranza dei governi, escluso ovviamente quello italiano, più che mai subordinato alle direttive di Washington, dato anche l’intenso feeling esistente tra Trump e Salvini su numerose questioni. Anche su questo piano il Movimento Cinquestelle, se esiste ancora, dovrebbe battere un colpo.